A 25 anni dalla morte di Pier Vittorio Tondelli, e mentre torna in libreria in una nuova edizione “Camere separate”, su ilLibraio.it un ricordo dedicato all’autore di “Altri libertini” e “Un weekend postmoderno”, che parte da “Noi tre”, il libro autobiografico che Mario Fortunato ha dedicato all’amico Pier

“A farla breve, questa è la storia di tre ragazzi che, provenendo dalla provincia, la abbandonarono non appena possibile per essere liberi di odiarla, è cioè per non abbandonarla mai”. Così l’incipit di Noi tre di Mario Fortunato (Bompiani), ovvero la storia dell’amicizia dell’autore con Pier Vittorio Tondelli e Filippo Betto; scrittori di talento, trentenni i primi due negli anni Ottanta, più giovane il terzo (era nato nel 1966). Le affinità andavano oltre lo stigma della provincia, l’amicizia si intrecciava con il sesso amoroso, con la passione condivisa per la scrittura e per certi autori; con la voglia di sperimentare la loro giovinezza in quel tempo già post-ideologico, ma non ancora apatico al mondo. Un tempo assai breve per Pier, morto a 36 anni il 16 dicembre del 1991 e poco di più quello di Filippo, scomparso quando ne aveva 43.

pier vittorio tondelli

“Volevamo affermare noi stessi – non nella mondanità o nel successo – affermare la nostra identità, il nostro modo di essere”, mi dice Mario Fortunato. “Mentre ero a Berlino nel 2013 sulle tracce di Isherwood-Auden-Spender (Voci di Berlino, Bompiani), mi accorsi di come erano stati bravi  a raccontare la loro giovinezza e gli ero grato per questa generosità, in fondo la letteratura non è altro che generosità. Noi tre avevamo vissuto qualcosa di analogo… E però questi due scemi sono morti così velocemente e se questa storia non la racconto io non la racconterà nessuno”.

La prima volta che Mario me ne parlò mi sembrò una bellissima idea. Il bar milanese dove stavamo facendo colazione si trasformò nel Grand Hotel di Rimini o nella casa di via Abbadesse durante una delle tante feste vissute con Pier che, tuttavia, vi si aggirava come un ospite non a suo agio. Soprattutto mi piaceva che qualcuno di autorevole riaccendesse l’attenzione sullo scrittore a favore del pubblico grande e dei giovani, protagonisti e destinatari dell’epos di Tondelli. Eppure era più che affermato, anche all’estero, in virtù di una manciata di racconti e romanzi, di un testo teatrale (Dinner Party, Premio Riccione Ater 1985) e di centinaia di pezzi scritti per giornali e riviste di prima fila.

Tutto consumato in dieci anni, da quando Altri libertini (1980) era deflagrato nella letteratura italiana con la descrizione della vita rovinata dei ragazzi della Bassa raccontata da uno di loro 25enne. Due anni dopo Pao Pao, sull’esperienza della naja, contribuì a rafforzare l’immagine del “giovane scrittore di successo”, nonché un’aura trasgressiva per nulla consona al ragazzo di Correggio che si portava a spasso un metro e novanta di timidezza, dietro grandi occhiali tondi e un sorriso bellissimo. Poi fu la volta di Rimini (1985) e la critica non si fece scappare l’opportunità di sanzionare il giovane scrittore (a parte Fernanda Pivano, i due si adoravano): romanzo di consumo fu la sbrigativa etichetta che ferì Pier Vittorio. È invece il romanzo degli anni Ottanta che, declinati alla newyorkese, scatenavano le lodi di quei critici incapaci di vedere lo stesso malessere, la sfrenatezza e il vuoto sulla riva domestica dell’Adriatico.

rimini tondelli

Noi tre narra queste e altre vicende nella filigrana degli scambi e degli scazzi di quei ragazzi che si erano riconosciuti simili. La bellezza sta nel passo che Fortunato ha impresso al racconto, nel linguaggio, apparentemente semplice, che placa i tumulti del passato e nel contempo li lascia palpitare, respirare assieme al lettore.

Con Mario Fortunato ne riparliamo oggi, riprendendo il filo dal concetto di generosità che non faceva difetto a Pier – come persona e come intellettuale. A testimoniarlo è il Progetto Under 25, un unicum racchiuso in tre antologie composte da ragazzi che dovevano raccontare se stessi, secondo il proponimento di trovare un modo per fare emergere i nuovi talenti, quando gli editori non corteggiavano ancora gli esordienti (tra gli altri: Giuseppe Culicchia, Silvia Ballestra, Andrea Canobbio, Gabriele Romagnoli).

Camere separateEra il 1988. Ci fu ancora Panta, progettata insieme a Elisabetta Sgarbi e Alain Elkan, e ci fu Camere separate l’ultimo romanzo (ora in un’edizione celebrativa arricchita di interviste e articoli curati da Fulvio Panzeri).

Un weekend postmoderno. Cronache degli anni ottanta

Ci fu, soprattutto, Un weekend postmoderno. Cronache degli anni ottanta, raccolta di molti pezzi scritti per i giornali: musica, teatro, libri, luoghi, locali, mode, manie, personaggi. Lascio che sia Mario Fortunato a spiegarne l’importanza: “Ha aperto una strada innovativa e molto sofisticata senza rendersene conto. E neppure i suoi successori. Lui è stato il primo a elaborare un romanzo che esce dal romanzo, non facendo debordare il plot nelle riflessioni di un personaggio, ma attraverso il saggismo. Ha preso quello che già esisteva e lo ha montato in forma romanzesca, creando dal nulla un sentiero che ora è un’autostrada: la narrativa non fiction”.

Ogni volta che penso a Pier Vittorio mi lascio sopraffare dalla commozione. Chiedo a Mario come si è sentito. “Dopo che ne avevamo parlato, per due anni non ne feci nulla, ho stracciato addirittura il contratto per il libro. Nel 2015, improvvisamente, mi è venuto in testa l’incipit e in due mesi di lavoro intensissimo l’ho scritto e mi sono divertito. Sono stato bene in loro compagnia, anche nei momenti più dolorosi non ero triste, perché era bello ritrovarsi”.

Note: per la bibliografia di Pier Vittorio Tondelli e ulteriori informazioni:  tondelli.comune.correggio.re.itla foto grande di Tondelli è di Fulvia Farassino

L’AUTRICE – Silvia Bergero, vive a Milano. Ha lavorato come responsabile cultura in varie testate. È autrice tra l’altro del romanzo Galline (Rizzoli).

mario fortunato noi treLEGGI ANCHE – Mario Fortunato racconta l’amicizia con Tondelli e Betto 

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