Maria Pia Franzoni Tomba o, a dir meglio, Maria Pia. Autrice di centinaia e forse migliaia di cartoline e di decine e decine di albi illustrati il suo è, senza alcun dubbio, un nome centrale nella storia dell’illustrazione italiana del ‘900… – Un approfondimento tratto dalla rivista “Andersen”, in cui si parla anche delle somiglianze con alcune cartoline di Mabel Lucie Attwell

Maria Pia Franzoni Tomba o, a dir meglio, Maria Pia che così quasi sempre si firmò, nasce a Macerata nel 1902 e muore a Castelletto Ticino, in provincia di Novara, nel 1978, durante una passeggiata solitaria per i boschi. Autrice di centinaia e forse migliaia di cartoline e di decine e decine di album illustrati, il suo è – senza alcun dubbio – un nome centrale nella storia dell’illustrazione italiana del ‘900. Sia chiaro: non certo per la qualità o per il valore innovativo, ma perché la sua vastissima e fortunata produzione influenza profondamente l’immaginario infantile di alcune generazioni; talché, ancor oggi, la sua opera viene ricercata e collezionata e in rete vi sono non poche tracce di ciò, e anche piccoli gruppi di attivi ammiratori. I suoi soggetti pressoché esclusivi sono i bambini, e tutto inizia, direi, sul finire degli anni ‘30, quando appaiono le sue prime cartoline (Balilla e Piccole Italiane in divisa); mentre nel 1940-1941 realizza diverse serie di larga diffusione con i consueti piccolini che “fanno le cose dei grandi”.

Maria Rosa 2

di Maria Pia Franzoni Tomba

Si tratta di coppiette con Lui in divisa (alpino, fante, aviere, marinaio, bersagliere), in partenza per il fronte, mentre Lei ne attenderà fiduciosa il ritorno, un giorno. Accompagnato, il tutto, da motivi musicali sentimental-patriottici che allora andavano per la maggiore. Perfette cartoline da innamorati (fidanzate, mogli o amanti che fossero) e, non a caso, se ne rintracciano ancora, di variegate, nei mesi funesti di Salò.

Nel dopoguerra poi arrivano due fondamentali incontri che segnano una vera e propria svolta nell’attività professionale di Maria Pia. Da un lato quello con l’Editrice Piccoli, con cui pubblicherà gran parte della sua opera e, dall’altro, quello con Jolanda Colombini Monti (1911-2003), dato che i versi facili e accattivanti di quest’ultima accompagneranno fin sulla soglia degli anni ‘70 il suo segno. Si parla di circa 200 volumetti, alcuni tradotti anche all’estero. E al catalogo di Maria Pia andrebbero poi  aggiunti quaderni, album da colorare e – per altri editori – non pochi libri di lettura per la scuola elementare. Senza dimenticare alcune serie, non facili a trovarsi, di pop-up.

Della Franzoni (il marito Bruno Tomba era anche lui un illustratore) mi sono brevemente occupato in diverse occasioni e mi piacerebbe ritornarci in maniera più esaustiva. Farci i conti, mi verrebbe da dire. Dato che le sue cartoline viaggiavano nei cassetti di casa e che alcuni dei suoi picture book erano sicuramente presenti nella mia smilza bibliotechina.

E affermo sempre – scherzando ma non troppo – che mi sono salvato dalle sue insidiose giulebbe perché riuscivo a respirare anche altra aria con il Corriere dei Piccoli e Topolino, Pecos Bill e Pioniere (Vinicio Berti e Marcello Argilli, Raul Verdini e Gianni Rodari). Senza dimenticare le tavole di un Libico Maraja. Ché, altrimenti, “potevo rimanere offeso” come direbbero Aldo Giovanni e Giacomo.

