Dopo l’intervento di Maurizio Donati, editor di Chiarelettere, e dopo la riflessione di Ottavio Di Brizzi, responsabile del settore in Rizzoli, su IlLibraio.it dice la sua sul futuro della saggistica legata all’attualità anche Andrea Bosco di Einaudi: “Tanti piccoli brandelli di informazione che si trovano in Rete non costituiscono una notizia. Non sono uno sguardo”. Nel contesto attuale, i libri devono essere “una guida alla comprensione”. L’obiettivo? “Pubblicare saggi che siano bussole del presente, che individuino i nodi per interpretare la contemporaneità…”

Dopo l’intervento di Maurizio Donati, editor di Chiarelettere, dal titolo “Che fine ha fatto la saggistica di attualità?”, e dopo la riflessione di Ottavio Di Brizzi, responsabile del settore in Rizzoli (“Sul futuro della saggistica, tra forme mutevoli, registri ibridi e scritture di frontiera”), su IlLibraio.it dice la sua anche il responsabile della saggistica di Einaudi, Andrea Bosco

 

La domanda da cui partire è, a mio avviso, questa: «Ha una funzione, oggi, la saggistica di attualità?».

La diffusione della comunicazione istantanea è un fatto: siti internet dei giornali, social network, diffusione di  cellulari e tablet. Tutto questo, al contrario di quanto si potrebbe pensare, rende sempre più utile il ruolo della saggistica di attualità.

La comunicazione istantanea rappresenta l’emblema del “tempo reale”, dell’attualità attualissima. In base ad essa potremmo pensare: il libro (d’attualità) arriva troppo tardi: novella nottola di Minerva «inizia il suo volo soltanto sul far del crepuscolo».

Quando il libro d’attualità viene pensato si rivolge a un evento in corso al momento della sua scrittura. Ma quando esce, milioni di tweets, di blog, di fotografie in Rete sono già uscite, milioni di fatti ed eventi sono accaduti e la realtà presa in esame nel libro ormai è diversa.

La Rete riflette un cambiamento epocale nel mondo dell’informazione e della cultura. Essa deve determinare un cambiamento nei contenuti che dobbiamo offrire. Non è soltanto aumentata la quantità e la frequenza dell’informazione disponibile, ma anche la sua capillarità e “non professionalità”: chiunque abbia in mano un cellulare può fare informazione a prescindere dal fatto che sia o meno un giornalista, uno studioso, un intellettuale.

Tuttavia con la comunicazione istantanea noi cogliamo l’attimo ma non comprendiamo l’evento. Tanti piccoli brandelli di informazione non costituiscono una notizia. Non sono uno sguardo. In questo ci soccorre una metafora: la differenza tra una carta geografica e un Gps. Grazie ad esso possiamo essere in un luogo qualunque del globo e raggiungere un altro luogo, anche senza sapere nulla. Il Gps ci guiderà passo passo verso il luogo desiderato: sappiamo che non è sempre così ed ho notizie di persone sperdute in foreste intricate perché troppo fiduciose nel proprio Gps.

Tuttavia il problema è un altro. Il problema è che abbiamo saputo arrivare nel luogo che cercavamo ma non ci siamo orientati. Non abbiamo una guida alla comprensione. Una carta geografica, diversamente, può aiutarci. Non ci guida passo dopo passo al punto dove volevamo arrivare. Ci insegna ad orientarci, ad avere una prospettiva, una visione di insieme. Soltanto così impariamo, soltanto così diventiamo padroni del territorio.

Questo è il senso del lavoro editoriale sull’attualità. I libri che stiamo facendo e i libri che si devono fare hanno questo obbiettivo: non tanto descrivere le notizie e i fatti dell’ultimo minuto, dal momento che si ha la certezza che si arriverà comunque tardi. Ma pubblicare libri che siano bussole del presente, che individuino i nodi per interpretare la contemporaneità.

Senza approfondimento e senza una koinè, un fondo comune su cui ragionare, diventa impossibile discutere e soprattutto comprendere ciò che accade nella società. Non è possibile farlo, infatti, basandosi sull’effimero scorrere di lacerti di notizie, lanci di agenzia, frasi di 144 battute.

Il ruolo della saggistica di attualità non va dunque interpretato come la rincorsa affannosa a quanto è appena accaduto, né alla frettolosa raccolta di documentazione non sedimentata. Deve piuttosto da una parte ricapitolare, ragionare, raccogliere le idee, dare profondità e ampiezza di orizzonti a quello che accade. Dall’altra anticipare l’attualità, individuare i temi e le questioni che costruiscono il presente.

È un lavoro delicato di interpretazione e di costruzione dell’agenda su cui si crede debba discutere l’opinione pubblica. Per fare qualche esempio: è certamente nel libro di Joseph Stiglitz, Il prezzo della disuguaglianza, che abbiamo proposto la riflessione sul divario tra il 99 per cento e l’uno per cento. E su cui ritorniamo adesso con La piccola eguaglianza del costituzionalista Michele AinisLa discussione sull’austerità imposta alla Grecia la troviamo, in un quadro molto più ampio, nell’importante libro di Luciano Gallino Il colpo di stato delle banche e dei governi.

La centralità della riflessione sui beni comuni l’abbiamo spiegata grazie a Salvatore Settis, con Azione popolare. Cittadini per il bene comune. E sempre con Settis, ora, si parla di rivendicazione del diritto alla città, di ritrovamento della loro anima, con Se Venezia muore. Con Zygmunt Bauman e Carlo Bordoni, in Stato di crisi, abbiamo un’esplorazione lucida delle dimensioni politiche, sociali e culturali del malessere del nostro tempo, dalla crisi dello Stato moderno alla progressiva uscita della società di massa.

E certamente è un libro di attualità lo straordinario volume del giornalista e scrittore argentino Martín Caparrós, La fame, che uscirà in primavera, e che va alla ricerca dei meccanismi che causano la morte di massa per fame e delle azioni per combatterla.

Del resto il legame della casa editrice Einaudi con la saggistica di attualità è stretto ed essenziale. Un esempio per tutti: la prima collana della casa editrice si chiama Problemi contemporanei ed è del 1934. E la casa editrice nasce nel 1933.

Quando ci occupiamo di attualità guardiamo al futuro. Dobbiamo guardare al futuro. Se per capire il presente ci fermiamo al presente, quando lo pubblicheremo esso sarà tragicamente passato.

Giulio Einaudi ha detto: «Le cose che si sono attuate, proprio in una casa editrice di cultura e, fin dalla sua origine, progettuale per eccellenza come la Einaudi, sono state quelle che giorno per giorno venivano fuori dagli avvenimenti, dalle intuizioni del futuro».

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