“Ormai i miei scaffali sono lunghi oltre mezzo chilometro…”. Su IlLibraio.it l’intervento dell’editore, presidente della Marsilio, che spiega il criterio con cui ordina i suoi moltissimi libri
di Cesare De Michelis*
La biblioteca di una persona si forma nel tempo a specchio di chi la raccoglie; dapprima lentamente, un volume per volta, scelto, letto e spesso almeno un po’ amato; quindi più in fretta, mentre il desiderio si accende a qualsiasi offerta e la collezione cresce sempre più smisurata, invadendo ogni spazio e al tempo stesso smarrendo ogni ordine, fino al punto che spesso ti accorgi di aver raccolto persino un doppione.
È andata così anche nel caso mio e i primi libri conservano inequivocabili i segni antichi di un possesso e di essi ricordo ancora la festosa accoglienza che ricevettero, l’emozione della scoperta e la gioia di farlo mio, certo nei contenuti, ma anche nella sua fisica concretezza, nella sua veste variopinta – negli anni cinquanta le copertine finalmente erano colorate, nel suo formato, simile certo, ma al tempo stesso per piccole differenze nel rifilo sempre diverso, nella sua carta ancora morbida e luminosa ecc.
Poi le scelte professionali, che sempre si confondevano con accese passioni, alimentarono un autentico “furore d’aver libri” (la definizione compare nel secondo volume dell’Encyclopédie per definire la bibliomania, nel 1758), perché la curiosità si alimenta da sé: per un verso una maggior disponibilità economica del collezionista, per l’altro il minor prezzo dei libri nuovi, infine l’ampiezza degli interessi del lettore restio a qualsiasi “specialismo”, imposero la necessità di dare un ordine alla biblioteca che consentisse di ritrovare quel che vi cercavo.
Facile a dirsi, ma in realtà qualsiasi risposta si scegliesse, tra le molte che la tradizione suggeriva, comportava il riconoscimento delle ragioni della scelta originaria e dall’altro la capacità di immaginare quelle che ne avrebbero sollecitato la ricerca successiva, per di più negli stessi anni sessanta il sistema delle discipline che era stato alla base di qualsiasi ordinamento del sapere e era letteralmente esploso: l’ordine insomma doveva trovare fondamento nelle scelte del lettore e rivelare il carattere della raccolta, la sua stessa identità, e pertanto non poteva essere mutuato dall’esperienza altrui, se non rinunciando a fare i conti con lo sconquasso che intanto travolgeva il sistema culturale radendo al suolo ogni argine pretendesse di trattenere e indirizzare il corso del sapere.
L’ordine dei libri si era affidato soprattutto a quello delle discipline, che rispecchiava quel sistema del sapere che la modernità aveva preteso di mettere in crisi con la pratica dell’interdisciplinarietà, ricorrendo all’alfabeto o alla cronologia, alle lingue nazionali solo successivamente; ora invece si doveva e si deve procedere in solitudine, senza il supporto di regole o consuetudini, esattamente come succede dopo una catastrofe ben sapendo che quanto è stato distrutto non si potrà né ricostruirlo né restaurarlo e che tuttavia non c’altro modello cui ispirarsi che il ricordo del mondo com’era.
Ormai i miei scaffali sono lunghi oltre mezzo chilometro, cinque, uno sopra l’altro, sono più di cento metri, e sostengono suppergiù sessantamila volumi, volumetti e opuscoli, spesso accompagnati dai ritagli degli articoli che ne parlarono, da una prima effimera bibliografia; nel tempo ho provato a colmare le lacune più gravi che individuavo, ma soprattutto ci sono riuscito sui temi e gli autori che ho personalmente studiato, perché per riconoscere i libri giusti bisogna prima sapere quali sono.
*L’autore è presidente della Marsilio Editori