Andrea Marcolongo racconta su ilLibraio.it com’è nato il nuovo libro, “La misura eroica”, arrivato dopo il bestseller “La lingua geniale”, dedicato al greco: “Felicità e paura insieme sono le emozioni che ogni viaggio della vita suscita negli esseri umani, a partire da Giasone e Medea in viaggio a bordo di Argo…”

Ricordo che quando, nel 2016, il mio primo libro fu pubblicato, il mio adorato babbo al telefono mi chiese: “ma lo vendono davvero, intendo in libreria?”. Non stava scherzando. Lo rassicurai, non mi offesi. Anzi, dentro di me concordai sulla singolarità della circostanza, ripensando a tutti coloro che mi avevano detto mi dispiace quando avevo scelto di studiare greco e latino, come se andassi incontro a inevitabile sciagura, naufragio certo.

Quando ormai era appurato che sì, il libro lo vendevano davvero nelle librerie, stavo tornando in Italia dopo un inverno a Sarajevo. Per non perdere nemmeno un’occasione di incontrare i miei lettori avevo accettato una presentazione a Gorizia, appena superato il confine con la ex Yugoslavia.

Dopo settecento chilometri, arrivai in libreria direttamente da quello che chiamo il mio altro mondo con la macchina carica di pacchi, vestiti, i miei due cani, ma  nessuna avvisaglia di ciò era successo durante la mia assenza in Italia -dall’altra parte dell’Adriatico le notizie arrivano sempre in differita, ottuse, se arrivano.

Fu allora che sentii per la prima volta la frase che poi mi è stata ripetuta per mesi – e per cui i miei amici mi presero a lungo bonariamente in giro: il greco va di moda!”. Restai sbigottita. Pensai a un errore. Se era una battuta, non l’avevo capita. O non l’avevo mai sentita.

Un anno dopo quell’inverno sono tornata a scrivere e per farlo sono tornata all’antico. Perché il greco e il latino sono da sempre la mia bussola per orientarmi nell’invisibile e nell’umano. E soprattutto nel presente, moderno barato che richiede una profondità da palombari per capirlo.

Credo fermamente che il passato, l’antico che abbiamo davanti a noi, sia oggi il modo migliore per decifrare il contemporaneo – e per evitare che il futuro ci colpisca alle spalle, temuto e sconosciuto.

Tuttavia, prima di rimettermi in viaggio nella scrittura, quella frase sentita tante volte mi spaventò. A essere onesta fino in fondo, come sono tenuta a esserlo, mi fece una paura folle. Puro terrore.

Ci doveva essere un pericolo concreto, dovevo stare bene in guardia se persino mio padre si era messo a dire in giro, tronfio, che sua figlia “scriveva di greco”. Quando mi ero immatricolata all’Università l’aveva presa malissimo -vada per tutti i tatuaggi, ma Lettere Classiche proprio no.

Quell’antico che era stato per sempre il mio personale rifugio dal frastuono del contemporaneo si era fatto di colpo insidioso, sospetto. E rumoroso a sua volta. Iniziai a fuggirlo. A evitarlo. Non ne volevo sentire parlare. E soprattutto non ne volevo scrivere mai più.

Credo che il modo migliore per conoscersi davvero sia osservare, da dentro, come ci comportiamo quando siamo assolutamente liberi di scegliere. È stato dopo mesi di dubbi, di pensieri inquieti e di notti agitate che ho capito che scappare dall’antico e ostinarmi a scrivere di altro, di qualunque cosa d’altro (fosse anche di botanica), purché non riguardasse quel greco cui sempre ricorro quando sono confusa, era il modo migliore per non scrivere niente.

E quindi di non scegliermi.

Questo libro parla proprio della scelta di essere pienamente se stessi per essere felici, in quel nostro piccolo che è in realtà il nostro immensamente grande. E quindi parla anche di tutta la paura che questa decisione porta con sé. Felicità e paura insieme sono le emozioni che ogni viaggio della vita suscita negli esseri umani, a partire da Giasone e Medea in viaggio a bordo di Argo.

Capii allora che, per scrivere, c’era un unico modo: viverle entrambe su me stessa e mettermi di nuovo in viaggio, un’altra volta ancora. Vivere e scrivere vanno di pari passo, almeno per me. Non so scrivere di ciò che non ho vissuto, o almeno non allo stesso modo.

Anzi, mi correggo: vivere, scrivere e amare. Non so scrivere di ciò che non amo davvero. Questa sono io, e questa è la misura di questo mio nuovo libro.

La misura eroica

IL NUOVO LIBRO DI ANDREA MARCOLONGO – Dopo il bestseller La lingua geniale (Laterza), in cui ha mostrato quanto profonde siano le tracce lasciate dal mondo greco nella nostra contemporaneità, Andrea Marcolongo (nella foto di Paola Colaiocco, ndr) torna in libreria con La misura eroica (Mondadori) e racconta il suo personale viaggio verso quella agognata Itaca che è per tutti l’età adulta. Forse l’unico modo, sicuramente il più sincero, per rispondere alle domande dei suoi tanti lettori. C’è ancora posto per il passato nel nostro futuro? Perché la paura deve essere necessariamente un sentimento di cui vergognarsi? Perché non ci siamo mai sentiti così soli nella storia dell’umanità? Perché ogni giorno tutti noi – umani e contemporanei Argonauti – navighiamo attraverso i mari per diventare diversi da come eravamo quando abbiamo lasciato la riva? La misura eroica ci ricorda quello che ogni viaggiatore dovrebbe sapere. Qualunque meta non è mai il punto di arrivo, ma è innanzitutto il punto di svolta: il senso di qualunque scelta, di qualunque viaggio, non è il dove si arriva, ma il perché si parte.

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