Arriva nelle librerie italiane l’ambizioso esordio di Garth Risk Hallberg, ambientato nella New York del 1977. Su ilLibraio.it un capitolo dal romanzo (di mille pagine), che ha fatto molto parlare negli Usa

New York 1977, quando il Bronx è in fiamme e Central Park è il terreno di caccia di rapinatori ed eroinomani, il punk sta nascendo e l’Aids è alle porte, gli artisti ancora occupano le soffitte a Manhattan, e nel cielo esplodono i fuochi d’artificio. La notte di Capodanno, a Central Park, si sente uno sparo. Due. Nella città cruda, sotto i muri coperti di graffiti e sulle scalinate della Grand Central, negli attici dei grandi palazzi e nei night club, si incontrano i nuovi arrivati e quelli che della città sono così stufi che la darebbero alle fiamme: Regan e William Hamilton-Sweeney, i riluttanti eredi di una delle più straordinarie fortune di New York; Keith e Mercer, gli uomini che, nel bene e nel male, li amano; Charlie e Samantha, due ragazzini di Long Island attratti a Manhattan dall’incandescente scena punk; un reporter pieno di ossessioni e un detective che cerca di capire cosa c’entrano tutti loro con lo sparo a Central Park. E quando il black out del 13 luglio farà piombare New York nell’oscurità, la vita di ciascuno di loro sarà cambiata per sempre…

Arriva nelle librerie italiane per Mondadori l’ambizioso City on Fire (Citta in fiamme), esordio di Garth Risk Hallberg. Un testo di mille pagine (tradotte da Massimo Bocchiola), osannato da critici come Michiko Kakutani (“Un romanzo dall’ambizione travolgente che lascia con il cuore in gola, che testimonia il talento sconfinato e instancabile del suo autore”) ma che, nonostante l’anticipo record all’autore 36enne (l’editore Knopf ha staccato un assegno di 2 milioni di dollari), le lodi di parte della critica e l’investimento dell’editore, non è diventato un bestseller negli Usa, come ha fatto notare Repubblica (a proposito di media italiani, su La Lettura lo scrittore Paolo Giordano ha scritto che “Città in fiamme ripaga l’attesa, la spesa e il tempo che gli si dedica”). Mentre è partito meglio in altri Paesi europei. Come verrà accolto dai lettori italiani?

Città in fiamme

Su ilLibraio.it un capitolo da Città in fiamme
(Traduzione di Massimo Bocchiola – pagine 797 – 799)

E fu tutto. Quando William la rivide alla cena prenuziale, l’erede rivale era stato estromesso dal Consiglio e Regan aveva fatto richiesta di prendere il suo posto. Almeno secondo i pettegolezzi che giravano nel ristorante che avevano preso in affitto in Central Park e dove William apparve presentabile, carino, ma decisamente non tanto sobrio, con la fiaschetta ben annidata in tasca. Ma le cene prenuziali non erano riservate alla famiglia? Qui sembrava ci fosse mezza New York, gente che scendeva dai sedili posteriori delle auto, intasava l’ingresso, come a uno di quegli orrendi ricevimenti in spiaggia di Felicia. Cercò di individuare Amory Gould o di identificare il suo protetto, ma non ci riuscì. In ogni caso, non sapeva cosa avrebbe potuto fargli. E una volta scolata la fiaschetta restò seduto al bancone sempre più sbronzo, finché il torto che avevano fatto a sua sorella smise di essere una certezza. Incredibile che le cose dovessero continuare in quel modo, uguali a prima. Oppure no: perché Regan aveva incassato la cedola. Era diventata una di loro.

All’inizio della cena scoprì che lo avevano relegato a sedere in Siberia. Dovevano averlo destituito dalla sua posizione al pranzo di matrimonio. Sua sorella, al tavolo degli sposi, evitava di voltarsi verso di lui. Quel bellissimo allocco del fidanzato continuava ad accarezzarle la mano. Ma non sarebbe stato William quello che andava a chiedere scusa. Se qualcuno era stato tradito, ora sembrava proprio fosse lui.

Quando arrivò il dolce si sentiva immerso nel Borgogna, racchiuso in una bolla rosseggiante. Ma se non altro aveva deciso cosa fare. Sembrava che i rumori gli fluttuassero attorno, ma da dove si trovava non riusciva a raggiungerli, né a essere raggiunto da nient’altro che non fosse il tintinnio dei denti della sua forchetta sull’ultimo bicchiere. Ed eccolo di nuovo, insistente, pressante come il denaro, finché tutta la sala non rimase in silenzio. Papà guardò verso di lui. Regan no. Il microfono, allestito quando ancora si pensava che William dovesse fare un brindisi, era vicino al tavolo degli sposi, ma lui sapeva farsi sentire senza bisogno di amplificatori.

«In queste circostanze è tradizione dire qualcosa sullo sposo» cominciò a declamare, ammirato della sua stessa eloquenza. «Ma adesso che il momento è venuto, mi mancano le parole. Questo mio ruolo di testimone mi sembra che vada un po’ contro l’ordine naturale. Sì, insomma… che cosa può mai dire un figlio di suo padre?» Sentì una risata nervosa. Se avesse cercato di individuarne la fonte sarebbe andato tutto perduto. «Il suo vecchio. Il pater. Il patriarca senza il quale niente è possibile.» William notò gli occhi attoniti di Keith Lamplighter. Vicino a lui, Regan si guardava le mani. Cercò di concentrarsi sul bicchiere nella sua, di mano, dove si rifrangeva il barbaglio rosso di un segnale d’uscita oltre il bancone. «Penserete che sia un modo di dire, ma se foste stati presenti quando è morta mia madre, sarebbe diverso.» Cominciava a sentire un formicolio al braccio, sollevato a un angolo di poco più di cento gradi. «Se ci aveste visti allora, avreste pensato che quanto era successo ci avrebbe distrutti. O almeno, che il rispetto di noi stessi avrebbe imposto di non riempire il vuoto lasciato da lei. Ma per mio padre niente è impossibile. Un padre ha il dovere di far vedere a suo figlio cosa significa essere un uomo e… papà, per quanto grandi siano le differenze tra noi, ci sei riuscito eccome.» Ora fu il turno di William di ridere. La sua voce stava scivolando in un sibilo smisurato che gli ricordò certe notti al Village, e il suo polso piegato ritrovò elasticità. «Immagino sia per questo che mi sono tenuto alla larga dalla virilità, e sono sicuro che ne avrete già ridacchiato tra di voi. Vorrei soltanto ricordarvi che le apparenze non sono tutto. Io non sono solo quello che voi pensate, okay? E anche in mio padre stanno muovendosi cose più profonde… e nell’azienda, e in Felicia e Amory Gould. La cosa più onesta che, secondo me, io o chiunque altro possiamo dire… è che voi, tutti, vi meritate a vicenda. E dunque, dame e vermiluomini, quello che i Gould hanno unito nessun uomo separi. E ora, bando alla timidezza. Vuotate i calici.» E con ciò William III , l’ultimo degli Hamilton-Sweeney, portò il bicchiere alle labbra sapendo che appena l’ultimo sorso di quel vino fosse svanito nella sua gola, sarebbe corso verso l’uscita e verso qualunque cosa lo aspettasse dopo.

Copyright © 2015 by Garth Risk Hallberg
© 2016 Mondadori Libri S.p.A., Milano
published by arrangement with Berla&Griffini Rights Agency

(continua in libreria…)

 

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