Maria Rosa

di Maria Pia Franzoni Tomba

I suoi bambini vispi e grassottelli, con le guanciotte rosse e le gambotte robuste, appena appena spettinati e quasi sempre ridenti, vestiti con decorosa semplicità: di certo intendono a esorcizzare la fame e le difficoltà degli anni della guerra e poi del lento processo di ricostruzione. Vogliono dare, riuscendoci, un’immagine di ottimismo a tutta prova, di serenità, di perbenismo. Ogni tanto commettono qualche lieve marachella ma tutto, sempre, a portata di pronto perdono da parte degli adulti che, peraltro, non compaiono mai direttamente. Anzi sono proprio loro, i pargoletti, a indossarne gli abiti e, come accennavo prima, a far quello che fanno gli adulti.

Anche se il clima è cambiato, e ben prima delle elezioni del 18 aprile 1948. Quindi siamo quanto mai lontani dagli ammiccamenti un po’ morbosi e dalle facili volgarità di un Aurelio Bertiglia. Piuttosto, come osservavo alcuni anni or sono, i suoi protagonisti mi paiono i fratelli minori, e più scemi, delle coppiette che un illustratore di talento come Giulio Bartoletti (1919-1976) realizzò per le copertine di una rivista di grande successo come Grand Hotel (quella dei fotoromanzi). Per non pochi anni l’apparente realismo di Bartoletti detterà i tempi di una visione rosea e fiduciosa della vita e di una rappresentazione dell’Italia dove le tensioni politiche e il conflitto sociale erano assenti, remoti.

Ma sono soltanto accenni dato che in questa occasione vorrei soffermarmi su di un aspetto minore del lavoro di Maria Pia, dando altresì conto di una piccola ma quanto mai significativa scoperta. La Franzoni, infatti, svolge – con il suo consueto stile – anche una certa attività sul versante pubblicitario. Suoi sono ad esempio i disegni per Smacchiolina e Lustrino, due prodotti per la pulizia della casa e delle scarpe che vengono pubblicati, fra l’altro, sulle pagine delle Vie d’Italia del Touring Club.

Ma certamente la sua creazione di maggior successo sono i disegni per il Lievito Bertolini. Qui crea la Mariarosa, un piccolo personaggio destinato a lunga vita, tanto che ancor oggi occhieggia a mo’ di logo nelle bustine e lo si ritrova, ben più ampiamente, nel sito della casa torinese. Si tratta di una bambina bionda, ricciuta e paffutella che con grande vigore e serietà sta impastando un dolce. È in piedi su di un piccolo sgabello, per raggiungere un comodo tavolo verde, sacchetto di farina a sinistra e scatola con le bustine di lievito sulla destra. Di quelle grandi, che in genere tenevano i commercianti. E qui nasce un caso di vero e proprio plagio. Giacché l’immagine – scatola a parte – è presa, pari pari, anche nei più piccoli particolari, da una cartolina di Mabel Lucie Attwell, celebre e fertilissima illustratrice inglese, nata nei dintorni di Londra nel 1879 e morta a Fowey nel 1964. Sulla scia dei grandi maestri del Regno Unito la Attwell si cimenta con i classici: da Alice nel paese delle meraviglie a Peter Pan e Wendy, dai Grimm ad Andersen.

Mabel Lucy Attwell

Cartolina di Mabel Lucy Attwell

Il successo le arride e ai libri si accompagnano un incalcolabile numero di cartoline con bambini, accompagnate in genere da brevi testi umoristici o di blanda saggezza quotidiana. E ancora calendari, manifesti, pubblicità, statuine e persino servizi di porcellana per la colazione. E leggo che uno di questi sarebbe servito a corte per le principessine Meg ed Elisabetta, passando poi a Carlo d’Inghilterra.

In ogni caso, il suo stile, nel tempo e nel favore del pubblico, si fa via via più zuccheroso e stereotipo e alcuni dei suoi albumetti (uno ne ho rintracciato di recente) vengono tradotti in italiano, dalla Piccoli, guarda caso. Un caso di plagio, quindi, e non mi stupirei di certo se guardando le cartoline della Attwell spuntassero altre “concordanze” e motivi di ispirazione.

