In italiano, l’apostrofo indica che è caduto qualcosa. Di solito una vocale prima di un’altra vocale, ma non solo, e non sempre la caduta di una vocale va segnalata con l’apostrofo. A cura di Massimo Birattari, una guida breve ma completa a un campo minato dell’ortografia

  L’elisione (con l’apostrofo)

L’apostrofo, un’altra: quando un apostrofo sostituisce una vocale e unisce una parola alla seguente, che comincia anch’essa per vocale, ci troviamo di fronte al fenomeno fonetico chiamato elisione. Oggi l’elisione è meno popolare di quanto fosse in passato, quando Ungaretti intitolava le sue opere complete Vita d’un uomo ed era normale scrivere gl’italiani. Però l’elisione con l’apostrofo resta obbligatoria in molti casi:

  • con l’articolo maschile lo, presente anche nelle preposizioni articolate: l’apostrofo, all’articolo, dell’amore (non si direbbe mai *lo apostrofo, *allo articolo, *dello amore);
  • con l’aggettivo dimostrativo maschile quello: quell’abito, quell’arnese, quell’individuo (mai *quello abito, *quello arnese, *quello individuo);
  • con l’aggettivo maschile bello: bell’affare, bell’impiccio, bell’aspetto (mai *bello affare, *bello impiccio, *bello aspetto);
  • in molte espressioni fatte: d’ora in poi, senz’altro, d’accordo, tutt’al più, sott’occhio e così via;
  • con la particella ci prima del verbo essere, nel significato di «esistere»: c’è, c’era, c’erano; e naturalmente in c’entro, c’entra, c’entrano, c’entravi e così via (nel significato di «avere a che fare»);
  • con santo: sant’Alfonso, sant’Ubaldo (il femminile santa subisce un’elisione con i nomi accentati sulla prima sillaba, ma non necessariamente con gli altri: dunque sant’Agata, sant’Elena; ma se nessuno direbbe *santo Antonio, è comune scrivere santa Apollonia).
  • con l’aggettivo dimostrativo questo in espressioni come quest’uomo, quest’ultimo.

Però con questo e questa entriamo nel territorio delle elisioni facoltative, magari consigliabili, ma non obbligatorie: si può dire quest’insulto e questo insulto, quest’ingiustizia e questa ingiustizia (e i plurali questi e queste non si apostrofano mai). Lo stesso vale se volgiamo al femminile i primi casi che abbiamo esaminato. È normale dire e scrivere l’indifferenza, quell’accoglienza, un’amica, ma sono sempre più diffuse le forme non elise la indifferenza, quella accoglienza, una amica.
Per gli articoli plurali, è possibile elidere gli con parole che cominciano per i (gl’italiani, gl’incolti) e troverete l’erbe in Petrarca e Leopardi, ma di fatto gli e le oggi non vogliono l’apostrofo.

Un caso particolare è quello dei pronomi atoni oggetto: lo, la, li, le. I plurali non si apostrofano mai (oggi), e anche i singolari, con le forme semplici dei verbi, preferiscono la forma intera: “lo osservavo”, “la aspettavo”. Invece davanti alle forme composte (precedute cioè dagli ausiliari avere ed essere) è naturale elidere: “L’ho osservato per dieci minuti”, “La chiave? Se l’è presa il portiere”.
Stranamente, si è diffusa (soprattutto nei messaggi via telefono) la versione non apostrofata: “la ho vista anche io” o “lo ho letto ieri”. Forse la ragione è (o è stata) la difficoltà di trovare l’apostrofo sulla tastiera del telefonino, ma queste forme non sono idiomatiche in italiano, dove invece dovrebbe essere normalissimo dire e scrivere “l’ho vista anch’io” o “l’ho letto ieri”.

Il troncamento (senza apostrofo)

In italiano ci sono parole che perdono la vocale finale senza però segnalare quella caduta con l’apostrofo. Questo fenomeno si chiama troncamento e si differenzia dall’elisione per alcune caratteristiche essenziali:

  • le parole che hanno subito il troncamento possono finire solo con consonanti liquide (l e r) o nasali (m e n): qual, amor, partiam, un;
  • il troncamento, al contrario dell’elisione, non avviene solo davanti a una parola che comincia con vocale, ma anche davanti a consonante o prima di un segno d’interpunzione.

Leggiamo questa celebre quartina di Carducci, da Pianto antico:

Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,

Come si vede, inutil, forma tronca di inutile, precede una parola che comincia per consonante, vita; i due fior, forma tronca di fiore, precedono un’altra consonante (la d di de) e una virgola.
Quindi le parole tronche possono stare da sole: non hanno bisogno di una vocale a cui appoggiarsi. L’articolo indeterminativo un può precedere non solo un nome che comincia per vocale (un amico) ma anche uno che comincia per consonante (un cane).

