Marcel Proust (1871-1922) è considerato fra i maggiori scrittori del Novecento per aver dato vita al monumentale romanzo “Alla ricerca del tempo perduto”. L’autore francese affronta tematiche varie ed eterogenee: dal ruolo consolatorio della figura materna all’ipocrisia della mondanità parigina, dalla malattia all’amore come esperienza dolorosa e ingannatrice, passando per la memoria – L’approfondimento sulla sua vita e le sue opere

Valentin Louis Georges Eugène Marcel Proust, ricordato semplicemente come Marcel Proust, è celebrato fra i maggiori scrittori francesi per aver dato vita al monumentale romanzo Alla ricerca del tempo perduto, edito in sette volumi tra il 1913 e il 1927, capolavoro indiscusso della letteratura del Novecento.

Nato a Parigi il 10 luglio 1871, Marcel Proust incarna la convergenza di due discendenze profondamente diverse. Dal ramo paterno, è figlio di un medico borghese, un uomo solido, noto a livello internazionale per il ruolo che ricoprì negli studi sulle malattie infettive. Dal ramo materno, è erede di due figure femminili anticonvenzionali per l’epoca, dotate di un’intelligenza vivace e inusuale: la madre e la nonna, appartenenti a una famiglia ebrea di alto lignaggio, iniziano il piccolo Marcel all’amore per la letteratura, la musica e l’arte, giocando un ruolo fondamentale nella crescita umana e artistica dello scrittore. Grazie all’agiata condizione sociale e economica della famiglia, l’autore della Recherche trascorre le proprie giornate fra i salotti dell’alta borghesia e dell’aristocrazia parigina, che ritrae con raffinata ironia e con uno stile letterario enfatico e inconfondibile. 

Favorito da un eccezionale talento imitativo e da una brillantezza di spirito più unica che rara, l’autore parigino delinea un dettagliato resoconto delle trasformazioni sociali in corso durante la Terza Repubblica francese: la sua opera ritrae Parigi, sconvolta dai fatti della Comune e dagli scombussolamenti della Prima Guerra Mondiale; immortala il crollo della decadente aristocrazia davanti all’imperante ascesa della classe borghese; dipinge alla perfezione vizi e virtù degli ambienti del bel mondo parigino, offrendo al lettore un’importante testimonianza storica e un prodotto artistico di inestimabile valore.

Noto al grande pubblico come autore di riflessioni sulla memoria e sul tempo, Proust affronta tematiche varie ed eterogenee: dal ruolo consolatorio della figura materna all’ipocrisia della mondanità parigina, dalla malattia reale o immaginaria all’amore come esperienza dolorosa e ingannatrice. Nella sua opera trovano posto descrizioni di avvenimenti storici di importante valore testimoniale, come il discusso caso Dreyfus, ma anche racconti privati della desolata vita notturna nelle strade della Ville Lumiere durante il coprifuoco della Prima Guerra Mondiale. Dure e meno note sono le pagine dedicate al tema dell’omosessualità, considerata una pratica per “invertiti”, e alla religione ebraica, apostrofata con parole gravi. 

Nonostante l’ampio orizzonte di temi e contenuti considerati, la monotonia nell’opera di Proust è massima: procedendo per Leitmotiv e ritornelli, dalle opere giovanili al capolavoro della maturità, in ogni pagina figurano le medesime argomentazioni e specificità narrative. La ragione di tale peculiarità risiede nella concezione dell’arte che, considerata un’espressione libera della personalità dell’autore, celata nella vita terrena, riflette uno stile individuale e definisce una verità essenziale, che si distanza da quella fenomenica e rimane invariata in ogni romanzo dell’artista.

Incoraggiata dall’ambizione totalizzante a fissare nero su bianco la summa della cultura moderna, la produzione letteraria proustiana comprende opere quali: la raccolta miscellanea Les Plaisirs et les Jours, il romanzo incompiuto Jean Santeuil, le traduzioni di John Ruskin À la recherche du temps perdu.

I piaceri e i giorni

piaceri e i giorni

Nel 1896 Proust pubblica presso l’editore Calmann-Levy una raccolta di articoli e novelle, accompagnata dall’introduzione del premio Nobel Anatole France. Il titolo dell’opera, I piaceri e i giorni, fa il verso all’antica opera di Esiodo Le opere e i giorni, databile intorno al VII secolo a.C.

La raccolta riprende molti cliché decadenti, seduce il lettore con racconti affascinanti della vita mondana parigina che si ripropongono all’interno della sterminata produzione letteraria dell’autore.

