Dopo “La Ferrovia Sotterranea” – romanzo che gli è valso il National Book Award e il premio Pulitzer per la narrativa – Colson Whitehead (classe 1969), torna in libreria con “I ragazzi della Nickel”, libro che prende spunto da una storia vera: gli abusi e i misteri racchiusi tra le mura di un riformatorio – L’approfondimento

Dopo La Ferrovia Sotterranea (Sur, traduzione di Martina Testa) – romanzo che gli è valso il National Book Award e il premio Pulitzer per la narrativa – Colson Whitehead (classe 1969, in apertura all’articolo fotografato da Madeline Whitehead, ndr), torna in libreria con I ragazzi della Nickel (Mondadori, traduzione di Silvia Pareschi).

Il romanzo prende spunto da una storia vera: gli abusi e i misteri racchiusi tra le mura di un riformatorio, la Dozier School of Boys in Florida.

Colson Whitehead I ragazzi della Nickel

La storia della vera Dozier ha fatto capolino sulla stampa americana e non solo: come riporta il Guardian, dal 2011, anno di chiusura del riformatorio sono state scoperte sepolture non segnalate di più di cinquanta ragazzi. Le analisi forensi hanno riportato tra le cause dei decessi ferite da arma da fuoco, traumi causati da percosse e grave stato di malnutrizione. Grazie agli esami del DNA e al minuzioso lavoro degli studenti di archeologia della University of South Florida, alcune delle spoglie sono state identificate. E, attraverso i racconti dei sopravvissuti, sono stati svelati i maltrattamenti e gli abusi subiti dagli alunni fino alla fine degli anni Sessanta.

Nel suo nuovo libro Whitehead immagina la Nickel, un riformatorio che è un calco della Dozier, ma che si fa carico anche di tutti gli abusi che sono stati perpetrati in strutture simili.

Anche in questo caso tutto inizia ai giorni nostri, con la scoperta da parte degli archeologi di un passato buio che, chi lo ha vissuto, preferirebbe dimenticare. Proprio come Elwood Curtis, che – ragazzino afroamericano negli anni Sessanta – vi finisce per errore. O meglio, per un brutto scherzo del destino: cresciuto con la nonna nel quartiere afroamericano di Tallahassee, in Florida, è bravo a scuola e lavora dal tabaccaio del quartiere. Grazie al rendimento scolastico ha la possibilità di seguire delle lezioni del college ma, proprio al primo giorno, accetta un passaggio su un’auto che si rivela rubata. La polizia ovviamente non crede nella sua innocenza, e nemmeno lo pensa il giudice, che lo spedisce alla Nickel.

Lì Elwood incontra Turner, un ragazzino di strada che è alla sua seconda permanenza al riformatorio. I due diventano amici nonostante le personalità contrastanti: Elwood crede negli ideali promossi da Martin Luther King e ai soprusi che subisce alla Nickel risponde con gli insegnamenti del Reverendo; Turner, invece, si arrangia come può, spesso rispondendo alla violenza con altra violenza.

Intervistato da Emanuele Trevi per La Lettura, Colson Whitehead ha raccontato di sentirsi vicino a entrambi i personaggi, ma in questo momento storico, in cui Donald Trump è Presidente degli USA, ha ammesso di rispecchiarsi maggiormente nell’atteggiamento da “ragazzo di strada” di Turner.

Risulta difficile non leggere un forte sottotesto politico nel romanzo: tutti i ragazzini rinchiusi alla Nickel vivono un’esperienza orribile, ma più di tutti quelli afroamericani perché segregati, secondo le leggi Jim Crow, e vessati ancor più dei loro corrispettivi bianchi. E, come se non bastasse, i bianchi adulti con cui i ragazzi si trovano a interagire si rivelano, nella maggior parte dei casi, simpatizzanti del Ku Klux Klan.

Anche con questo romanzo Colson Whitehead decide di riscrivere un momento buio della storia americana e di farlo come gli riesce meglio –  come dimostra La Ferrovia Sotterranea: immaginando personaggi che, nonostante la violenza che li circonda, lottano per una vita migliore.

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