Un ritratto tragicomico di un giovane uomo che affronta la vita con ironia, nonostante tutto attorno a lui sembri andare a rotoli. In un paese dove è difficile immaginare che qualcosa possa andare storto, la Svizzera. L’autore è lo scrittore camerunense Max Lobe, in libreria con “La trinità bantu”. Con ilLibraio.it discute di razzismo, disoccupazione in un paese dove “essere tra i pochi senza un lavoro è davvero difficile” e confessa di “prendere spunto da fatti realmente accaduti”. Inoltre, riflette sugli estremismi xenofobi e cita i suoi autori di riferimento, “che hanno giocato con la lingua francese”… – L’intervista

Declinate l’ironia de Lo schiavista di Paul Beatty alla situazione precaria di un giovane africano, educato nelle migliori scuole in Svizzera ma che, nonostante ciò, non riesce a trovare lavoro. Aggiungete una madre che si ammala di cancro e un compagno ugualmente disoccupato, ma che non fa nulla per trovare un’occupazione. Immaginate uno stage per un’associazione che si batte per i diritti umani e manifesti promossi dall’estrema destra in cui le pecore bianche scacciano quelle nere. Questo (e non solo) è La trinità bantu dello scrittore camerunense Max Lobe (66thand2nd, traduzione di S. Marazza e W. Rosselli) in libreria dal 12 ottobre.

La trinità bantu

Un ritratto tragicomico di un giovane uomo che affronta la vita con ironia, nonostante tutto attorno a lui sembri andare a rotoli. In un paese dove è difficile immaginare che qualcosa possa andare storto, la Svizzera. Un romanzo che strappa un sorriso anche nei momenti più bui, ma che Max Lobe, che ilLibraio.it ha intervistato, ha scritto “piangendo”.

Ci tolga una curiosità: la Svizzera è davvero il paese civile che ci aspettiamo. O c’è razzismo?
“Non direi, ma non mi piace usare la parola razzismo. Se voglio crescere, ed evolvere come persona, non ci devo pensare: il problema non è mio, ma di chi ha atteggiamenti razzisti e discriminatori”.

Tuttavia non può negare che in alcuni casi può essere difficile passarci sopra…
“Sono arrivato in Svizzera quattordici anni fa per frequentare l’Università e riunirmi con parte della mia famiglia. Si è trattato di un inizio difficile, è vero: ero l’unico nero nel mio corso di studi a Lugano. In quel momento mi sono reso davvero conto di essere nero. In Camerun si può essere di etnie diverse, ma il colore della pelle è lo stesso. In Svizzera mi sono sentito diverso”.

Nei suoi libri mantiene un contatto con l’Africa?
“Il mio primo libro, ancora inedito in Italia, parla del traffico delle donne che dall’Africa arrivano in Europa con false promesse di lavoro e poi si ritrovano sfruttate dal racket della prostituzione. Si intitola 39 Rue de Berne, che è un indirizzo vicino a dove abito, in un quartiere che si potrebbe definire a luci rosse. La Trinità bantu, invece, l’ho scritto piangendo, perché prende spunto da un momento molto triste”.

Ce lo può raccontare?
“Mia madre era malata di cancro alla gola e dal Camerun è venuta in Svizzera per farsi curare. In pratica è quello che accade anche alla madre del protagonista del romanzo. Mi capita spesso di prendere spunto da avvenimenti che sono realmente accaduti. Ne La trinità bantu, in particolare, ho voluto raccontare un periodo difficile che ho provato sulla mia pelle”.

Oltre che di malattia, nel libro si parla anche di razzismo e disoccupazione…
“La disoccupazione l’ho sperimentata dopo l’Università; nonostante un master, per quasi un anno non ho trovato lavoro. In un paese come la Svizzera, dove il tasso di disoccupazione è bassissimo, essere tra i pochi senza un lavoro è davvero dura. Ancora di più se avviene in un contesto in cui non ci si sente supportati; nel caso del mio romanzo, in un momento in cui si fanno sentire intolleranza e razzismo. Ecco, ho voluto unire tre diversi tipi di cancro: la malattia, la disoccupazione e l’estremismo di destra”.

Parlando di estremismo di destra, proprio in questi giorni in Germania l’AfD si è confermata terza forza politica del paese: in Svizzera potrebbe accadere qualcosa di simile?
“Il sistema politico elvetico è differente, quindi è molto difficile che un personaggio à la Marine Le Pen salga al potere. Tuttavia è anche vero che nel 2007 c’è veramente stata una campagna promossa dall’estrema destra in cui le ‘pecore nere’ venivano cacciate da quelle bianche (episodio ripreso anche ne La trinità bantu, ndr) e che anche in questo caso abbiamo avuto un politico abbastanza controverso come Christoph Blocher”.

Su scala mondiale, infatti, i movimenti di estrema destra avanzano…
“La ripartizione della ricchezza sproporzionata tra nord e sud del mondo è alla base di questa tendenza: chi è ricco ha paura di perdere i propri privilegi e quindi, di fronte all’immigrazione, vede negli estremismi la soluzione più semplice. In realtà c’è bisogno di riflettere e trovare altre risposte: per fortuna molta gente lo sa e per questo mantiene una posizione più moderata”.

Tornando al romanzo, c’è un altro tema di cui non abbiamo ancora discusso: l’omosessualità. Cosa significa essere africano e gay?
“In Camerun è illegale essere gay. Ma fin dal mio primo romanzo, 39 Rue de Berne, ho scelto un protagonista omosessuale e africano. Ho voluto rivendicare quello che sono e dimostrare che è normale, è parte della vita. Ne La trinità bantu ho perfino creato una relazione a tre: qualche volta nel cuore abbiamo spazio per più di una persona”.

Per concludere, quali sono gli autori che ama di più e che l’hanno influenzata?
“Ce ne sono tantissimi, ma cito Alain Mabanckou, che è come un grande fratello spirituale per me; e poi Ahmadou Kourouma per come ‘gioca’ con la lingua francese. La lingua è un lascito coloniale, ma è ben diversa da quella parlata in Francia: anch’io nell’edizione originale dei miei romanzi uso un francese ‘particolare’. E poi mi piace molto Ramuz: l’ho scoperto dopo anni che vivevo in Svizzera e si è occupato anche lui della lingua, in particolare il romando, il francese della Svizzera”.

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