“Perché, a fronte di vendite stellari, i libri per l’infanzia non sono considerati un prodotto culturale di cui occuparsi? È difficile trovare una lunga recensione a un libro per bambini sui quotidiani, sulla tv nazionale, sui blog culturali più diffusi. Gli intellettuali che si occupano anche di letteratura per bambini nel nostro paese sono pochissimi”. Su ilLibraio.it la riflessione di Susanna Mattiangeli, in libreria con “Matita HB”. L’autrice, che cita Rodari, sottolinea: “Credo molto nel potere dello sguardo e sono certa che sia necessario recuperare un punto di vista ad altezza bambino”

I gioco degli “anche”

Ogni volta che leggo o ascolto l’espressione “letteratura per bambini”, il mio cervello automaticamente aggiunge un “anche”. Mi viene in mente cioè l’aspetto fluido di questa specifica produzione letteraria, perché, credo, la migliore scrittura per bambini mantiene un margine entro cui far entrare altri lettori.

Penso a una letteratura scritta anche a misura di piccoli e avvicinata senza pregiudizi anche dagli adulti.

Dove sono però questi pregiudizi se i libri per ragazzi si continuano a vendere tanto, più di tutti gli altri? Non sono gli adulti a mediare, ad acquistare, a porgere un libro?

Qualche settimana fa è uscito su Il Tascabile un articolo di Roberta Fulci che, raccontando la fortuna dell’editoria per ragazzi, fa cenno all’imponenza della produzione commerciale e alla difficoltà di individuare in questo mare sterminato la buona letteratura, quella che stimola a seguire ragionamenti, a conoscere parole nuove o insoliti usi della lingua.

Per orientarsi ci sono le librerie e le riviste specializzate, ma per formarsi un gusto e una competenza ci vuole tempo che spesso si preferisce risparmiare fidandosi delle classifiche di vendita. Del resto è difficile trovare una lunga recensione a un libro per bambini sui quotidiani, sulla tv nazionale, sui blog culturali più diffusi. Gli intellettuali che si occupano anche di letteratura per bambini nel nostro paese al momento sono due, forse tre, non so.

Perché, a fronte di vendite stellari, i libri per l’infanzia non sono considerati un prodotto culturale di cui occuparsi?

Mi piacerebbe che non ci fosse bisogno di avere figli, di essere esperti del settore o insegnanti appassionati ma che semplicemente ci si interessasse alla letteratura in generale, che può in certi casi essere pensata per essere letta anche da chi è nato dopo di noi.

Questo perché sogno un mondo senza barriere tra le persone, tra le discipline, tra le generazioni; che non consideri i bambini solo dei clienti, né degli esseri agitati da intrattenere, né dei futuri qualcosa, ma dei nostri contemporanei, dei cittadini un po’ più bassi.

Pensiamo a come sarebbe una società in cui i libri rivolti ai bambini fossero letti e studiati da tutti gli intellettuali, da tutti gli appassionati di libri e non solo dagli specialisti. In cui i bambini non fossero oggetto di culto o di sfruttamento ma un argomento interessante.

Forse ne trarrebbe vantaggio l’intera produzione culturale di massa? Forse si innescherebbero benefiche reazioni a catena?

Chi lo sa. Siccome però il futuro è tutta una questione d’immaginazione, allora così, tanto per esercitarci, immaginiamo una scena, ambientata nel giugno di un prossimo duemilaqualcosa, in una qualunque scuola superiore di un paese lungo e democratico nel mezzo del mediterraneo.

Personaggi:

COMMISSARIO DI ESAME

STUDENTESSA

STUDENTE

INTERNO DELL’AULA MAGNA, GIORNO.

COMMISSARIO DI ESAME, aprendo la busta:         RAGAZZI, IN BOCCA AL LUPO!

STUDENTESSA, sottovoce:            “Il candidato individui e commenti le scelte stilistiche, lessicali e sintattiche operate dall’autore nel testo. Sulla base dell’analisi condotta, si interpreti il testo e lo si inserisca nel contesto letterario e culturale del Novecento.” Argh, Rodari, tosto.

STUDENTE sottovoce:                   Noi quest’anno lo abbiamo fatto bene, ho tanti appunti con me, se vuoi te li passo.

