“Ecco il punto: spesso il piano A, quando lo raggiungi e ci vivi dentro è deludente. Molto meglio il piano B. Più onesto, più vero. Come il ragazzo della porta accanto, che non ti porta in giro su una chevrolet decapottabile ma timidamente su una cinquecento sgarrupata. E ti fa ridere. Tanto. E ti permette di toglierti le scarpe quando i piedi ti fanno male o di metterti direttamente le birkenstock perché tanto a lui piaci lo stesso. Ecco cosa è il piano B. La rilassatezza”. – Su ilLibraio.it la riflessione di Carla Fiorentino, autrice del romanzo d’esordio “Cosa fanno i cucù nelle mezz’ore”

Quando ero piccola sognavo di fare la zoologa. Avevo completato due volte l’album di figurine del wwf e potevo vantare una collezione invidiabile di animali di plastica, la cui varietà superava di gran lunga la sfera dei viventi, per addentrarsi pericolosamente in quella degli estinti. E nel campo “animali” del nomi fiori frutta e città, ero in grado di sfoggiare bestie che suscitavano sempre lo stupore degli altri giocatori, talvolta incredulità, tal altra persino uno scetticismo rabbioso che culminava nella consultazione compulsiva del vocabolario.

Ci avevo messo un po’ di tempo per imparare a scandire bene la parola zoologa, con quelle o raddoppiate che andavano contro le leggi del buon senso ortografico, poi però avevo iniziato a snocciolarlo con orgoglio e una certa spocchia ostentata. Mi facevano sentire importante quelle otto lettere che sembravano trascinarsi dietro tutta l’esoticità di un lavoro a trecentosessanta gradi in giro per il mondo. Mi immaginavo carponi immobile, acquattata dietro un cespuglio di qualche pianta equatoriale ad attendere la comparsa di un rarissimo esemplare di Wombato dal naso nudo. Era decisamente tutta colpa di Superquark. Faceva sembrare tutto facile ed emozionante. Nessun cenno alle ginocchia doloranti, al caldo umido o agli insetti tropicali grandi come elicotteri.

Ecco come funziona il piano A: qualcosa al quale ci aggrappiamo sognandolo fino all’esaurimento. Talvolta spendiamo tanta di quella energia a immaginarlo realizzato che alla fine non ci chiediamo più in cosa consista davvero. Il piano A. Con quella nuvoletta rosa di rarefazione e quella patina luccicante di finzione tutta intorno. Magari è un umido infernale pieno di zanzare mangiauomini e ginocchia sbucciate ma noi ci danniamo l’anima per raggiungerlo. Di certo è qualcosa che ci fa perdere molto tempo. A desiderarlo, rincorrerlo, compiangerlo. Senza chiederci mai di cosa sia fatto davvero. Che sapore, odore o consistenza abbia. Ce lo teniamo lì sospeso, un po’ come l’idea di paradiso, di amore eterno o il panettone senza canditi. Che ormai esiste e non piace praticamente a nessuno.

Ecco il punto: spesso il piano A, quando lo raggiungi e ci vivi dentro è deludente. Come il panettone senza canditi appunto, che non ti regala più nemmeno quel brivido di fastidio quando un pezzo gommoso di cedro glassato resiste alla tua perquisizione e ti si infila impertinente nello spazio tra gli incisivi. Molto meglio il piano B. Più onesto, più vero. Come il ragazzo della porta accanto, che non ti porta in giro su una chevrolet decapottabile ma timidamente su una cinquecento sgarrupata. E ti fa ridere. Tanto. E ti permette di toglierti le scarpe quando i piedi ti fanno male o di metterti direttamente le birkenstock perché tanto a lui piaci lo stesso.

Ecco cosa è il piano B. La rilassatezza. Sei tu che ti siedi sulla tua sedia di plastica e fissi il mare senza aspettare che salti l’orca assassina e ti strabili con le prodezze descritte dal sempre verde Piero Angela. Quindi, se mi chiedeste un consiglio, io vi consiglierei di lasciar perdere la romantica irragionevolezza del piano A e di concentrarvi con tutte le forze sul piano B. Un piano B qualunque. Che abbia l’unica, ineguagliabile ma preziosa certezza, di farvi dormire bene la notte. Una piccola cosa grande che nel piano A, sia che lo raggiungiate o che continuiate disperatamente a rincorrerlo, non sarebbe mai possibile avere.

carla fiorentino cosa fanno i cucù nelle mezze ore

L’AUTRICE E IL ROMANZOCarla Fiorentino nasce a Cagliari nel 1979. A 19 anni lascia la Sardegna per studiare a Roma, dove si Laurea in Sociologia delle Letterature e inizia subito il suo viaggio nel mondo editoriale che dura da ormai 15 anni. Prima alla Dino Audino editore poi per quasi dieci anni come responsabile commerciale della casa editrice Nottetempo e ora come direttore commerciale della Emons libri & audiolibri.

Cosa fanno i cucù nelle mezz’ore (Fandango) è il suo romanzo d’esordio e racconta di un gruppo di Peter Pan terrorizzati dalle responsabilità, arenati sui divani in attesa della grande occasione per sfuggire da se stessi. Clementina conta le macchie sul soffitto e parla con gatti immaginari, Porno ha una cartella sul desktop dell’ufficio chiamata “ancora di salvezza” piena di film porno, Pusher si affida ai libri, Flavia cura con le pietre, e Clara, be’, Clara a trent’anni è rimasta bloccata all’università senza una certezza. Tutti vivono nell’adorazione di Elettra, che è andata via ma prima li ha sedotti uno per volta. Nella Roma dei primi anni 2000, tutti loro cercano “qualcosa di fondamentale”, quello che li salvi da riunioni insensate, da case precarie, da amori passeggeri, un progetto, il progetto della vita. Quando Clara trova nella soffitta del padre morto da poco un mucchio di dipinti con un unico soggetto – la vagina -, Clementina pensa di aver trovato una miniera d’oro da investire, ma per farlo dovrà elaborare un piano, vincere le resistenze di Clara, tirare dalla sua parte gli amici.

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