Le verità che vengono a galla, sollevando il velo pietoso dei ricordi? Uno dei temi preferiti dallo scrittore (e chimico) Piersandro Pallavicini, tornato in libreria con il romanzo “Il figlio del direttore”. Questa sua riflessione per ilLibraio.it parte da un ricordo legato all’infanzia…

Mandate un whatsapp, avete bisogno di una risposta urgente per lavoro, amore, o altro che sia. La doppia spunta si colora di blu, ma passano ore e non vi rispondono. Pensate: lui, o lei, starà lavorando, sarà in viaggio, sarà in riunione, si sarà addormentato. Poi aprite Instagram ed eccola lì, quella persona. Ha appena postato una storia dallo stesso telefono con cui potrebbe facilmente rispondervi. È seduta al tavolino di un bar, con un espresso e un libro. Siete meno importanti di una tazza di caffè e delle pagine di un romanzetto. La verità fa male, non è vero?  

Ma essere ignorati su whatsapp, chiamare a vuoto al telefono, mandare email che finiscono nel nulla e scoprire che, semplicemente, chi cercate non si cura di voi, è un dolore da principianti.

Ci sono verità che possono fare un male molto più spaventoso. Uno dei più lontani ricordi che sopravvivono nella mia memoria, benché mosso come una vecchia foto e stinto peggio ancora, risale ai tempi di quando ero un bambino che non andava ancora alle elementari. È il ricordo di quando ho visto mia madre, nell’ingresso del nostro appartamento di Vigevano, abbracciata all’inquilino dell’ultimo piano. Arrivavo dalla mia camera, era notte, stavo dormendo e la luce in ingresso doveva avermi svegliato, o così mi sembra di ricordare. Lui si era slegato dall’abbraccio e aveva baciato mia madre sulle labbra. Poi mi aveva visto, aveva smesso, e con voce severa, come se mi stesse sgridando, mi aveva ordinato di tornare a letto.

Possibile? Dov’erano mio padre e mio fratello? L’inquilino dell’ultimo piano era un ometto insignificante, mio padre invece un bell’uomo. E mia madre era una donna dalla moralità rigida, non esiterei a definirla una bacchettona, che insegnava catechismo ai bambini delle elementari e mi mandava a letto se in televisione passava un film che il bollettino parrocchiale giudicava “scabroso”. Democristiana della prima ora, messa ogni mattina, novene, rosari. Il suo imbarazzo sull’argomento sesso era leggendario, solo quando io avevo 14 anni e mio fratello 18 ci aveva convocati entrambi per rendersi disponibile a dare chiarimenti – così lei – relativi alla nostra educazione sessuale: senza staccare gli occhi dall’asse da stiro dove stava lavorando su una camicia, ci aveva notificato che, in caso di necessità, eravamo liberi di chiedere, preferibilmente scrivendole una lettera.

Per dire il tipo.

Il bacio in ingresso, così non integrabile nella figura di mia madre, mi ha perseguitato per tutta la vita. Con il passare degli anni mi sono convinto che sia stata solo una scena sognata, la cui immagine si è impigliata nella memoria, trasformandosi nell’illusione di ricordare qualcosa di accaduto davvero.

Ma non è più possibile sapere altro, mia madre è morta da quindici anni, l’inquilino dell’ultimo piano è sparito dall’orizzonte lo scorso millennio, mio padre se n’è andato anche lui cinque anni fa, e a nessuno di loro ho mai osato chiedere niente (no, nemmeno per lettera). La verità quanto potrebbe far male, in questo caso?

La memoria è creativa. Ricostruiamo il passato, specie quello più lontano, con un approccio narrativo. Quel che ricordiamo in realtà non sono i fatti, ma il racconto di quel che è davvero accaduto, perfezionato nel tempo omettendo le parti che ci disturbano e aggiungendone altre con funzione pacificante o autoassolvente.

In uno dei miei romanzi di culto, Il senso di una fine di Julian Barnes, il protagonista, Tony Webster, è costretto a risistemare lo scaffale dei propri ricordi, cioè a rivedere la sceneggiatura che si era costruito della propria vita, scoprendo una verità atroce che la sua memoria aveva cancellato scrivendoci sopra altro, cioè qualcosa che lo assolveva e gli permetteva di sopportare, dunque dimenticare, una terribile verità che comprendeva un suicidio.

