“I libri sono ponti ostinati: uniscono, creano legami”. Giuseppe, 28 anni, di Eboli, dopo 4 anni ha smesso di lavorare in libreria e in una lettera ricorda con emozione i momenti trascorsi tra gli scaffali in compagnia dei lettori

Giuseppe Avigliano, 28 anni, vive ad Eboli (e subito la mente va al romanzo di Carlo Levi). Dopo aver fatto il libraio per quattro anni, ha appena smesso di lavorare in libreria a seguito di un cambio di gestione. Ha pubblicato un commovente post su Facebook, che ci ha segnalato e che riproponiamo, in cui ricorda i momenti più significativi ed emozionanti dei suoi anni tra gli scaffali. Vista la passione che traspare dalle sue parole, il nostro augurio è che torni presto a lavorare con i suoi amati libri.

di Giuseppe Avigliano

Da oggi non mi troverete più in libreria. Sono passati quattro anni, dal primo giorno da libraio. Di questo periodo porterò dentro alcune fra le cose migliori che mi siano capitate nella vita. Incontri, conversazioni, giornate, momenti che non dimenticherò mai. Ne improvviso qui un breve elenco, per mettere in ordine i pensieri:

– Il primo libro venduto, ancora lo ricordo: La gioia di vivere di Wislawa Szymborska;
– Il giorno in cui Milva entra di corsa, in cerca di un libro, e da quattro parole rubate alla fretta nacque una calendario di eventi letterari come in città non se ne vedevano da anni;
– Le giustificazioni di Flavia, che ritaglia dieci minuti di tempo ai suoi giorni pur di fermarsi ad ascoltare un concerto di Gleen Gould e sostiene di venire in libreria anche solo per quella piccola dose di buona musica;
– Il piccolo Angelo (proprio il tuo Angelo, Gerardo!) che non raggiunge il metro di altezza ma è capace di mettere in subbuglio il reparto bambini nel tempo di un lampo e crede che tutti i libri siano libri sonori;
– Le collaborazioni con Mariapia la sua associazione “Per Eboli”, in particolar modo la bellissima presentazione dell’Orso Marsicano di Antonio Menna
– I confronti con Claudio sulla necessità di costruire un’esposizione che faccia i conti con la componente romantica del mestiere di libraio e i diktat commerciali di un’impresa;
– La prima presentazione ufficiale, con il Candidato al Premio Nobel per la Letteratura, Dato Magradze e le sue meravigliose poesie;
– La lettura del racconto inedito sul terremoto dell’80 di Maurizio de Giovanni la sera in cui presentammo in anteprima nazionale il suo libro, Vipera. Il pubblico piangeva per l’emozione e chi, come me, tentava di trattenere le lacrime, riusciva male a nascondersi dietro la maschera dei sorrisi;
– L’allestimento vetrina migliore d’Italia, in un concorso sul tema della scuola;
– Le letture per bambini in inglese organizzate con Paola e DadaLab;
– La mia splendida vicina, Rosa, che il giorno più triste dell’anno mi offre un caffè inaspettato e il suo sorriso;
– Mariateresa e i ragazzi di Legambiente, con i quali abbiamo messo insieme una ricchissima biblioteca per l’Ospedale;
– Il professore in pensione che vive nello stesso palazzo della libreria e col quale ogni giorno commentiamo i titoli dei giornali.
– I commenti sulle notizie del giorno, quelli non richiesti, e che chi prende il giornale si sente in dovere di lasciare;
– Le 26 copie de Il paradiso è altrove di Mario Vargas Llosa, vendute consigliandole una ad una;
– Il ragazzo che chiede le elemosina, ma non solo di monete. Anche di libri, libri avanzati, di scarto, che nessuno legge. Perché ricorda sua madre che leggeva molto e anche lui vorrebbe farlo, ma non ha i mezzi;
– Giovanna, la mia collega, quasi una sorella per l’affetto che ci unisce e per le sfide che abbiamo affrontato – sia lavorative che umane – in questi anni.
– Michele e Vincenzo, per i caffè del mattino e la collaborazione fra vicini di marciapiede;
– I bambini, tutti, che hanno avuto la pazienza di ascoltarmi leggere Don Chisciotte, Calvino, Saint Exùpery…
– Mirco, per la compagnia durante gli spazi morti delle domeniche mattina e i caffè delle undici e mezza;
– Alfonso, perché dopo essere stato mio professore all’Università ci siamo ritrovati proprio in libreria, con la promessa che sarebbe tornato dopo aver letto Memorie del Convento di Saramago;
– Liberato, per essere stato sempre presente ai tempi dell’assessorato alla cultura e anche dopo, con Irene e la piccola Anna;
– Ernesto e Francesco, per avermi insegnato una nuova letteratura: quella dei fumetti;
– Antonio, per avermi onorato nell’intervistare insieme un grande scrittore;
– Vincenzo, per il confronto e la scoperta di nuovi autori – lui per il suo programma radiofonico, io per le mie presentazioni;
– Tutti i lettori che, parlandomi, mi hanno insegnato qualcosa sulle loro letture e i loro autori preferiti;
– Tutte le persone che nel corso di questi anni hanno condiviso un pezzo, seppur brevissimo, delle loro giornate con me.

I libri sono ponti ostinati: uniscono, creano legami. Mi mancheranno i nostri incontri in libreria, ma sono sicuro che continueremo a trovarci fra le pagine dei nostri romanzi preferiti!


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