“Nei momenti di crisi, nel popolo diventa spasmodica la ricerca di un salvatore, di qualcuno che ponga immediato rimedio alla situazione di degrado della società, alla corruzione, al dilagare del male. Di questa circostanza ne approfittano i falsi cristi, i salvatori della patria”. Su ilLibraio.it la riflessione del biblista controcorrente Alberto Maggi, che ricorda la parabola della zizzania…

Gesù l’avvertimento l’ha dato, e molto chiaro: “Se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, oppure: È là, non credeteci, perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti” (Mt 24,24).

Nei momenti di crisi, nel popolo diventa spasmodica la ricerca di un salvatore, di qualcuno che ponga immediato rimedio alla situazione di degrado della società, alla corruzione, al dilagare del male. Di questa circostanza ne approfittano i falsi cristi, i salvatori della patria che ingannano il popolo con la promessa di un definitivo cambio delle strutture che reggono la società, con un’azione moralizzatrice che porti a radicali purificazioni per sradicare il male, cancellando tutto quel che è stato fatto prima del loro avvento per inaugurare una stagione duratura di sicura trasparenza, onestà, giustizia, con il cittadino unico sovrano e padrone delle sue scelte. La storia insegna che quando questi salvatori vengono seguiti la situazione del popolo anziché migliorare, è sempre peggiorata, e spesso il liberatore si è rivelato un despota.

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Sarebbe da insensati negare il male dilagante, la corruzione che paralizza la crescita umana e sociale, la voracità dei potenti, il cinismo di istituzioni che nate per il bene del popolo si trasformano in organizzazioni onnivore per le quali conta solo il proprio interesse, diventa buono quel che conviene, e vero quel che è utile. La tentazione, antica come il mondo, è di estirpare subito, implacabilmente, questo male, ma già Gesù, in una parabola che ha avuto poca fortuna (l’unico a riportarla è l’evangelista Matteo), andava contro corrente, ostacolando lo zelo giustizialista dei suoi, pronti a far “scendere un fuoco dal cielo” per distruggere chi ostacolava i loro piani (Lc 9,54). Infatti, nella parabola della zizzania, Gesù afferma che ancora più pericoloso del seme tossico mescolato con il buon grano, è l’azione degli zelanti servitori che vogliono estirparlo (“Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. Mt 13,24), per questo lo impedisce, “perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano” (Mt 13,29). Gesù chiede di essere pazienti e di rimandare la selezione alla mietitura, quando sarà evidente quel che è seme buono che alimenta la vita e quello nocivo che la intossica. Gesù intende scoraggiarei suoi dall’erigersi a giudici, invitando a sostituire l’impazienza di chi vuole vedere tutto e subito, all’impegnodi chi collabora a far fiorire situazioni di bene che frenino e ostacolino il dilagare del male. Se l’albero non porta i frutti desiderati, Gesù non lo taglia ma fa di tutto perché la linfa vitale continui a scorrere per portare frutto (Lc 13,6-9).

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Gesù sa che il processo di crescita e di maturazione degli individui è lento, richiede tempo, e ogni accelerazione avrebbe solo effetti devastanti, e richiama alla natura, dove il “terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga” (Mc4,28). Solo allora “quando il frutto è maturo”, è arrivata la mietitura. Pretendere di eliminare lo stelo perché ancora senza frutto significa solo rovinare tutto il raccolto.

La pazienza richiesta per rispettare il ritmo di crescita delle persone e della società, non significa certo abdicare alle proprie responsabilità, e neanche cadere nel fatalismo pessimista di chi sentenzia che il mondo è sempre stato così e mai cambierà, ma collaborare all’azione creatrice di Dio per rendere il mondo secondo il suo progetto d’amore. La prima delle opere del Creatore, fu la luce (“Dio disse: Sia la luce! E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre”, Gen 1,3-4). Nel Prologo al Vangelo di Giovanni, l’autore afferma che “la luce splende nelle tenebre” (Gv 1,5). La luce, immagine di tutto quel che è vita, non è chiamata a sprecare preziose energie per lottare contro le tenebre, figura di tutto quel che produce morte, ma deve limitarsi a splendere: tanto più amplierà il suo raggio d’azione tanto più le tenebre si restringeranno, perché, come Gesù dichiara “chiunque infatti fa il male, odia la luce” (Gv 3,20).

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L’AUTORE – Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» (www.studibiblici.it) a Montefano (Macerata), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre al servizio della giustizia, mai del potere. Ha pubblicato, tra gli altri: Roba da preti; Nostra Signora degli eretici; Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede); Parabole come pietre; La follia di Dio e Versetti pericolosi. E’ in libreria con Garzanti Chi non muore si rivede – Il mio viaggio di fede e allegria tra il dolore e la vita.

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