In forma embrionale, i testi de I piaceri e i giorni contengono già il seme che darà vita al capolavoro proustiano: il dramma della buonanotte che dall’infanzia condiziona tutta l’esistenza umana, i costumi e le abitudini dell’alta società, le evocative descrizioni paesaggistiche e la problematizzazione del concetto di arte. 

Jean Santeuil

Jean Santeuil

Mentre Proust si dedica alla scrittura di Les Plaisirs et les Jours, si trova costretto a fare i conti con un crescente senso di colpa. 

Affranto dall’idea di non aver composto niente di serio, matura la decisione di dedicarsi alla scrittura di un romanzo di grande respiro.

Considerato a posteriori come una sorta di prova generale della Recherche, il Jean Santeuil, composto fra il 1895 e il 1901 e pubblicato postumo solo nel 1952, è il primo scritto proustiano in forma romanzesca.

Mai portato a termine, il romanzo deve il titolo al suo protagonista, una figura che richiama lo stesso Proust, sulla quale verrà ricalcato il personaggio dell’innominato narratore della Recherche. Il primo romanzo dell’autore riflette, seppur nella forma di un tentativo abbozzato e incompleto, la volontà di chiudere entro i confini di un’opera d’arte le più importanti manifestazioni della cultura del suo tempo. Ciò che manca al Jean Santuil, secondo la critica, è l’architettura compositiva, la rete rizomatica di impressioni che Proust intesserà solo alcuni anni più tardi.

Traduzioni di Ruskin

All’epoca in cui le sue opere facevano adepti in tutta Europa, John Ruskin, teorico dei preraffaelliti, estimatore dell’arte medioevale creata e infiammata dalla fede in Dio, svolge un ruolo fondamentale nella formazione artistica di Proust. 

Sostenuto dall’aiuto della madre, eccellente conoscitrice della lingua inglese, portando a compimento un valido lavoro filologico, Proust inizia la traduzione dei testi di Ruskin nel 1900. Pubblica nel 1904 La Bible d’Amiens, e nel 1906 Sésame et les lys. L’opera di Ruskin è per Proust un incentivo a compiere una serie di viaggi alla scoperta delle chiese gotiche di tutta Europa.

Il culto dell’architettura medioevale condiziona l’organizzazione della materia narrativa nella Recherche, costruita secondo il modello della cattedrale, in cui ogni dettaglio è perfettamente inserito nella struttura generale e concorre parimenti al significato complessivo.

La metafora architettonica è una delle più frequenti nella Recherche, eguagliata per numero di riferimenti solo dalla Tetralogia wagneriana. L’ambizione sovrumana che si nasconde dietro l’imponente cattedrale gotica diventa simbolo della volontà proustiana e celebra l’artista come un titanico creatore che, per mezzo dell’arte, supera la limitatezza delle fragili risorse umane.

Contro Sainte-Beuve

Contro Sainte-Beuve

Nel 1908 Proust dà inizio a un testo saggistico, composto in forma di dialogo con la madre, con il quale si propone di contestare il metodo largamente diffuso indicato dal critico letterario Charles Augustin de Sainte-Beuve, che stabiliva la necessità di conoscere a fondo sia la biografia dell’autore sia il prodotto della sua attività artistica. Sostenendo la totale estraneità dell’oggetto artistico dalla vita, dalla morale e dalle abitudini sociali del suo creatore, Proust si contrappone nettamente a tale visione. 

La concezione degli studi letterari proposta da Proust e portata avanti dal poeta simbolista Charles Baudelaire, si pone a fondamento della moderna critica letteraria. 

Fra le motivazioni della ferma avversione all’impianto teorico messo in piedi da Sainte-Beuve, si nasconde una questione di natura personale: il timore dell’autore di essere svelato ai contemporanei e ai posteri nella sua vita privata che riteneva indegna e priva di alcun interesse.

Alla ricerca del tempo perduto

Alla ricerca del tempo perduto

Scritta a letto, attraverso una modalità compositiva che rimase leggendaria, negli anni di un lungo isolamento nella residenza parigina, la Recherche può essere considerata un’opera-mondo, così definita per la sottesa ambizione letteraria e filosofica totalizzante. Sussiste la volontà di inglobare la totalità dell’orizzonte umano e culturale di riferimento. Nel romanzo si osservano, dispersi fra le intricate vicende che danno vita a una narrazione ampia e complessa, oltre a profondi riferimenti agli aspetti fondamentali che caratterizzano la vita di ogni essere umano, richiami precisi alle più importanti questioni di natura culturale e sociale dell’epoca. Nata da un’iniziativa di tipo saggistico, dal tentativo abbozzato del Contre Sainte-Beuve, la Recherche finisce per definirsi come un saggio-romanzo, un genere ibrido in cui la contaminazione fra teoria e narrazione è molto forte.

