Una madre surrogata tra i protagonisti dell’ultimo romanzo di Barbara Alberti, “Non mi vendere, mamma!”. Ne parla su ilLibraio.it la scrittrice Yasmin Incretolli

Asia non ha mai conosciuto sua madre. Da quella carne è affondata direttamente in uno scatolone che il gioco del destino ha recapitato nell’orfanotrofio che accoglierà anche lo scapestrato Lillo, er Penombra, lui diventerà la debolezza su cui Asia brucerà la propria innocenza. Una volta adulta, per esaudire le dipendenze del ragazzo, diventerà ladra e prostituta. Finché i ricavi delle marchette davanti l’ingordigia tossicomane perderanno uno a zero, e per salvarsi dagli spacciatori infuriati, Lillo, affitterà l’utero della ragazza a due ricchi americani; corrotti, e pure bugiardi.

Non mi vendere mamma

Però, cinque mesi dopo la fecondazione, avvenuta in una costosa clinica del Canton Ticino, succede qualcosa che rischia di vanificare i loro obiettivi. Asia sente una vocina che dice

— “Ma che sei scema mamma ? Ma che davvero mi vuoi dare a quei due?”.

La madre surrogata approda in narrativa nell’ultimo romanzo di Barbara Alberti. Non mi vendere, mamma! (nottetempo) è una fiaba sguainata contro la cultura iper-capitalista contemporanea che ci sta rendendo oggetti per il mercato, definita in passato dall’autrice con l’espressione “carro funebre”.

Ma, sebbene le argomentazione etiche che emergono dal testo siano articolate (capisco, possono esserlo per quei cuori sbarrati), il piglio ironico che percorre la storia le lascia digerire con ragionevolezza, senza forzare la mano con retoriche grossolane.

Chico, il bambino che sta crescendo nel ventre di Asia, prende parola verso metà romanzo, ricorda un po’ il grillo parlante di Collodi e il Gian Burrasca di Vamba. Ha un’anima antica, la usa come atlante durante il viaggio che fa percorrere ad Asia per convincerla a tenerlo con lei. Le sussurra poesie, canzoni, narra storie e trasmette film dietro le sue palpebre, per educarne i sentimenti ed estirparle l’ignoranza da ragazza povera che tanto conviene a chi vuole approfittarsi di lei, del suo corpo.

L’espediente punta la coscienza sia della protagonista, sia del lettore, mi ha ricordato – tra l’altro – Pen Light di Ryū Murakami, un racconto che ho amato moltissimo, contenuto nell’antologia Tokyo Decadence. Dove la protagonista condivide se stessa con lo spirito di una ex-soprano che la guida verso le scelte più corrette.

Se dovessi definire Non mi vendere, mamma! in una parola, l’apostroferei denso. In un centinaio di pagine ho riso, pianto, sono stata in apprensione, mi sono incazzata e anche innamorata. Perciò ammetto che l’ultimo lavoro di Barbara Alberti è sicuramente uno dei migliori romanzi letti quest’anno.

Termino con una nota molto interessante rivelata dalla stessa durante la recente presentazione a Più libri Più liberi. Ossia che il personaggio di Chico può essere una metafora della scrittura. Se per scrittura intendiamo quella direttiva invisibile al disopra dell’artista, nel quale si concretizza in una forma di spiritismo, accompagnamento, già menzionata da Luigi Pirandello: “Scrivo inconsciamente come se qualcosa che non è in me mi dettasse pensieri e immagini”.

Yasmin Incretolli

L’AUTRICE – Yasmin Incretolli, (nella foto sopra, ndr), 22 anni, scrittrice esordiente, ha ottenuto la Menzione speciale al Premio Calvino 2015 con il suo primo romanzo: Mescolo tutto (pubblicato da Tunuè). La storia è quella di Maria, una diciannovenne autolesionista che si innamora di Chus, vent’anni e un’indole da teppista. La loro storia degenera velocemente in una dipendenza, e quando Maria viene lasciata, decide di scappare verso il nord del paese, dove incontrerà i personaggi più curiosi. Il tutto è raccontato in una lingua originale; quella di Yasmin è una scrittura d’altri tempi: aulica, ricercata e quasi barocca.

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