“La seminatrice di coraggio”, romanzo di Antonella Desirèe Giuffrè, porta nella Sicilia del 1914. Come ci racconta l’autrice, grazie all’instancabile Sofia Bisi Albini, un ruolo importante (ma poco riconosciuto) fu svolto, anche in Sicilia, da “volontarie di cui nessuno parla, perché non impegnate fisicamente al fronte, ma non per questo meno importanti innanzi agli occhi di chi la guerra l’ha vissuta veramente…”
Il coraggio di ogni donna, che nasce dalla pietas: il movimento femminile nell’Italia della Grande Guerra
Esistono storie senza le quali sarebbe impossibile comprendere appieno il valore del presente, i ruoli che ci definiscono, il senso delle battaglie passate. Sono storie nella Storia spesso messe da parte, come quella delle donne italiane che hanno tinto di umanità e speranza le pagine sanguinose della Grande Guerra.
Donne che non si sono tirarono indietro
Donne che non si sono tirate indietro nella battaglia per i diritti in cui credevano, per la loro terra tanto amata, per gli uomini che amavano e che hanno perso. Donne italiane che hanno mosso rivolte nei campi sfidando la legge e le autorità. Molte di loro sapevano soltanto lavorare la terra; altre, più fortunate e istruite, hanno messo a disposizione degli uomini un’altra capacità tutta femminile, un dono prezioso: la pietas. Quell’istinto consolatorio, materno e innato della donna, in questo contesto declinato attraverso la parola scritta.
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Queste donne sono state chiamate seminatrici di coraggio, volontarie di cui nessuno parla perché non impegnate fisicamente al fronte, ma non per questo meno importanti innanzi agli occhi di chi la guerra l’ha vissuta veramente.
Il ruolo dell’instancabile Sofia Bisi Albini
Ma chi è stata la prima donna a mostrare il modo in cui seminare il coraggio necessario?
Il suo nome è Sofia Bisi Albini, scrittrice e giornalista italiana che ha collaborato per diverse testate – La perseveranza, il Corriere della Sera – e che ha fondato i periodici Rivista per le signorine e Vita femminile italiana. Pagine capaci di guidare idealmente ben due generazioni di donne verso la concezione, tutta nuova, di una vita rivolta alla realizzazione di sé attraverso l’emancipazione intellettuale e sociale, e che nondimeno ha sempre avuto lo scopo di un bene più grande: quello comune.
Sofia Albini (Milano 1856 – Rapallo 1919), nata in una famiglia dell’alta borghesia terriera lombarda e moglie dello scultore Emilio Bisi, si distingue tra le numerose attiviste del periodo per l’instancabile dedizione, durata tutta la vita, ai problemi legati all’educazione, al progresso civile e a un’economia mirata al sostegno dei più deboli. In effetti, Sofia comprende presto di cosa l’Italia avesse bisogno: il coraggio. Quella forza improvvisa e folgorante che nasce in ognuno di noi nei momenti più bui e, spesso, ci salva da una rovina imminente.
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Nel periodo in cui il Paese è spinto verso la nazionalizzazione delle masse, in particolar modo quelle meridionali, Sofia Albini fonda così una Federazione Nazionale di alleanza femminile chiamata delle Seminatrici di coraggio e ne diventa lei stessa la prima seminatrice, riuscendo a coinvolgere un gran numero di volontarie che hanno abbracciato la causa a favore della patria con fervore, ognuna nelle proprie possibilità.
Non soltanto le braccianti svolgevano il duro lavoro nei campi affinché la maggior parte dei raccolti venisse inviato al fronte come provviste per i soldati, ma lavoravano anche la lana per inviare loro coperte, vestiti, e il necessario utile ad affrontare il freddo dei monti. Le seminatrici di coraggio più colte divenivano referenti dell’Ufficio Notizie per mantenere i contatti tra i soldati e le famiglie indigenti. Altre, invece, si dedicavano a una forma di volontariato mirata alla cura dell’animo umano: la corrispondenza. Numerose sono infatti le lettere che testimoniano le commoventi relazioni epistolari nate tra i soldati e le loro madrine di guerra.