Non so se sia vero che si scrive sempre lo stesso libro, ma certo questo è uno degli snodi narrativi su cui anch’io torno più spesso. Era il cuore di Romanzo per signora, nelle smemoratezze di Cesare sulla vera natura della sua amicizia con Leo Meyer. Tornava in Una commedia italiana, nei ricordi improbabili di Alfredo Pampaloni e della sua amicizia con Gunter Sachs, giustificazione delle sue misteriose sparizioni nelle lontane estati anni sessanta. E la verità svelata, che causa il crollo catastrofico della struttura della memoria, è il cuore del romanzo che ho appena pubblicato per Mondadori, Il figlio del Direttore.

Le verità che vengono a galla sollevando il velo pietoso dei ricordi, in questo libro fanno malissimo al povero Michelangelo Borromeo, io narrante nonché proprietario più per caso che per vocazione di una libreria antiquaria con annessa saletta di vini di pregio e delicatessen gourmet. Ma lo sottolineo, Il figlio del Direttore strutturalmente è una commedia: il protagonista intraprende un viaggio, alla cui meta arriva migliore perché consapevole, e tutto sommato pure felice. Ciò che non ci uccide ci fortifica, si dice, e se al disvelamento della verità non ci disintegriamo, abbiamo tutte le tessere del mosaico e le possiamo sistemare in un quadro che, se anche è fosco, regala la serenità della compiutezza e della perfezione.

Ma questo romanzo è una commedia anche nel senso più contemporaneo del termine: fa ridere, o almeno a tratti ci prova. Perché anche le verità più tremende, se le osserviamo dalla distanza di trenta o quarant’anni, hanno un che di goffo e di grottesco, che ci permette di disinnescarle, ridendoci su.

Dunque, inquilino dell’ultimo piano: se ci sei ancora fatti vivo! Nel caso io mi ricordassi bene, ci potremmo fare un bicchiere e di sicuro quattro risate.

Piersandro Pallavicini il figlio del direttore

L’AUTORE – Piersandro Pallavicini (Vigevano, 1962) ha pubblicato numerosi romanzi e raccolte di racconti, tra cui le commedie Romanzo per signora (Feltrinelli, 2012), La chimica della bellezza (Feltrinelli, 2016), Nel giardino delle scrittrici nude (Feltrinelli, 2019) e L’arte del buon uccidere (Mondadori, 2021).

Pallavicini collabora con alcune testate, colleziona arte contemporanea e scrive delle sue visite negli atelier degli artisti. Nella sua vita parallela fa lo scienziato, per la precisione il chimico, svolgendo ricerche in campo nanotecnologico al dipartimento di Chimica dell’università di Pavia.

Il suo nuovo romanzo, Il figlio del direttore, è edito da Mondadori: la trama ci porta a incontrare Michelangelo Borromeo, che ha i tratti dell’uomo incline (o destinato) alla solitudine, e che ha una disposizione alla battuta e alla freddura. Borromeo è stato compagno di una donna uscita slealmente dalla sua vita, è devoto alla sua Porsche 911 coupé, alle scarpe inglesi e agli abiti di sartoria, è diviso fra Pavia e la Costa Azzurra, fra le delizie del gourmet e la frenesia dei libri rari. Qualcuno lo potrebbe definire un “signore” (con quel cognome nobile mal portato), ma più probabilmente pesa ancora su di lui l’essere stato figlio di un uomo che ha fatto invece una voracissima carriera negli istituti bancari lombardi. Ed ecco che il Borromeo riceve una telefonata dal cellulare del padre (morto da due anni). Non c’è nulla di sovrannaturale, ma questa misteriosa chiamata riaccende la memoria del genitore, uno spaccone volgare e smargiasso che non ha mai smesso di piagare e umiliare l’esistenza sua e di sua madre.

Dal cellulare che chiama da una distanza che vuole essere misurata ai molesti residui di un passato non mai consumato si dipana una avventura che accende, negli immediati dintorni della vita del solitario Michelangelo, nuove balzane amicizie coltivate a Cap d’Antibes, l’apparizione del coetaneo Pirlandello, e di Kirsten, danese ineffabilmente fascinosa…

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

Libri consigliati