“La lingua italiana rappresenta non solo uno straordinario patrimonio culturale, ma un bene comune di cui è fondamentale prendersi cura. L’italiano siamo noi”. Su Change.org Inizia l’appello del linguista Giuseppe Antonelli

“La lingua italiana non ha mai avuto un suo museo. Un museo grande, articolato, tecnologico come quelli dedicati ad altre lingue. A dispetto di proposte e tentativi, quel museo è rimasto un sogno. Questa petizione è un modo per avviare la realizzazione di quel sogno. Solo con l’impegno diretto del ministro Franceschini e del Ministero per i beni culturali si potrà concretamente realizzare quel progetto di un Museo della lingua italiana per cui da tempo collaborano le grandi istituzioni culturali che nel nostro Paese si occupano della lingua: l’Accademia della Crusca, la Dante Alighieri, l’Accademia dei Lincei, l’Associazione per la Storia della lingua italiana, l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani. La lingua è da sempre lo specchio di una società e l’italiano non fa eccezione. Porta in sé – stratificati – secoli e secoli di storia, ma continua a riflettere – giorno per giorno – l’evoluzione del nostro costume, della nostra mentalità, delle nostre abitudini. La lingua italiana rappresenta non solo uno straordinario patrimonio culturale, ma un bene comune di cui è fondamentale prendersi cura. L’italiano siamo noi”. Inizia così l’appello del linguista Giuseppe Antonelli, che già in tremila hanno firmato su Change.org.

Prosegue Antonelli: “Quello a cui pensiamo è un grande Museo della lingua italiana – dinamico e interattivo – in cui siano esposti non solo documenti, ma oggetti di vario tipo che possano di volta in volta evocare una parola, un’idea, una questione, un’epoca. Un allestimento multimediale e interattivo che, evidenziando i momenti salienti della storia dell’italiano, restituisca a ogni visitatore l’immagine di una grande lingua cultura. Una lingua capace di affrontare e vincere le sfide sempre nuove imposte dal progredire del sapere, del costume, della tecnica. Perché le mode cambiano, ma l’italiano resta”.

 

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