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Il romanzo La seminatrice di coraggio
Nel mio romanzo, La seminatrice di coraggio*, racconto la nascita di questo movimento femminile nella mia terra di origine, la Sicilia. Ho provato a pensare ai quasi 500.000 soldati siciliani (perlopiù contadini poco alfabetizzati) che per la prima volta hanno messo piede fuori casa percorrendo in treno l’intera penisola per raggiungere il fronte.
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Fino a pochi anni fa, la partecipazione della Sicilia alla Prima Guerra Mondiale è stata considerata marginale, eppure la documentazione storica ci dice quanto l’isola siciliana abbia invece dato tra i maggiori contributi di uomini chiamati alle armi e in difesa delle città, impiegati per mare, cielo e terra.
Ma non è tutto: negli anni della Grande Guerra, la mafia siciliana è riuscita a sottomettere come mai prima di allora il ceto contadino, dilaniando le campagne (quasi del tutto prive di uomini) attraverso atti di brigantaggio a scapito delle donne rimaste sole.
I miseri sussidi che lo Stato dava loro e la periodica requisizione del bestiame e dei prodotti agricoli da parte dell’esercito, ha fomentato gli animi alimentando moti di ribellione scaturiti poi in vere e proprie rivolte nelle campagne.
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È tra la primavera e l’estate del 1917 che si sono registrate le manifestazioni popolari femminili più imponenti, in seguito quasi mai citate nei resoconti riportati ma oggi, fortunatamente, rese note attraverso l’esame di archivi storici e militari.
“L’Instancabile”: così chiamavano Sofia Bisi Albini, per via della sua inesauribile voglia di dare, di darsi, di condividere con gli altri valori come il diritto all’istruzione, alla libertà, all’indipendenza. Ed è in questo sipario di passione e resilienza che si muove Maria Roccaforte – personaggio di finzione che ne La seminatrice di coraggio agisce tra le altre donne che l’affiancano – , rappresentando i punti di forza e le fragilità di ogni possibile seminatrice dell’epoca: figure femminili reali, concrete, forti e impareggiabili, che tuttavia sono state presto dimenticate dall’immaginario collettivo a causa di una classe politica ancora decisamente restia nell’affermare l’importanza della donna nella società.
L’AUTRICE – Antonella Desirèe Giuffrè è nata a La Spezia, ma vive sulla costa ionica della Sicilia. Appassionata di Storia, ha frequentato il Master in Tecniche della Narrazione alla Scuola Holden di Torino, e si dedica alla scrittura a tempo pieno.
La seminatrice di coraggio *, il suo romanzo in libreria per Tre60, porta nella Sicilia del 1914. Maria Roccaforte, giovane maestra, lascia il suo paese sul mare di Ragusa per sposare Pietro, un ricco proprietario terriero del borgo di Bonaventura, sui Monti Iblei. Quando Pietro parte per la Grande Guerra, Maria resta sola a gestire la casa e i campi. Le contadine, che lavorano la terra per sostituire gli uomini chiamati al fronte, non si fidano di lei, “donna di città”, e la situazione del borgo peggiora con l’aumentare delle confische dei raccolti da parte dello Stato e delle estorsioni dei briganti.
A Palermo, Maria conosce Sofia Bisi Albini, la fondatrice della Federazione nazionale delle Seminatrici di coraggio, che portano notizie dal fronte alla popolazione più povera e analfabeta e, come “madrine di guerra”, inviano lettere di consolazione ai soldati. Diventata seminatrice, Maria inizia una fitta corrispondenza con il soldato Marcello Elia, che le scrive lettere disperate e struggenti dal fronte del fiume Isonzo. Quando Pietro viene dato per disperso, Maria sente più che mai il dovere di proteggere le donne di Bonaventura. Ma dopo aver conquistato la loro fiducia, riuscirà a convincerle a unirsi al movimento di protesta nazionale per rivendicare il loro contributo durante il conflitto? E al termine di quella orribile guerra, riuscirà a vedere gli occhi di Marcello, l’uomo che ha conosciuto soltanto attraverso le sue lettere appassionate?
L’autrice descrive una Sicilia ferita, dove le donne hanno finalmente compreso l’importanza di lottare, unite, in nome dei diritti e della libertà.
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Fotografia header: Antonella Desirèe Giuffrè, nella foto di Yuma Martellanz