I fantasmi di “Spifferi” sono simpatici e salvifici, aprono una porta, sanno farci da guida. Sfuggono, certo, ma accolgono, e sono un rifugio e apparentemente una libera scelta, approdo delle fragilità… – Su ilLibraio.it un approfondimento dedicato alla raccolta di racconti di Letizia Muratori

Gli Spifferi sono sei racconti scritti da Letizia Muratori, pubblicati da La Nave di Teseo: “[…] quello che li tiene insieme per me non è tanto il tema, né la forma raccolta, ma la misura: la certezza di aver declinato quella materia fin dove era necessario”, sottolinea l’autrice intervistata da Rivista Studio.

In queste storie di fantasmi l’invisibile si fa sentire come un refolo ed è ora una persona, ora un suono, ora una speranza; e come in tutte le storie di fantasmi che si rispettino esiste perché c’è qualcuno in grado di crederci, c’è una frontiera fra la realtà e – forse – l’immaginazione che il fantasma attraversa a piacere e c’è una mancanza da riempire. I fantasmi sono caratterizzati da una volontà ripetitiva ed efficace, motore di una discordanza fra ciò che scetticamente sembra una credenza e ciò che invece è vero.

Letizia Muratori

L’incantesimo è la mancanza

Tutti i fantasmi sono fatti in un determinato modo, che non ha a che vedere con sembianze identiche, quanto con la fragilità dell’occhio di chi li osserva: entrare nelle loro storie è facile, possono essere anche logicamente lontani da noi ma, se ci fermiamo a pensarli, di colpo ci sembrano possibili.

In La casa madre (il primo romanzo adelphiano di Letizia Muratori) Luca ci metteva a parte di una teoria del suo migliore amico Giulio, esperto di dragologia: “L’incantesimo dei genitori, che non credono ai poteri fatati e non possono varcare la soglia del mondo magico, serviva perché i regni dei padri e quelli dei figli dovevano restare separati, distanti, quasi nemici […]”.

L’incantesimo in Spifferi è presente all’inizio di ogni racconto; separa due mondi: chi crede nei fantasmi e ha già fatto pace con i difetti umani e chi arriva a crederci, attirato nell’assurdità e poi convertito. La regina di quest’ultimo gruppo è sicuramente Laura, che nel racconto Rispondi a Dimitri vuole capire, conoscere l’ignoto, e fisicamente prova a congiungere i due mondi separati dal fantasma.

Per i miscredenti più tenaci, poi, c’è sempre l’opportunità di un medium. In Alla deriva in Antartide, Questa è la rosa bulgara e Ghost Crab compare in modo naturale come un vero e proprio esperto che indica la strada, spesso in un modo quasi comico: “I medium, per lo meno i miei, vedevano sempre qualcosa di generico e al tempo stesso fastidioso, come se i morti spuntassero fuori a caso dal disordine”. [1]

In Spifferi, la mancanza porta a considerare l’opportunità che l’assenza non sia davvero tale. Il fantasma s’insinua tra un frammento e l’altro ed è un fantasma che tende una mano, e attraversa una rottura.

Ci sono il telefono dei genitori di Laura, staccato prima del trasloco e Dimitri, che sembra solo una voce al di là dell’apparecchio; un cane di gomma senza pile, fantasma-invisibile almeno finché non abbaia, la finestra di casa di Leo con gli infissi non serrati, un videoregistratore rotto, una falsa presenza e un incendio provocato da un diavolo dagli occhi bianchi, come quello che si disegna da bambini.

L’assenza porta il protagonista di turno a scandagliare le risorse che ha per cercare la verità altrove, per cedere alle sue certezze e farsi trascinare dall’ultimo gesto, lasciando che gli spifferi passino, vadano e vengano, senza costrizione.

“Amo tutti questi elementi di realtà contenuti in questa storia fantastica”[2]

Nessuno in questi racconti pretende di liberarsene, nessuno compra delle pile nuove o chiama un falegname per sistemare le finestre, come se tutti quei dispositivi difettosi fossero sacri e dunque inviolabili, fossero la soglia principale verso una ragione superiore.

Il fantasma detta legge, si assicura la ragion sufficiente e noi lettori, increduli o meno, siamo portati a giurare che è tutto vero.

La provocazione messa in atto dai fantasmi è una prepotenza: a noi lettori non è lasciato l’agio di scegliere per noi stessi. Lasciamo l’incredulità fuori ed entriamo in punta di piedi, lasciamo le scarpe sull’uscio e cerchiamo di guardarci le spalle, di scrollarci di dosso i brividi, di essere, nonostante l’assurdo, più lucidi e forti di un invisibile con un lenzuolo addosso.

E alla fine i fantasmi di Spifferi sono simpatici e salvifici, aprono una porta, sanno farci da guida. Sfuggono, certo, ma accolgono, e sono un rifugio e apparentemente una libera scelta, approdo delle fragilità.

 

[1] Da Alla deriva in Antartide, racconto contenuto in Spifferi

[2] Il premio Oscar Helen Mirren nel video contenuto in questo articolo, a proposito de La vedova Winchester, ghost movie uscito lo scorso 22 febbraio.

L’AUTRICE – Elena Marinelli vive e lavora a Milano, ma è nata in Molise, vicino a un passaggio a livello. Ha scritto per Abbiamo le prove, l’Ultimo Uomo e Gli 88folli. Il terzo incomodo (2015) è il suo primo romanzo.

 

 

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