Esperto d’arte, tra i maggiori conoscitori del Seicento italiano, Claudio Strinati è autore de “Il giardino dell’arte”. Su ilLibraio.it riflette a proposito dell’importanza dell’arte in un tempo difficile come quello che stiamo vivendo, e su cosa questo momento possa insegnarci per il futuro della cultura in Italia

I musei hanno qualcosa in comune con gli ospedali. La parola “visita”, se non altro. Negli ospedali le visite le fanno i medici ai malati e i familiari e amici ai degenti ricoverati. Nei musei i visitatori è come se andassero a trovare persone care da cui ricevere conforto e un buon modo di passare utilmente e lietamente la vita.

Ma in tempi di calamità generale i musei, e le mostre che sono l’altra faccia di una stessa medaglia, restano chiusi perché un bisogno assoluto di arte, ammettiamolo, non c’è. A dire il vero anni fa il Ministro Franceschini, reagendo con giusta fermezza ad una immotivata provocazione sindacale, stabilì che i Musei sarebbero da allora in avanti rientrati nei servizi essenziali erogati dallo Stato verso la cittadinanza italiana o straniera.

E infatti se ora non è possibile accedere ai Musei, non lo è su prescrizione del Governo e non per esigenze o istanze diverse da quelle del pubblico beneficio. I recenti provvedimenti non smentiscono la rilevanza del Museo quale funzione essenziale della vita nazionale, ma ne circoscrivono il senso secondo una logica che non mortifica affatto il valore dell’arte e della cultura nella nostra vita.

Accedere a un Museo o a una mostra, anche soltanto in modo virtuale, è insomma un servizio indispensabile perché la fruizione del patrimonio artistico è un valore vero avendo una sostanziale positiva ricaduta sulla salute mentale del popolo italiano e dei visitatori stranieri.

Il fatto che il dilagare del virus imponga la chiusura delle mostre e dei musei non inficia questo criterio. L’arte è un bene di prima necessità dal punto di vista educativo, culturale, morale ed economico, perché musei e mostre sono centri di lavoro su un piano di pari rilievo con tante altre forme di attività produttiva.

Di fronte al male fisico la funzione museale non può non passare in secondo piano ma è necessario riflettere su quale sia effettivamente questo “secondo piano” di indispensabilità, come sia gestito adesso e come possa essere poi gestito nella fase successiva alla catastrofe, dato il generale convincimento che la calamità, una volta superata, è occasione unica e preziosa di rigenerazione e progresso.

Il paragone col servizio sanitario nazionale regge. I beni culturali e il servizio sanitario sono settori formidabili e eccellenti nel nostro Paese cronicamente carenti di personale, specie quello altamente specializzato, e di fondi adeguati. Le persone entrate al lavoro attraverso selezioni ardue e onestamente gestite, sono competenti, dedite, capaci. Emanano prestigio e sanno governare sia lo specifico della materia tecnico-scientifica, sia le conseguenti incombenze amministrativo-gestionali.

Ma nel corso del tempo un virus altrettanto pericoloso e letale del covid19 ha leso questi presupposti in entrambi i comparti, provocando morti e mortificati. Questo ha portato rapidamente al disastro della attività formativa e educativa svolta dallo Stato, necessario presupposto per il buon funzionamento sia dei Beni Culturali sia della Sanità.

Quando, alla fine degli anni ’60 del secolo trascorso, l’Italia si stava avviando molto bene al potenziamento di questi due grandi comparti, un virus fatale è penetrato nelle troppo affollate stanze della politica. Morti ne ha fatti parecchi, ma poi, appunto, è stata scelta da certi nuovi orientamenti politici ma con qualche ritardo la strada della mortificazione. Vecchie fissazioni dei nostri pur degni antenati, come la dignità, l’onore, la competenza, furono smascherate quali inconsistenti scemenze.

È possibile che il virus ci ammonisca a riconsiderarle.

L’AUTORE E IL LIBRO – Claudio Strinati, esperto d’arte, è tra i maggiori conoscitori del Seicento italiano. Nel 2010 ha ideato la mostra su Caravaggio alle Scuderie del Quirinale, che è tra le esposizioni più viste di sempre nel nostro Paese. Nel 2014 ha vinto il Premio Capalbio. Ha all’attivo molte pubblicazioni scientifiche, ha lavorato per il Ministero per i beni culturali e ambientali ed è stato soprintendente per il polo museale romano tra il 2001 e il 2009. Collabora con diversi quotidiani e ha uno spazio fisso su Huffington Post.

Il romanzo di Claudio Strinati Il giardino dell’arte (Salani) narra la storia di David, dottorando canadese in Storia dell’arte che riceve in dono dalla nonna un viaggio in Italia. David parte così alla scoperta di tutti i tesori che sono stati oggetto dei suoi studi, mentre il suo mentore lo segue tramite un continuo scambio epistolare. Il risultato è un viaggio tra i tesori dell’arte italiana, in cui non mancano retroscena, miti e aneddoti sui suoi protagonisti. L’avventura di David è anche un viaggio alla scoperta di sé, in cui stringe amicizie, incontra studiosi e appassionati e, forse, anche l’amore. Il giardino dell’arte è insieme una guida e un romanzo di formazione, grazie al quale il lettore guarderà con occhi nuovi le meraviglie del patrimonio culturale italiano.

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