Ma torniamo a Mariarosa giacché l’idea felicissima della Bertolini fu quella di fare dell’immagine la copertina di un Ricettario Omaggio. Venne pubblicato a più riprese e con lievi varianti interne – ad esempio le foto con i vari reparti della fabbrica o la classica visione a volo d’uccello che, come si costumò per decenni, serviva a mostrare gli stabilimenti più grandi e superbi di quanto in realtà non fossero. Soprattutto, lo dico per un indelebile ricordo personale, c’erano i disegni (non credo di Maria Pia) con le torte e i biscotti; nomi che a me – siamo nei primissimi anni ‘50 – suonavano “esotici” e invitanti: Galani di Venezia, ciambella romagnola, torta regina, ciambelline dorate, bignette e così via. Inutilmente, in verità, avrei voluto che in casa preparassero dei dolci proprio come quelli, uguali a quelli.

Poi, fondamentali, s’aggiunsero sei paginette con La Storia di Mariarosa. La trovo in un’edizione del 1958 e resterà ancora negli anni ‘70 e ‘80, almeno, quando già la copertina con l’immagine “presa a prestito” dalla Attwell era stata sostituita. I versi sono senza dubbio della Jolanda Colombini (ne hanno il ritmo piano e felice) anche se – va pur detto – la piccola vicenda piega verso il consueto animismo di quel tempo con la gallina e la mucca che parlano a Mariarosa e le chiedono perché voglia le loro uova e il loro latte. Pronta è la risposta della bimba: “Faccio un dolce dei più fini/ coi prodotti Bertolini” e “Ma che dici! sono accorta/ e non sciupo i miei quattrini: uso buste Bertolini”.

 

Al mattino la bambina va al mercato e poi se ne torna alla fattoria su di un carretto trainato da un asinello. Certo, siamo ancora in un’Italia rurale, ma la visione idilliaca della campagna che ne vien fuori sembra anticipare i tempi del Mulino Bianco. D’altro canto, oggidì, non è Banderas a parlare con una gallina? In ogni caso, la nostra protagonista “segue attenta il ricettario/ diligente e scrupolosa. Con ricette Bertolini/ san far dolci anche i bambini!”

Addirittura, altro tassello da aggiungere, verrà realizzata una bellissima scatola a bauletto in latta litografata, con il manico. Giusto per le merende, scolastiche e non – roba da far schiattare d’invidia le compagne. Non esistevano allora i ricevitori di cassa, e i commercianti (che sovente tenevano il lapis dietro l’orecchio) segnavano i conti su delle striscioline di carta strappate via da blocchetti pubblicitari forniti promozionalmente dalle ditte. E la Bertolini non poteva mancare.

Le vicende di Mariarosa fra il 1970 e il 1976, giungono anche in televisione con il celeberrimo Carosello. Penso però che Maria Pia non sia stata più coinvolta. Mariarosa risolve con buonsenso e un pizzico di fantasia lievi disavventure quotidiane (un calabrone impertinente, un gattino che è rimasto intrappolato su di un tetto…) e alla fine di tutto arriva l’immancabile torta.

I jingle spettavano a Romano Bertola (che nel 1977 ne ricavò anche un albo per la S.E.I, ma già l’anno prima era apparso un disco promosso dalla stessa ditta). Un vero “tormentone”, il ritornello, che suonava così: “Brava, brava Mariarosa,/ ogni cosa sai far tu,/ qui la vita è sempre rosa,/ solo quando ci sei tu”.

Andersen

LA RIVISTA – Andersen è il più noto e diffuso mensile italiano di informazione sui libri per bambini e ragazzi, la scuola e le politiche di promozione culturale dell’infanzia. Nata nel 1982, la rivista, diretta da Barbara Schiaffino, è un punto di riferimento e di confronto per insegnanti, bibliotecari, educatori, scrittori, illustratori, editori. Andersen è anche su Facebook. Qui le informazioni su come abbonarsi al mensile, da cui è tratto questo articolo su Maria Pia.

 

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