Ecco allora il metodo che ci permette di stabilire con certezza se una parola priva della vocale finale ha subìto un’elisione (e dunque richiede l’apostrofo) oppure un troncamento (dopo il quale è sbagliato aggiungere l’apostrofo): prendere la parola e metterla davanti a un’altra che cominci per consonante, mantenendo la concordanza al maschile o al femminile.

Esempi:

  • buon uomo o buon’uomo? Possiamo dire buon cane, quindi buon è troncamento: senza apostrofo, buon uomo;
  • pover’uomo o pover uomo? Possiamo dire pover cane? No, quindi si tratta di elisione: con apostrofo, pover’uomo;
  • qual è la ragione o qual’è la ragione? Posso dire “Ho una certa qual fame”, quindi qual è troncamento: senza apostrofo, qual è la ragione.

Riepilogando:

troncamenti (senza apostrofo): un amico, nessun altro, qualcun altro, buon amico, ben arrivato, ben arrivata, qual è;

elisioni (con l’apostrofo): un’amica, nessun’altra, qualcun’altra, buon’anima, pover’uomo.

Troncamenti con apostrofo

In italiano (per non farci mancare niente) esistono anche troncamenti che finiscono non in consonante ma in vocale, e in cui a cadere è un’intera sillaba. Pochi di questi preferiscono fare a meno dell’apostrofo: fra per frate (fra Cristoforo nei Promessi sposi è scritto così) e pro per l’antico prode, cioè “utilità” (nell’espressione “buon pro ti faccia”). Nella maggior parte dei casi, però, questi troncamenti vogliono l’apostrofo: un po’ (troncamento di poco), be’ (esclamazione, troncamento di bene), mo’ (troncamento di modo in un’espressione come a mo’ di) e la serie di cinque imperativi irregolari da’, fa’, sta’, va’ e di’.
Su questi imperativi si potrebbe discutere a lungo (nella storia dell’italiano sono state usate a lungo altre forme), ma oggi le cose stanno come vedete in questa tabella di riepilogo:

Apostrofo

Ultimi dubbi

Oltre agli esempi visti finora, altre parole fanno sorgere dubbi riguardo agli apostrofi:

ventun anni o trentuno anni o cinquantuno albicocche, non *ventun’anni o *cinquantun’albicocche
finora, non *fin’ora
tuttora, non *tutt’ora
tutt’oggi, non *tuttoggi
fin d’ora
talora (“talvolta”), taluno (“qualcuno”), non *tal’ora o *tal’uno
d’accordo, non *daccordo
alla bell’e meglio, non *alla bellemeglio (né tanto meno *alla bene meglio)

Memento:

  • troverete molti esempi di qual’è scritto con l’apostrofo in testi pubblicati per esempio a inizio Novecento, ma oggi l’unica forma ammessa è qual è, mai con l’apostrofo;
  • non scrivete mai c’entrare, dato che non scrivereste mai c’essere: come l’infinito di c’è è esserci, l’infinito di c’entra è entrarci.

Un apostrofo come si deve

Attorno all’apostrofo ruotano anche alcune questioni grafiche o tipografiche, poco importanti se siamo alle prese con un messaggio sul cellulare o un commento sui social, più significative quando invece si deve scrivere qualcosa che poi verrà stampato (un cartello, un volantino, un articolo su un giornale, un libro).

• L’apostrofo dell’elisione serve a unire due parole; quello del troncamento segnala solo la caduta di una sillaba, a prescindere dalla parola seguente. Questo implica un diverso comportamento con spazi e segni di punteggiatura:

Apostrofo

• Gli apostrofi dei caratteri tipografici (come le virgolette “intelligenti”) hanno una forma diversa rispetto agli apici della macchina da scrivere, che vanno bene sui social e sul web (magari non nei titoli dei giornali online), ma non a stampa.

Apostrofo

• L’apostrofo indica anche la caduta di qualcosa all’inizio di una parola o di un numero: per esempio le prime cifre di un numero che indica un anno o un secolo. In questo caso, attenzione alla loro forma. Per trovare l’orientamento giusto (che spesso non coincide con le scelte “intelligenti” automatiche) dovrete cercare nelle tastiere e nelle combinazioni di tasti offerte dai programmi di scrittura e dai sistemi operativi di computer, tablet e cellulari.

Apostrofo

L’AUTORE – Massimo Birattari, consulente editoriale, traduttore, autore, ha pubblicato numerosi libri su scrittura, lettura, grammatica e italiano, oltre a romanzi per ragazzi. Il suo ultimo libro è Grammatica per cani e porci (Ponte alle Grazie). Il suo blog è www.grammaland.it.