Sullo sfondo di una Milano piovosa e tetra si svolge “Follia maggiore” di Alessandro Robecchi, una nuova indagine per Carlo Montessori e Oscar Falcone, sulle tracce di un assassino, ma anche di un movente… – Su ilLibraio.it un capitolo

Milano, Bob Dylan e due coppie di investigatori, ciascuno con le proprie idiosincrasie. Questi gli ingredienti del nuovo romanzo di Alessandro RobecchiFollia maggiore (Sellerio), il nuovo capitolo di indagini di Carlo Montessori, autore televisivo non sempre soddisfatto e, talvolta, detective.

Follia maggiore alessandro robecchi

È Oscar Falcone, investigatore, a trascinare l’amico in un nuovo affascinante caso: Umberto Serrani, pezzo grosso della finanza, vuole che si faccia luce sulla morte di una donna che in passato significava molto per lui, Giulia Zerbi, il cui corpo viene trovato sotto casa, con evidenti segni di colluttazione. Nel frattempo, il vecchio signore si avvicina alla figlia di lei, Sonia, giovane promessa della musica lirica.

Come accadeva in Torto marcio Di rabbia e di vento, le indagini di Montessori e Falcone procedono parallelamente a quelle del sovrintendente Carella e il suo vice Ghezzi, in un intrecciarsi di indizi e informazioni che si incontrano e allontanano, come in una danza imprevedibile sul grande palcoscenico cittadino: Milano, la città livida e piovosa, tratto distintivo e protagonista indiscussa dei romanzi gialli di Alessandro Robecchi, che, con le parole di Paolo Mauri, “la possiede in lungo e in largo e gli piace raccontarla con disincanto e un taglio ironico”.

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it pubblichiamo un capitolo del libro: 

Collocata comodamente tra i trentasei e i quarant’anni, Bianca Ballesi se ne sta rilassata con una gamba sotto il piumone e tutto il resto fuori, una mano dietro la nuca, l’altra appoggiata sul bel ventre piatto e allenato.

Un corpo gradevole.

«Capito? La diva Flora cerca il lancio in grande stile per il suo libro, e l’ideona è di intervistarsi da sola, una serata intera di autocelebrazione nel suo stesso programma, con lei che si fa le domande e lei che si dà le risposte».

Carlo Monterossi esce dalla stanza e torna con i bicchieri e la bottiglia di Sauvignon Blanc aperta che avevano lasciato in salotto all’inizio delle grandi manovre.

Nessuno dei due se lo aspettava, ma ora non ha senso mostrarsi sorpresi: due adulti, responsabili, consenzienti, di buona costituzione fisica… che andasse a finire così non è poi tanto sorprendente, e succede dai tempi delle caverne.

Lui e Bianca Ballesi, la produttrice dell’odiato programma tivù che Carlo ha da poco abbandonato senza rimpianti, si vedono ogni tanto, possono dire di essere amici. E anche quando lui aveva l’ufficio là, alla corte della diva Flora De Pisis, regina della prima serata tivù e morbosa esploratrice delle miserie umane – che del resto i miserabili ospiti esibiscono volentieri – un certo feeling c’era, sì. Quell’intesa tra colleghi che si piacciono, anche se tra colleghi non si fa, eccetera, eccetera. Poi, da quando lui aveva abbandonato quella nave maleodorante di sentimenti confezionati per le masse abbrutite, di storie «pettinate» e di vergogne private esibite come biancheria stesa, non sempre pulita, Bianca aveva iniziato a confidarsi, lamentandosi delle gesta di Flora, portando storie assurde, pettegolezzi, aneddoti e piccole considerazioni sagge e scoraggiate sul mondo. Pranzi veloci se lei passava dal centro, qualche minuscola occasione mondana, qualche serata tra conoscenti, fino a quella di oggi.

Doveva essere una cena per quattro, ma gli altri due – altri due schiavi di Flora – all’ultimo momento non erano riusciti a venire, per qualche capriccio della diva, e loro si erano ritrovati a unire i puntini delle rispettive solitudini nel grande salotto di casa Monterossi, con una cena impeccabile preparata da Katrina, cose buone da bere, musica scelta bene, il diluvio universale fuori dalle finestre e parecchie chiacchiere arretrate.

Carlo ha raccontato della sua avventura napoletana, del vecchio scappato di casa che si faceva leggere i classici francesi da un’attrice in una stanza d’albergo.

«Molto romantico», ha detto lei, anche se con il romanticismo ha lo stesso rapporto che avete voi coi serpenti a sonagli. Però aveva apprezzato la storia. E poi non voleva parlare solo lei, con quell’unico noioso argomento del lavoro. Carlo aveva apprezzato, scherzandoci sopra:

«Ho lasciato il programma perché non ne potevo più, e mi ritrovo a occuparmene di nuovo per interposta persona… che storia è?».

«Giusto, hai ragione, scusami».

(Continua in libreria…)

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