“Le biblioteche scolastiche dovrebbero e potrebbero essere altro: luoghi vivi e vivaci, aperti, inaspettati, sociali; punti di diffusione e non luoghi di reclusione dei libri…”. Su ilLibraio.it l’analisi (e i suggerimenti) di Gino Roncaglia, che recentemente si è dimesso dal Comitato Biblioteche e Istituti culturali del MIBACT. L’esperto di digitale ricorda la presenza di un bando che potrebbe concretamente aiutare la diffusione della lettura

Biblioteche in bianco e nero e biblioteche a colori

 

Sappiamo che in Italia il numero di non lettori (chi non legge neanche un libro l’anno) è maggiore del numero dei lettori (chi legge almeno un libro l’anno). Per cercare di modificare questo rapporto – che negli ultimi 5-6 anni è peggiorato anziché migliorare – è importante cercare di capire cosa aiuti a favorire e a consolidare il rapporto con il libro e la lettura. Quali sono i fattori più importanti che contribuiscono a trasformarci in lettori?

Secondo gli ultimi dati ISTAT, legge libri ben il 66,8% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni con entrambi i genitori lettori, e solo il 30,9% di quelli con genitori che non leggono. Molti dati suggeriscono che i due fattori più importanti nel determinare il rapporto di un adulto con i libri siano il numero di libri presenti nella casa in cui è cresciuto, e l’atteggiamento verso i libri dei propri genitori. Fattori che peraltro non sono correlati solo con l’abitudine alla lettura: i punteggi delle prove di OCSE-PISA, che misurano (o provano a misurare) le competenze di lettura, matematiche e scientifiche dei giovani, mostrano un distacco di oltre il 20% nei punteggi fra chi ha almeno 500 libri a casa e chi ne ha meno di 10, e va rilevato che questo scarto non riguarda solo le competenze di lettura, ma anche quelle scientifiche e matematiche.

Si può certo sostenere – e a ragione – che questi dati non possono essere visti solo nella dimensione legata al libro e alla lettura: chi ha meno libri a casa appartiene probabilmente a strati sociali più svantaggiati da molti altri punti di vista, a partire dal reddito. Resta però indubbio che uno dei migliori investimenti che i genitori possono fare per aumentare le probabilità di successo formativo dei figli è avere libri a casa e leggere: non solo leggere ai figli, ma anche leggere per conto proprio.

(L’immagine di mia madre che legge è fra i miei primi ricordi d’infanzia, e ho ancora da qualche parte un disegno fatto da bambino:“mamma che legge davanti al camino”. In verità non abbiamo mai avuto un camino a casa, ma ho il ricordo perfetto – quasi fisico: più e prima dei titoli, le dimensioni e i colori di copertina – di alcuni dei libri che leggeva in quegli anni. La prima edizione Feltrinelli del Buio oltre la siepe di Harper Lee, ad esempio, che ho ritrovato in libreria nei mesi scorsi. Non l’avevo mai letto, ho rimediato: un libro davvero bellissimo, ma sospetto che, considerata la forza dell’associazione affettiva, mi sarebbe piaciuto comunque).

biblioteche scolastiche

Ora, non è sempre facile – anche se è importante, molto importante, cercare di farlo – convincere genitori che non leggono a comprare libri, e a leggere con e davanti ai propri figli. C’è però un luogo frequentato da tutti, quasi ogni giorno, nell’infanzia e nell’adolescenza; un luogo in cui i figli dei lettori incontrano i figli dei non lettori; un luogo che dovrebbe programmaticamente contribuire a ridurre gli svantaggi, anche rispetto alla propensione alla lettura. Questo luogo, ovviamente, è la scuola. La scuola potrebbe e dovrebbe essere, per gli studenti, un luogo capace di affiancarsi alla famiglia, e in alcuni casi di sostituirla, nel facilitare l’incontro con il libro e la lettura.