STUDENTESSA, contorcendosi:   Aveva ragione mia madre: “…e Rodari? Sei matta a non ripassare?” Mi mangerei le mani…

STUDENTE bisbigliando:              Dai, buttati!

STUDENTESSA ad alta voce:        Macché, Rodari va studiato bene, non me la sento. Faccio la traccia di storia, sulla fine del cattivismo.

STUDENTE  sbottando:                  ODDIO! QUEL PERIODO DEPRIMENTE!

COMMISSARIO DI ESAME :        RAGAZZI, IO CAPISCO  BENE L’EMOZIONE, MA CONCENTRATEVI.

STUDENTESSA, sussurrando :    …sì, ma ho già in mente tutti i collegamenti: descrivo gli anni dell’Odio: l’ignoranza, le false notizie eccetera e poi passo subito a spiegare la rivoluzione educativa, i grandi aumenti di stipendio agli insegnanti e tutta quella roba lì…giusto?

STUDENTE                                      Sì, in fondo sono quattro cose. Però non dimenticare il superamento degli stereotipi, eh, soprattutto quelli di genere, vogliono sempre un paragrafo su quello. Buon esame, amica.

STUDENTESSA                             Sì, giusto, lo chiedono, soprattutto il Prof. Ahmeedi. Buon esame a te.

(Sipario)

Questo è solo il mio esperimento, ognuno può fare il suo. Come molti della mia generazione, ho un particolare legame con la scrittura di Rodari: aspetto il centenario del 2020 sperando che, oltre ai santini e ai festeggiamenti, qualcuno si decida a collocarlo tra gli scrittori del Novecento, concedendogli più spazio nei manuali di letteratura di quelle due righe che possiamo leggere adesso. Non sono sicura che questo risolverebbe tutti i mali del paese, ma forse sarebbe un inizio. Credo molto nel potere dello sguardo e sono certa che sia necessario recuperare un punto di vista ad altezza bambino: capire cosa si vede, cosa si può desiderare, cosa è possibile fare e non fare da quell’angolazione. Stando attenti agli spigoli, certo.

Che grande rivoluzione culturale sarebbe, che ginnastica per la schiena e per il cervello.

L’altro giorno, mentre ero in una libreria per ragazzi, è entrata una signora che ha chiesto un libro per una bambina di 10 anni.

“Ma non queste cose stupide” ha detto indicando lo scaffale che raccoglieva tante pubblicazioni diverse, incluse le più belle per quella fascia di età. “Un classico, per piacere.”

Alla fine è andata via con un aggeggio di stickers brilluccicosi.

Il futuro duemilaqualcosa è ancora lontano, credo, ma io continuo a immaginare.

Susanna Mattiangelci

L’AUTRICE E IL LIBRO – Susanna Mattiangeli è una delle “nuove” voci della nostra letteratura per ragazzi. Nel 2018 è stata finalista al Premio Strega Ragazzi con I numeri felici, e ha vinto il Premio Andersen come Miglior Scrittrice. Per Il Castoro ha pubblicato gli albi Come funziona la maestra, Avete visto Anna? e Uno come Antonio. Dal canto suo, Rita Petruccioli ha uno stile unico e immediato. Le sue opere sono state esposte in Italia, Francia, Germania e Corea. Molto apprezzata nell’editoria dell’infanzia e del fumetto, ha collaborato con le maggiori case editrici italiane. Il suo ultimo libro, Frantumi, è uscito per Bao Publishing.

Susanna Mattiangelci

Mattiangeli e Petruccioli ora pubblicano per Il Castoro Matita HB, un libro illustrato. Nel suo quaderno, Matita HB – ovvero Tita, la protagonista del volume – scrive tutto quello che vuole: le sue avventure di scuola, con la maestra inflessibile e quell’antipatica di Seppia Catarroni; i bigliettini, i patti e le ricette segrete che si scambia con Nora, la sua migliore amica; i giochi imprevedibili che fa con suo fratello; e anche quello che succede ogni volta che vede Iacopo Donati (che, detto fra noi, le piace proprio tanto).  Tita inventa storie e poesie, disegna, scrive lettere a se stessa da grande e adora il fumetto di Powercat, di cui saprebbe raccontare mille episodi. Insomma, questo quaderno racchiude la vita reale e immaginaria di una bambina come tante, talmente vivace e inarrestabile che non potrete fare a meno di volerle bene…

 

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