La nuova stagione di “Black Mirror”, la serie tv Netflix che è tornata sulla piattaforma di streaming con cinque nuove puntate autoconclusive, in un primo momento sembra porci ancora una volta davanti a scenari inquietanti, in cui la tecnologia ci sfuggirà di mano, anche se basta arrivare al secondo episodio per realizzare che d’un tratto la situazione sta prendendo una piega inaspettata, suggerendoci che, forse, il futuro è qui e ora, e di mano ha già cominciato a sfuggirci…

La quinta stagione di Black Mirror, la serie antologica firmata Netflix che esplora le peggiori paure legate alla tecnologia, era stata rilasciata il 5 giugno 2019. A quattro anni di distanza, il 15 giugno 2023, sono usciti cinque nuovi episodi, che dal trailer lasciavano intravedere situazioni angoscianti e paradossi da shock legati – come sempre – a scenari neanche troppo lontani da noi.

Così, a guardarla partendo dal primo episodio, Joan is awful, ci si aspetta a buon diritto il ritorno a un mondo presente o futuro nel quale l’innovazione ci sfuggirà di mano, la realtà ci farà scherzi tremendi, la nostra vita andrà inesorabilmente in pezzi.

La prima storia sembra confermare queste aspettative, con un’irresistibile mise en abyme in cui una donna qualsiasi si scopre protagonista di una serie tv destinata a stravolgere il suo destino, anche se basta arrivare al secondo episodio, Loch Henry, per realizzare che d’un tratto la stagione ha optato per una brusca sterzata.

 

Non ci sono più VR, social network, scelte da compiere sfiorando un’alternativa sullo schermo o esperimenti fantascientifici (tranne, forse, uno). Al punto che mentre si passa dal lungo e piuttosto centrato episodio tre (Beyond the Sea) alle atmosfere dark e vagamente new age del quarto e del quinto (Mazey Day e Demone 79) risulta inevitabile chiedersi se perfino una serie tv acclamata come questa non abbia, alla fine, fatto il suo tempo.

Poi, però, complice un abbonamento a Netflix che prevede delle fastidiose interruzioni pubblicitarie, mentre l’intreccio si dipana fra atmosfere anni Settanta e canzoni sempre più vintage, sul più bello la scena di finzione si interrompe e si sente la voce fuori campo dello spot di un’automobile reale dichiarare: “Ciò che davvero ci attrae è la tecnologia di domani“. Ed eccola, la rivelazione inconsapevole, l’epifania non voluta, la chiave di volta per capire cosa sia successo al Black Mirror che pensavamo di conoscere.

La tecnologia di domani, probabilmente, si sta davvero trasformando con sempre più consapevolezza collettiva in ciò che ci attrae, smettendo di essere ciò che più di tutto ci faceva paura.

Abbiamo più dimestichezza con mezzi, strumenti, possibilità. Esploriamo meglio e di più, anche al livello di opinione pubblica e di aspettative collettive, e nei confronti della tecnologia proviamo sempre meno scetticismo e fobie, imparando volenti o nolenti a farci i conti, ciascuno a modo suo.

La conseguenza è che, forse, nelle serie tv non serve più spingersi chissà quanto oltre, non dopo che Joan is awful ci ha appena messo davanti allo scenario più folle possibile, quello in cui non c’è più distinzione fra la virtualità e la realtà, e gli algoritmi e le IA collaborano insieme per ri-plasmare legalmente la nostra vita.

A questo punto, allora, non si può che tornare indietro. Agli albori. Al pre-digitale. A una narrazione in cui è il nostro passato a essere messo in discussione, deformandosi un minuto dopo l’altro.

A dimostrazione del fatto che – fra talismani, lupi mannari, videocassette e prime missioni sulla luna – a inquietarci ormai non è chi potremmo diventare in futuro, bensì chi siamo stati, da dove veniamo, come siamo stati già plasmati dalle tecnologie e dalle credenze di tutti i nostri ieri.

Le tematiche, al netto di qualche scelta di trama forse poco in linea con lo spirito originario della serie tv, restano in ogni caso di spessore. Si va dal cineturismo ai paparazzi, dal furto di identità al dilemma del carrello ferroviario, passando per risvolti sociali e personali ben più oscuri del previsto, sviluppati in quella maniera imprevedibile e laterale tipica di Black Mirror, con una colonna sonora impeccabile, un ritmo posato e un buon approfondimento dei personaggi.

A mancare, quindi, non è tanto la componente umana o di riflessione, bensì quella dell’avanzamento tecnologico, anche se proprio grazie a questa assenza la nuova stagione sembra mandarci un messaggio non meno ansiogeno dei precedenti.

A ben guardare, Black Mirror degli inizi, il “vero” Black Mirror, è quello che sta prendendo piede dall’altra parte dello schermo. Non su Netflix, ma fuori da Netflix. Non in una serie tv, ma nella vita reale.

Ed ecco di cosa ci rendiamo conto con orrore, mentre ci muoviamo fra scene che sembrano ispirate alla nostra memoria, anziché alla nostra più fervida immaginazione: Black Mirror non è più Black Mrirror. Si sta limitando a mostrarci tutto il resto, mettendoci d’un tratto in comunicazione con quello che c’era nel mondo prima che superassimo certe linee di confine. Mentre il nuovo Black Mirror, intanto, siamo diventati noi

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