Le nostre scuole svolgono davvero questo lavoro? La risposta è semplice: no, nella maggior parte dei casi non lo svolgono, o lo svolgono male. Roberto Casati ne ha parlato a lungo nelle pagine a mio avviso più belle e più condivisibili del suo Contro il colonialismo digitale. Denunciando con grande efficacia l’inutilità della lettura estenuata ed estenuante, frammentata, esclusiva di pochi classici, e l’incapacità da parte dell’istituzione scolastica di far percepire la lettura come un’attività piacevole e dotata di valore. Nelle case ci dovrebbero essere dei libri, e non sempre ci sono. Ma anche nelle classi ci dovrebbero essere dei libri, e non ci sono mai o quasi mai. Proposte come quelle della biblioteca di classe, che il Movimento di cooperazione educativa aveva avanzato già negli anni ’60 del secolo scorso, sono rimaste per lo più lettera morta. Anche nelle scuole (poche e fortunate) che dispongono di biblioteche scolastiche funzionanti, le biblioteche scolastiche si presentano troppo spesso come ‘la stanza dei libri’: i libri a scuola sono concentrati in un unico posto, non sempre piacevole, non sempre accessibile. Non diventano una presenza familiare e diffusa, non entrano nelle pratiche quotidiane del lavoro scolastico, non sono scelti con e per gli studenti ma per rispondere a una sorta di dovere morale. Quante biblioteche scolastiche, anche dove esistono, hanno libri fantasy, graphic novel, fumetti, manga, videogiochi? Quante hanno libri dedicati alla musica giovanile, all’educazione sessuale, alle serie televisive? Quante offrono il prestito digitale o l’accesso digitale a quotidiani e riviste nazionali e internazionali?

Non voglio suggerire delle biblioteche scolastiche senza classici, senza Svevo o Pirandello, senza Calvino o Pavese: tutt’altro! Ma una biblioteca scolastica fatta *solo* di classici non è – paradossalmente – un luogo in cui i classici possono essere incontrati e, auspicabilmente, anche scelti: diventa un luogo in cui i classici sono rinchiusi e dimenticati o, nella migliore delle ipotesi, imposti; spesso sulla base di un canone che non corrisponde all’ecosistema culturale di oggi ma a quello dei nostri padri (e, a volte, dei nostri nonni)[1].

Le biblioteche scolastiche dovrebbero e potrebbero essere altro: luoghi vivi e vivaci, aperti, inaspettati, sociali; punti di diffusione e non luoghi di reclusione dei libri; luoghi di incontro fra interessi diversi ed età diverse, fra carta e digitale, fra scuola e territorio; laboratori per esperimenti di scoperta e produzione di contenuti di ogni genere; luoghi per leggere (in qualunque momento, qualunque contenuto, in qualunque forma) ma anche luoghi per discutere e per giocare. Luoghi animati e curati da personale specializzato, che conosca il mondo dei libri e delle biblioteche ma anche quello della scuola e della formazione, che sappia che una biblioteca scolastica deve essere parte della scuola e non un corpo estraneo, ma nel contempo deve essere una parte della scuola che guarda oltre le aule, i programmi, le indicazioni nazionali, i voti, gli esami… Luoghi a colori, insomma, e non solo in bianco e nero.

È un sogno, certo, ma un sogno per il quale vale la pena lavorare.

Nelle settimane scorse mi sono trovato – curiosamente, quasi negli stessi giorni – a dimettermi dal Comitato Biblioteche e Istituti culturali del MIBACT (o meglio: a dimettermi *con* il Comitato Biblioteche e Istituti culturali del MiBACT, dato che ci siamo dimessi tutti, come si è dimesso Giovanni Solimine dal Consiglio Superiore dei Beni culturali), per un profondo disaccordo con alcuni aspetti[1] della politica portata avanti dal Governo in ambito bibliotecario, e a collaborare con un altro ministero, il MIUR, nella definizione dell’azione 24 del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), dedicata proprio alle biblioteche scolastiche innovative. Anche il mondo (a maggior ragione quello della politica) non è in bianco e nero, ma ricco di sfumature: la prima esperienza è stata abbastanza deprimente (non ne parlerò in questa sede, dato che l’ho già fatto altrove), la seconda è stata assai più piacevole e (spero) produttiva.

Non era affatto ovvio che all’interno del PNSD fosse prevista una azione specifica per le biblioteche scolastiche, dato che l’immagine tradizionale delle biblioteche scolastiche è abbastanza lontana dal mondo digitale. Non era affatto scontato che questa azione “non” si riferisse esclusivamente all’idea di biblioteca digitale, ma guardasse alla biblioteca scolastica anche come luogo fisico, e come luogo in cui risorse informative tradizionali e digitali si incontrano e collaborano. E non era affatto scontato che questa azione fosse finanziata in maniera significativa (il milione e mezzo previsto inizialmente al riguardo dal PNSD è più che triplicato: cinque milioni destinati ai progetti delle scuole, più – a parte – il finanziamento per una formazione specifica dei referenti). Credo che rispetto a questi tre elementi l’azione 24 possa essere considerata un successo davvero rilevante (non è merito mio, naturalmente: al progetto hanno lavorato in molti, e – soprattutto – con l’appoggio dei decisori politici).

