“Come si fa il tema” di Massimo Birattari è una guida per studenti delle superiori, ma anche per genitori e insegnanti, per imparare a scrivere i temi, attraverso un percorso guidato con esempi positivi e negativi e una sezione dedicata alla prova scritta di italiano alla maturità – Su ilLibraio.it un estratto

In questi anni, Massimo Birattari ha pubblicato un corso di sopravvivenza grammaticale, un manuale di scrittura per adulti e quattro romanzi sulla grammatica, la scrittura e la lettura per ragazzi delle elementari e delle medie. Esce adesso il suo nuovo libro, Come si fa il tema (Feltrinelli). Con una sezione sulla prova scritta di italiano alla maturità, rivolta agli studenti delle superiori (e ai loro genitori e insegnanti) alle prese con il tema.

In Come si fa il tema non ci sono “temi svolti”, ma un percorso guidato su come si procede, passo dopo passo, a scrivere un tema, arricchito dall’analisi di esempi positivi e negativi.

birattari

Per gentile concessione dell’editore IlLibraio.it anticipa tre paragrafi tratti dal capitolo “Organizzare i periodi: logica e sintassi”:

Una frase accanto all’altra

Il modo più elementare di costruire un discorso è la successione, sullo stesso piano, di frasi semplici, divise da punti (quindi ogni frase è un periodo) o da virgole (dunque il periodo è composto da una serie di coordinate). È uno stile che può ricordare a un estremo i “pensierini” delle elementari e all’altro le sequenze di un thriller, di un reportage ad alta tensione o anche di un resoconto lapidario alla Giulio Cesare. La successione lineare di frasi coordinate è utile per riportare un elenco di fatti o di situazioni, ed è la scelta più ovvia per una narrazione in ordine cronologico: le azioni si succedono sulla pagina così come è accaduto nel tempo.

Il 28 luglio 1914 l’Austria consegna la dichiarazione di guerra alla Serbia, e il 29 i suoi cannoni bombardano Belgrado. Il 1° agosto la Germania dichiara guerra alla Russia, alla Francia il 3, e il 4 invade il Belgio neutrale. Lo stesso giorno, la Gran Bretagna dichiara guerra alla Germania.

Va benissimo che alcune sequenze del tema siano organizzate così […]. Ma è semplicemente impossibile scrivere un intero tema in questo modo, prima di tutto perché per esprimere il nostro pensiero abbiamo bisogno di operazioni mentali più complesse.

Una delle più naturali, tra queste operazioni mentali, è stabilire un rapporto di opposizione tra due frasi, grazie a una coordinata avversativa introdotta da ma. […]

La contrapposizione è una delle operazioni mentali più frequenti […]. Proprio per questo nasconde qualche insidia, una delle quali è quello che definirei il ma tappabuchi. Leggete un articolo di cronaca scientifica comparso nell’edizione online di un quotidiano nazionale. Parla del possibile impatto di un asteroide, e attacca così:

Aveva un diametro compreso fra uno e cinque metri. Avrebbe fatto enormi danni, ma è stato individuato nella notte del primo gennaio, poco prima che entrasse nell’atmosfera. Il primo asteroide scoperto nell’anno appena iniziato, chiamato 2014 AA, si è distrutto nell’impatto.

L’epopea dell’asteroide 2014 AA, che non è quello del Piccolo Principe, finisce prima di cominciare, sgonfiata dall’assurdità di quel ma. Il ma, qui, avrebbe senso solo se l’asteroide, dopo essere stato individuato, fosse stato fatto esplodere con un cannone spaziale anti-asteroidi (avrebbe fatto danni, ma per fortuna è stato colpito prima). Al momento, però, questa è ancora fantascienza. Nella realtà, la contrapposizione è un’altra: avrebbe fatto enormi danni se fosse arrivato al suolo, ma si è distrutto nell’impatto con l’atmosfera. Nella formulazione dell’articolo, invece, il ma non ha senso: non c’è nessuna opposizione logica tra i possibili danni e il fatto che l’asteroide sia stato individuato dai telescopi (non è stata la scoperta a scongiurare i disastri). Con tutta probabilità, l’autore ha intuito che mancava un nesso tra le due azioni, e invece di rivedere la sequenza delle frasi, come avrebbe dovuto, ha cercato di introdurlo artificialmente con una congiunzione avversativa. Ma l’errore di logica non può essere sanato dalla grammatica.
[…]

