Dopo quattro romanzi per adulti, Christian Frascella elenca su IlLibraio.it i motivi che lo hanno spinto a pubblicare “La cosa più incredibile”, una storia pensata per i preadolescenti

Christian Frascella, torinese classe ’73, ha esordito nel romanzo con l’apprezzato Mia sorella è una foca monaca, pubblicato da Fazi nel 2009. Poi il passaggio a Einaudi, e altri tre romanzi (per adulti): Sette piccoli sospetti, La sfuriata di Bet e Il panico quotidiano. Ora lo scrittore, che ha già dimostrato di saper raccontare, tra l’altro, le contraddizioni dell’adolescenza, arriva nelle librerie per Salani con il suo primo libro per ragazzi, La cosa più incredibile, che racconta la storia del 12enne Ivan, che vive in una grande palazzina nella periferia di Torino, insieme a un gruppo di amici: appartamenti identici, stessi giochi, stesse abitudini, pochi soldi e relativa libertà.

Con una voce tutta sua, perdendo il filo della storia per la troppa emozione, divagando in divertenti particolari come le manie della sorella vegana, le ingiustizie della maestra, la passione per l’italiano e il non riuscire a mandare a memoria le date, Ivan racconta in un lungo tema in classe la cosa più incredibile che gli sia successa: durante le vacanze, molto arrabbiato con i suoi, steso sul letto coi denti digrignati, Ivan esprime il desiderio che tutta la sua famiglia scompaia. Ed è così che la famiglia scompare davvero

A IlLibraio.it lo scrittore elenca i 10 motivi per cui ha scritto un libro “esclusivamente per ragazzi. Poi se anche i grandi lo volessero leggere, certo non lo impedirò…”.

 

di Christian Frascella

 

  1. Perché cercavo la pace dopo la tempesta

Avevo appena terminato un libro complesso e dolente sulle mie crisi d’ansia, autobiografico fino al midollo, e pensavo che non sarei più riuscito a scrivere un bel niente. Poi ho ripreso in mano alcuni libri per bambini e per ragazzi che mi erano tanto piaciuti, qualcosa di Roal Dahl e qualcosa di David Almond su tutti, e ho pensato: certo mi piacerebbe cimentarmi in qualcosa di apparentemente leggero in cui ritrovare la voglia di raccontare e, anche, di sorridere. E se scrivessi un libro esclusivamente (ma non è detto…) per ragazzi? Ed è andata così.

  1. Perché scrivere può avere una sua «morale»

Ma, oltre al motivo suddetto, perché proprio un libro per ragazzi? In fondo avevo già scritto più di un romanzo con ragazzi protagonisti, ma quelli, ho pensato, erano libri per chiunque. Volevo scrivere qualcosa che riguardasse i preadolescenti, questa volta, qualcosa con una morale neanche troppo nascosta, ma che si muovesse sui canoni di una storia del mistero, con personaggi venuti, chissà, da lontano.

  1. Perché sentivo una voce nella testa

Certo, ma che significava? Proprio un bel niente. Soprattutto perché i libri fantasy non mi sono mai granché piaciuti. Però il mistero, quello, ce lo volevo mettere. Ma dove potevo andarlo a prendere? Forse non dovevo pormi tutte quelle domande, le risposte di solito arrivano tutte insieme, da una voce che ti parla nella testa, che ti tormenta, e che chiede di essere ascoltata e trascritta. E’ quella voce che si farà carico della storia, tu non dovrai fare niente. O quasi.

  1. Perché quella voce era di Ivan, e stava scrivendo un tema

Così Ivan, dodici anni, ha cominciato a parlarmi. Però non si rivolgeva direttamente a me. No. Parlava con un’insegnante, la sua professoressa di Lettere, la signora Tardini – chiunque fosse! Ed era a lei che parlava. Ma perché? Perché lei, per le vacanze, aveva assegnato un tema alla classe immaginaria di Ivan. E il tema chiedeva che si raccontasse la cosa più incredibile che ti fosse mai successa, e quale morale custodisse. Ivan aveva sì una storia, bella grossa.

