Le polemiche sulle proposte di Nicola Gratteri (con la possibile introduzione del reato di “pubblicazione arbitraria” delle intercettazioni), a cui Renzi ha affidato la revisione della normativa antimafia. Il dibattito tra i giornalisti e il Garante della Privacy (anche) sul “diritto all’oblio”. E la preoccupazione di autori ed editori (di giornali, e di libri)… – Il punto della situazione su ilLibraio.it, che ha interpellato Caterina Malavenda, avvocato esperto in Diritto dell’Informazione

Mentre, non senza polemiche che hanno fatto il giro del mondo, nei giorni scorsi nella Turchia di Erdogan sono stati bloccati per molte ore Twitter, Facebook e Youtube, per aver pubblicato le immagini di Mehmet Selim Kiraz, il procuratore preso in ostaggio (e poi morto) dagli estremisti del Dhkp-C, in Italia continua a far discutere la diffusione delle intercettazioni attraverso i media, tema tornato d’attualità con l’inchiesta sugli appalti alla coop rossa a Ischia (e con Massimo D’Alema “indignato” per aver letto il suo nome, citato nelle intercettazioni, pubblicato sulla stampa). E così, la politica, la magistratura e il giornalismo sono tornati ancora una volta a dividersi.

Il premier Renzi ha voluto a capo della Commissione per la revisione della normativa antimafia il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri. Tra le sue proposte, come ha spiegato Il Fatto, quella di impedire i copia e incolla delle intercettazioni nei provvedimenti giudiziari, a eccezione delle sentenze (“a meno che la riproduzione testuale non sia rilevante a fini di prova”) e l’introduzione del reato di “pubblicazione arbitraria”. Alla base delle proposte di Gratteri, una maggiore tutela della privacy, con l’eliminazione del “fenomeno negativo della divulgazione, proprio tramite gli atti dell’autorità giudiziaria, del contenuto di informazioni che esulano l’accertamento processuale”.

A questo proposito, in una recente lettera a Renzi, Antonello Soro, Garante della Privacy, ha sottolineato la necessità di “un riequilibrio nei rapporti tra esigenze investigative, informazione e riservatezza, che garantisca a quest’ultima una più adeguata tutela”.

Lo stesso Soro nelle scorse settimane ha dovuto chiarire la sua posizione dopo le polemiche suscitate dal
Codice deontologico dei giornalisti. A far discutere è, tra l’altro, il cosiddetto “diritto all’oblio”. Scrive Soro: “E’ un principio consolidato nella giurisprudenza europea (sancito anche nel Regolamento votato giorni fa dall’Europarlamento), ancor più valido oggi in presenza degli archivi on line dei giornali (il cui aggiornamento, peraltro, da alcuni anni viene già normalmente attuato dagli editori su richiesta degli interessati)”. Restano i rischi, però… 

Da quel che si è fin qui inteso, il Governo non intende occuparsi del diritto all’oblio, mentre la legge sulla diffamazione in discussione al Parlamento prevede la cancellazione, a richiesta, di articoli sgraditi a coloro di cui si parla”, chiarisce, interpellata da ilLibraio.itCaterina Malavenda, avvocato esperto in Diritto dell’Informazione.

Ma torniamo alle proposte di Gratteri e della posizione del Governo, a proposito delle quali nei giorni scorsi sul Corriere della Sera ha preso duramente posizione la stessa Caterina Malavenda: “(…) Se occorre anche tutelare il diritto di cronaca, infatti, le misure da adottare non dovrebbero impedire ai giornalisti, entrati in possesso legittimamente di atti, brogliacci e file audio, di selezionare gli stralci, a loro parere meritevoli di diffusione. E se le intercettazioni sono irrinunciabili, non bisognerebbe limitarne l’uso o addirittura abolirle”. Nella sua lettera Malavenda ha chiarito inoltre che con il nuovo reato di “pubblicazione arbitraria delle intercettazioni”, le sanzioni riguarderebbero “certamente i giornalisti — per i quali, dunque, tornerebbe il carcere — che decidessero di pubblicare anche conversazioni non pertinenti alle indagini perché, parafrasando il Garante della privacy, secondo il quale non tutto ciò che è di interesse per il pubblico è anche di pubblico interesse, non tutto ciò che non interessa il pm è anche privo di pubblico interesse”.

Il dibattito, meglio ricordarlo, non riguarda solo i giornali. Anche gli autori (e gli editori) di libri farebbero bene a preoccuparsi (e a interrogarsi). L’avvocato Caterina Malavenda ce lo conferma: “Le proposte formulate dalla Commissione Gratteri, a proposito dell’uso delle intercettazioni riguardano tutti coloro che, facendo cronaca, ne usano stralci, quindi, anche autori ed editori di libri”. In passato, non a caso, ha preso posizione anche l’Associazione Italiana Editori: “A proposito di libertà di opinione, le norme sulle intercettazioni, pensate per bloccare diffusioni più o meno lecite sulla stampa quotidiana e periodica, online e offline, hanno sui libri effetti ancora più assurdi”, dichiarava nell’ottobre 2011 il presidente Marco Polillo. Non solo: nel luglio 2013, in un’audizione presso la Commissione Giustizia della Camera sul tema “Progetti di legge in materia di diffamazione a mezzo stampa”, l’Aie ha espresso la sua posizione sui vari punti, tra cui “il grado di controllo che un editore può esercitare rispetto a un contenuto complesso, ampio e articolato e con forti elementi di creatività tipico di una pubblicazione libraria”.

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