Il romanzo vede un protagonista con evidenti rimandi autobiografici, passare attraverso le diverse tappe della propria esistenza che appaiono, in un’ottica retrospettiva chiarificatrice, come gli ostacoli necessari per giungere alla rivelazione dell’arte.

I godimenti effimeri della vita mondana e l’ebbrezza illusoria dell’amore si palesano nella Recherche come occasioni inconcludenti, nell’attesa che l’arte, unica fonte di bellezza e di ordine, risollevi le sorti dell’esistenza terrena. La terra promessa dell’arte si rivela al protagonista solo al termine del romanzo nella forma di una vocazione letteraria che lo induce alla decisione di dar vita a un libro che il lettore intuisce velatamente trattarsi della stessa Recherche. L’opera evidenzia un sistema di valori che contrappone un assoluto nichilismo nell’esistenza umana a una fede irremovibile nell’arte.

L’eccezionalità del lavoro di Proust risiede in gran parte nella virtuosa orchestrazione dei modelli che Proust mette in atto, accostando le suggestioni di varia natura: la melodia infinita wagneriana; l’arte futurista di Picasso, capace di svelare l’essenziale; i complessi riferimenti biblici; la struttura compositiva de Le mille e una notte; la fusione delle arti dei Ballets Russes; Dostoevski, celebrato da Proust come maestro di libertà creativa; le musiche di Debussy fino al Battistero di San Marco, luogo simbolo della grande rivelazione che si compie nel romanzo. I riferimenti culturali in Proust, sempre intessuti nella maglia narrativa, creano una sorta di criptotesto che amplia il tessuto concettuale dell’opera facendo si che, ad ogni rilettura, sveli significati inediti. Un’ambizione che si riflette a livello microscopico anche nel singolo periodo: frasi dal respiro interminabile danno vita a una musica di allitterazioni che orienta e, al tempo stesso, stordisce il lettore.

Scritto tra il 1909 e il 1922 e pubblicato nell’arco di quattordici anni, tra il 1913 e il 1927, la Recherche è suddivisa in sette volumi: Du côté de chez Swann (1913), À l’ombre des jeunes filles en fleurs (1919), Le Côté de Guermantes (1920), Sodome et Gomorrhe (1921-1922), La Prisonnière (1923), Albertine disparue anche conosciuto come La Fugitive (1925), Le Temps retrouvé (1927).

Una complessa questione editoriale ha accompagnato la gestazione dell’opera: il primo volume, respinto dall’editore Gallimard su consiglio di André Gide, viene pubblicato a spese dello stesso Proust da Grasset nel 1913 e i tre volumi conclusivi, non rivisti in maniera definitiva dall’autore, vengono pubblicati postumi dal fratello Robert.

Intricata e poco lineare è stata anche la dinamica compositiva dell’opera che, in un primo momento, vede l’autore ipotizzare una struttura a tre volumi che scandiscono l’inizio, lo svolgimento e la conclusione della vicenda narrativa. L’espansione del progetto proustiano ruota intorno al personaggio di Albertine, una giovane donna con cui il narratore/protagonista instaura una complicata storia d’amore, caratterizzata da una gelosia ossessiva. Ricalcata sulla figura di Alfred Agostinelli, dattilografo e autista di Proust con cui lo scrittore ebbe una relazione tormentata, è a causa di Albertine, protagonista di quello che viene indicato anche come il “ciclo di Albertine”, che l’opera si dilata nel mezzo della struttura narrativa iniziale.

In sintonia con le tecniche adoperate dai grandi maestri della narrazione di primo Novecento, l’opera proustiana concentra l’attenzione sulla vita interiore dei suoi protagonisti, forzando il tradizionale concetto di romanzo. Il tempo, secondo la visione dell’autore, rispecchia l’interiorità dei protagonisti, a discapito della trama tradizionalmente intesa. L’architettura prospettica del ricordo si eleva rispetto al susseguirsi del tempo in divenire: la realtà temporale a cui si giunge è una sorta di atemporalità. Il presente e il passato si fondono nella concezione filosofica del tempo. 

Marcel Proust muore nel 1922, all’età di 51 anni, ancora intento nella scrittura del suo titanico progetto letterario che non abbandonò fino all’ultimo giorno di vita.

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