roncaglia

Webinar di presentazione dell’azione 24 del PNSD, dedicata alle biblioteche scolastiche innovative (dal sito MIUR)

Ovvio, questa azione non basta: occorre che di biblioteche scolastiche si parli anche in contesti diversi dal PNSD, occorre che si lavori al riconoscimento della figura dei bibliotecari scolatici, occorre che le risorse economiche siano stabili nel tempo e riguardino anche l’incremento dei libri su carta, occorre che il mondo della scuola acquisti finalmente consapevolezza dello straordinario ruolo sociale che le biblioteche scolastiche possono avere sia nel migliorare la qualità della formazione, sia nel contribuire a costruire nelle nuove generazioni un rapporto positivo e vitale con libro e lettura.

Una buona partecipazione al bando dell’azione 24, però, potrebbe aiutare moltissimo; per questo approfitto anche di questo spazio per sollecitarla. Se fra i lettori di questa nota ci sono insegnanti: la loro scuola sta preparando un progetto? C’è tempo fino al 15 luglio, i moduli da riempire non sono troppo complicati, e molte indicazioni al riguardo sono disponibili nella pagina dedicata sul sito MIUR.

Qualche suggerimento o indicazione in più? Provo a fornirli, tenendo sempre presente che si tratta solo ed esclusivamente di miei suggerimenti personali, anche se legati al lavoro fatto riflettendo sulle caratteristiche di questa iniziativa. Se dovessi scegliere cinque elementi fondamentali di un buon progetto – fermo restando che è ovviamente essenziale seguire le indicazioni fornite dal bando – suggerirei i seguenti:

-prevedere spazi per la lettura e le attività di information literacy che siano belli, vivaci e funzionali. Ne ho parlato sopra. Tutto quello che serve a rendere attrezzati e vivi questi spazi va bene. Lo schoolkit presente sul sito del bando offre dei buoni esempi. Anche la FAQ n. 12 presente sul sito tocca questo aspetto.  Se gli spazi ci sono già, valutare se e come si possono migliorare;

-apertura degli spazi della biblioteca scolastica al territorio (anche se parziale e regolata, una qualche apertura ci dovrebbe essere); collegamento con le biblioteche sul territorio: è importante che questo collegamento ci sia, e le sue caratteristiche dovrebbero essere fra i fattori essenziali per qualificare e valutare il progetto;

-tener presente il suggerimento di dedicare il 15% della cifra a contenuti digitali, preferibilmente nella forma del prestito digitale bibliotecario (molte biblioteche di pubblica lettura hanno avviato da tempo attività di prestito digitale bibliotecario e potranno eventualmente aiutare su questo punto)[1];

-ricordare che se si riesce a prevedere un cofinanziamento, il punteggio del progetto aumenta. Di fatto, basta che la scuola decida di investire 5.100 euro aggiuntivi (portando il progetto a 15.100 euro) per avere il massimo dei punti su questo aspetto. Ovviamente se poi ci sono anche cofinanziamenti esterni, ancor meglio;

-ricordare sempre che l’azione 24 è compresa nel PNSD. I progetti dovrebbero avere dunque aspetti innovativi, e facciano riferimento anche all’ecosistema dell’informazione digitale (senza per questo considerarlo come l’unica dimensione della biblioteca scolastica, cose che, come si diceva, sarebbe sbagliata e poco funzionale).

Sarà interessante vedere quanti e quali progetti parteciperanno a questo bando. E sarà interessante, soprattutto, vedere quanti di questi progetti sapranno prevedere delle biblioteche scolastiche effettivamente innovative, vitali, a colori.

[1] Per una introduzione al tema del prestito digitale bibliotecario rimando a un mio articolo su «Biblioteche oggi» disponibile all’indirizzo http://www.bibliotecheoggi.it/rivista/article/view/401/226.

[1] Non con altri: l’aumento di stanziamenti per i bilanci delle biblioteche statali è un fatto assai positivo del quale abbiamo volentieri dato atto al Ministro.

[1]Per una discussione del tema dei canoni vecchi e nuovi nella lettura giovanile rimando al dibattito che ho curato con Giovanni Solimine per il fascicolo 2/2015 della rivista «Biblioteche oggi Trends»: http://www.bibliotecheoggi.it/trends/issue/view/30.

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