  1. Perché a Ivan e ad altri quattro era accaduta la cosa più incredibile

E non ne era stato l’unico protagonista. Nossignore. Era accaduto a lui, al suo amico Rudy, ai gemelli Pietro e Paolo e alla grintosa Melania. Tutti più o meno della stessa età, tra gli 11 e i 13 anni. E tutti loro abitavano nello stesso paese. Di più! Nello stesso palazzo! Mi accorgevo di tutte queste cose… cioè, le trascrivevo mentre Ivan le dettava, e pian piano capivo dove il ragazzino volesse arrivare: c’era del mistero, in effetti, un mistero che faceva tremare i polsi. E non solo

  1. Perché c’erano di mezzo un uomo vestito di bianco e un nano

Non c’era solo il mistero. Ma anche un uomo vestito di bianco. Lo teneva d’occhio, il nostro Ivan. Il quale si sentiva minacciato. Cosa voleva quell’uomo? E poi quello non era nemmeno solo. C’era un nano con lui. Un nano ghignante, vestito da biker, che lo seguiva con la sua assurda minimotocicletta. Ivan mi ha detto di scrivere che aveva paura, nel tema. Ma che per fortuna non era solo.

  1. Perché i loro genitori erano scomparsi

Aveva degli amici. E una famiglia, certo, che però… be’, scompariva! Per colpa sua. Perché aveva desiderato proprio quello: che suo padre e sua madre e sua sorella scomparissero dalla faccia della terra, come se non fossero mai esistiti. Detto fatto. Per fortuna i suoi amici avevano desiderato la stessa cosa. Di rimanere soli e potersela spassare senza l’assillo dei genitori e dei parenti tutti. Ma come è stato possibile?

  1. Perché ormai le cose si erano messe in moto

E Ivan parlava e parlava, io scrivevo e scrivevo, e ormai le cose si erano messe in moto e io non potevo abbandonarle, ero incuriosito; ero incuriosito soprattutto perché non avevo idea di quello che sarebbe successo. Per fortuna Ivan lo sapeva. Il mistero si infittiva sempre di più, l’uomo vestito di bianco e il nano mettevano i cinque ragazzini di fronte alla realtà di un mondo senza genitori; dovevano cavarsela, e io volevo sapere come avrebbero fatto.

  1. Perché c’era un finale e anche una «morale»

Ho scoperto quello che succedeva, e quando la storia di Ivan è finita ho pensato che non sarebbe potuta andare altro che così. E che c’era anche una sua morale, semplice ma portentosa. Ho chiuso il file (il tema…) e l’ho spedito alla professoressa Tardini, che in questo caso era la casa editrice Salani. Nel giro di qualche mese il tema di Ivan era diventato un libro, su cui c’era il mio nome ma a proposito del quale avevo avuto solo un ruolo da modesto scribacchino.

      10. Perché scrivere mi fa sentire bene

Perché scrivere mi fa sentire malissimo durante (e qui c’era anche un mistero che mi teneva sulle spine!) ma benissimo alla fine. E poi perché vorrei che i ragazzi leggessero questo libro-tema, per confrontarmi con loro, chiacchierare un po’ su questa benedetta «morale», scoprire cosa ne pensano di questa storia, sperando che alla fine siano clementi e non mi impallinino con gessetti e  cancellini.

 

Frascella
LA TRAMA DEL NUOVO LIBRO DI FRASCELLA – Ivan ha dodici anni e vive in un anonimo palazzo alla periferia di Torino insieme al suo gruppo di amici: i gemelli del terzo piano, Melania (solo un’amica fin dalle elementari, che non si dica altro…) e Rudy, che non ha bisogno di presentazioni, perché chi non conosce Rudy? Appartamenti identici, stessi giochi, stesse abitudini, pochi soldi e poca libertà. E l’ingombro affettuoso ma pesante della famiglia. Un padre che crede sempre a quello che dicono alla tv, una madre che si fa poco i fatti propri e troppo quelli del figlio, una sorella vegana che è sempre sotto esame quando c’è da dare una mano in casa. Insomma una vita normale, fatta di pomeriggi tra studio e Xbox (forse più Xbox che studio), di oratorio, di interrogazioni e… di divieti da parte degli adulti, il più delle volte ingiustificati e ingiustificabili. E proprio quando sembra che nulla possa cambiare, in un giorno come tanti, basta un’arrabbiatura di troppo e accade qualcosa di incredibile, anzi, accade la cosa più incredibile…

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