Intervista a Hans Tuzzi autore di Il maestro della testa sfondata ISBN:8882467317

L’indagine su un delitto, avvenuto all’alba di un giorno qualunque del febbraio 1978, passa attraverso il mondo appartato e raffinato della bibliofilia per approdare allo straordinario romanzo di una città. È il ritratto di una Milano grigia e opprimente, nei mesi appena precedenti il rapimento Moro. In quello che ora viene ripresentato ma che è stato il romanzo d’esordio di un nuovo scrittore, Hans Tuzzi (pseudonimo di un saggista italiano, appassionato di bibliofilia e di collezionismo), Il maestro della testa sfondata, si affaccia anche la figura del commissario Melis, personaggio originale, per il quale è quasi inevitabile provare simpatia. Abbiamo intervistato l’autore.

D. Lei nasce – in veste di scrittore – come autore di guide di antiquariato librario. E questa passione è ben presente nel suo romanzo. Ha costituito la spinta “prima” alla scrittura?

R. Io nasco in veste di Hans Tuzzi come autore per bibliofili, con il mio vero nome ho pubblicato su tutt’altri argomenti. Né la bibliofilia è stata la spinta prima alla scrittura del mio giallo d’esordio, dove pure gioca un ruolo importante. Forse sarebbe più esatto dire che il collezionismo in genere – la psicopatia del collezionista – mi sembra sfiorare territori oscuri che possono ben configurarsi come inquietanti e prossimi al delitto.

D. L’innesto della bibliofilia sullo schema del “noir” è una scelta di comodo o le due componenti nascono insieme? In sostanza, si ha l’impressione che il genere “giallo” sia solo un vestito indossato per poter dare corso a una felice vena narrativa.

R. Grazie per la definizione di “felice vena” ma, no, non è così. Nel prossimo giallo del commissario Melis, Tre delitti un’estate, bibliofilia e collezionismo tornano prepotentemente al centro della vicenda, senza per questo appesantire la narrazione, proprio perché costituiscono una variante tra le più culturalmente sofisticate del possesso. E il possesso, con la passione e il denaro, costituisce uno dei grandi motori del mondo. Se fossi Shakespeare scriverei tragedie, come Tuzzi mi limito ai gialli (anche se un fine critico come Piero Dorfles ha ripetutamente sottolineato che i miei sono sì bei gialli, ma ancor più bei romanzi senza etichette).

D. Il commissario Melis è un personaggio originale, stravagante, tanto lontano dagli stereotipi letterari. Come si è affacciato alla sua fantasia? Vi ha proiettato qualche elemento autobiografico?

R. Melis è personaggio vivo perché nasce da un insieme di suggestioni offerte da diverse persone conosciute nella vita. E qui devo confessare che le prime pagine del Maestro della testa sfondata, sino all’incontro tra Melis e Frangipane, nacquero nel 1986; rimasero a decantare per tredici anni e poi tutto il resto si disegnò chiaro in mente. Evidentemente, insieme alla “felice vena” dell’autore decantarono anche i personaggi, guadagnandone in spessore e autenticità. Alcuni poi, come Lambiase, che sarebbe sbagliato leggere come macchietta, sono cresciuti di titolo in titolo. Quanto all’autobiografismo, c’è più in personaggi minori che nel commissario.

D. Curioso l’espediente cronachistico-diaristico che punta a determinare il qui e ora della vicenda attraverso le vie, i luoghi milanesi e l’indicazione temporale scandita addirittura dalle ore. Ha il gusto quasi di una sequenza per immagini (cinematografiche?). E la Milano, dove lei conduce il lettore, attraverso itinerari e spostamenti serrati, è nel Suo romanzo una città ancora non raggiunta da degrado e disumanizzazione, come ai nostri giorni. Qualcuno (Giovanni Pacchiano) l’ha definita “la Milano dell’anima”. È così?

R. Io sogno spesso una città aerea e luminosa che nel sogno è una Milano purtroppo mai realizzatasi. E avverto, a cinquantatré anni, quanto di questa città è svanito per sempre. Benché alcune carte siano rimescolate (nomi di fantasia per i locali pubblici, ad esempio), la topografia cittadina è non soltanto ben riconoscibile ma protagonista, oltreché utile per ritmare tempi e forme dell’indagine, in un modo che consente, anche ai lettori che Milano non conoscono, di “mappare” la storia.

D. Consigli a un giovane scrittore, se volesse darne…

R. Non venda la nonna pur di pubblicare. Tanto meno l’anima.

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