Fare ipotesi

Concludiamo questa scorribanda con la più raffinata tra le operazioni mentali che compiamo per mezzo della sintassi: quella espressa dal periodo ipotetico. […]
Con il periodo ipotetico noi non descriviamo una realtà: immaginiamo condizioni diverse in cui anche la realtà sarebbe diversa. […]

Esiste il periodo ipotetico della realtà che impiega l’indicativo: “Se versiamo olio in acqua, i due liquidi non formano una soluzione”. Ma qui, più che di un’ipotesi, si tratta di una correlazione: è come se dicessimo “ogni volta che mescoliamo olio e acqua…”. Le vere ipotesi richiedono il congiuntivo nella frase introdotta da se (la dipendente condizionale) e il condizionale nella frase principale.

Fare ipotesi è un’attività mentale di straordinaria importanza, alla base, per esempio, di moltissime scoperte, scientifiche e non solo. Per questo il periodo ipotetico ci obbliga a mettere in campo tutta la nostra competenza, non solo linguistica. In un tema storico, potremmo impiegarlo anche per immaginare uno scenario controfattuale: cosa sarebbe successo se gli Stati Uniti fossero rimasti neutrali e gli Imperi centrali avessero vinto la Prima guerra mondiale, o se gli scienziati di Hitler fossero arrivati per primi alla bomba atomica, o se, durante la crisi di Cuba nel 1962, i vertici degli Stati Uniti o dell’Unione Sovietica avessero scatenato una guerra nucleare?

Autorevoli filosofi hanno spiegato che “la storia non si fa con i se”; importanti scuole storiografiche ci hanno messo in guardia dal dare troppa importanza a singoli eventi come l’esito di una battaglia; ma in realtà la storia fatta con i se è un brillante esperimento mentale, che può aiutarci proprio a mettere in luce i momenti di svolta, il peso del caso o, al contrario, le strutture portanti che resistono agli sconvolgimenti temporanei. Quindi, se ne avete l’occasione, potete inserire in un vostro tema uno squarcio di storia costruita con i se; e per farlo, dovrete ricorrere per forza al periodo ipotetico (e non mettete il condizionale nella frase introdotta dal se, mi raccomando).

Due consigli per finire

Vi sarete accorti che tutte queste considerazioni [sulla sintassi come strumento del pensiero] non intendono essere un elogio (o un compianto) della bellezza di quella specie in via di estinzione che sarebbe il congiuntivo (anche perché non è in via di estinzione). Quindi il primo consiglio è:

Quando scrivete, non dovete usare più congiuntivi che potete; dovete usarli bene, ogni volta che sono necessari. E dimostrando di usarli bene farete contenti gli insegnanti che vi giudicheranno.

L’altro consiglio riguarda la precisione, insieme sintattica e lessicale. Abbiamo passato in rassegna alcuni modi di esprimere, per mezzo di coordinate, subordinate e delle congiunzioni adatte, rapporti logici (di causa, effetto, scopo, tempo, relazione e così via) tra azioni. Quindi:

Non appiattite la lingua impiegando solo, a mo’ di tappabuchi, congiunzioni o avverbi come “quando” e “dove”.

Non scrivete: “Il Neorealismo è quando scrittori, pittori e registi vogliono rappresentare la realtà” o “Il Rinascimento riscopre l’antichità classica, dove entra in conflitto con la religione”.

Articolate bene il vostro pensiero usando le parole e le strutture giuste:

Fra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta (e in particolare dopo il 1945), in Italia si è affermato il Neorealismo, una tendenza secondo la quale l’arte, la letteratura, il cinema devono rappresentare la realtà quotidiana.

Il Rinascimento riscopre l’antichità classica, e così facendo porta alla luce idee e visioni del mondo in contrasto con la dottrina della Chiesa.

La sintassi è un potente strumento del pensiero. Ma solo se è usata con precisione.

(Continua in libreria…)

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