“Sapevo che molto probabilmente avrei trovato un editore se mi fossi proposto con il mio nome. Ma io non volevo trovare un editore a me, volevo trovare un editore alla mia storia. Qualcuno che se ne innamorasse. Essere una poesia, prima ancora che un poeta”. Su ilLibraio.it, Davide Mosca, appena tornato in libreria con “Breve storia amorosa dei vasi comunicanti”, il suo libro più sentito, spiega la scelta di proporre il manoscritto alle case editrici senza svelare la propria identità

Certe volte crediamo di voler diventare poeti, quando in realtà desideriamo solo essere poesia.

A vent’anni sognavo di fare lo scrittore, ora desidero solo raccontare una storia. Dieci anni fa mi imbattei in una vicenda incredibile che mi colpì nel profondo. La lasciai dentro di me, come un seme nella terra. Non sentivo l’urgenza di portarla alla luce, avevo imparato la pazienza ancestrale del contadino. Era una vicenda piena di dolore, ma il dolore era soltanto il tegumento del seme. Aspettavo che si schiudesse.

Ho aspettato dieci anni. Come mi sono accorto che era finalmente pronta per essere raccontata? Perché tutte le altre avevano perso di importanza ai miei occhi. O quella, o nessun’altra. Come sapevo che era quella giusta? Perché, come diceva Dostoevskij, avevo paura a raccontarla perfino a me stesso. Spesso si consiglia di scrivere ogni libro come fosse l’ultimo, come se uno dovesse morire il giorno dopo. Io ho preferito scriverne uno come se fosse il primo.

L’ho raccontata con il trasporto di chi non ha nulla da perdere e nemmeno gliene importa, con lo stesso entusiasmo provato da Remo, il protagonista, quando ha sentito la vita tornare a fluire nel suo corpo bistrattato, con la medesima levità con cui Margherita ballava la sua danza di guerra contro un mondo incurante e accusatorio, e soprattutto con la sensazione che se non l’avessi raccontata sarebbe rimasta per sempre nascosta, e sarebbe stato un peccato, il mio peccato, perché mi era capitata tra le mani una buona notizia e non l’avevo condivisa. E che cosa c’è di più bello di dare una buona notizia a qualcuno?

Sapevo che molto probabilmente avrei trovato un editore se mi fossi proposto con il mio nome. Ma io non volevo trovare un editore a me, volevo trovare un editore alla mia storia. Qualcuno che se ne innamorasse. Essere una poesia, prima ancora che un poeta.

Per questo con il mio agente abbiamo deciso di inviare il manoscritto agli editori senza rivelare chi fosse l’autore. Ci sono state numerose manifestazione di interesse. Agli editori che hanno preteso di conoscere il nome dell’autore prima di fare la loro offerta, abbiamo risposto no grazie.

Altri hanno accettato il rischio. In fondo, dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva. Ed è tutto ciò che cerco.

davide mosca

L’AUTORE E IL SUO NUOVO LIBRO –  Remo e Margherita sono giovani e smarriti, imprigionati entrambi in un corpo inospitale: lui soffre di bulimia, lei è anoressica. Almeno fino a quando non si imbattono l’uno nell’altra. E scoprono che insieme ci si può salvare.

Davide Mosca, (Savona, 1979), scrittore che vive e lavora a Milano, dove dirige la libreria Verso, è tornato in libreria con il suo libro più sentito, Breve storia amorosa dei vasi comunicanti (Einaudi Stile Libero), una storia d’amore vera e umanissima, piena di ombra e di luci.

Come spiega lui stesso in questa riflessione per ilLibraio.it, ha scelto di proporlo agli editori senza usare il suo vero nome. Una decisione piuttosto insolita. Mosca non è un’esordiente. Ha all’attivo diversi libri, tra cui Le notti nere di Praga (Mondadori), Non colpevole (Newton Compton), La cripta dei libri profetici (Newton Compton), Il profanatore di biblioteche proibite (Newton Compton), Più sicuri Più sicuri di sé con Raymond Chandler (Chiarelettere), oltre a biografie e altri romanzi storici.

Evidentemente, però, Breve storia amorosa dei vasi comunicanti è un libro molto diverso dai suoi precedenti.

Remo ha ventiquattro anni e l’ultimo trascorso è stato terribile. L’ha passato chiuso in casa, a mangiare senza sosta, ingrassando fino a superare i cento chili. Stanca della sua indolenza da fallito, la fidanzata l’ha pure lasciato.

Una sera, in un bar che frequenta con dei vecchi amici, Remo conosce Margherita. Lei fa l’ultimo anno di liceo e di sera lavora nel ristorante di famiglia fino a tardi. È appassionata, curiosa, un po’ irascibile. Ed è bella, anche se pesa meno di quarantacinque chili. Quella sera cominciano a parlare e da allora non smettono più. Passeggiano sulla spiaggia d’inverno, inseguono la luce abbagliante della riviera ligure, si aprono l’un l’altra. Pian piano si innamorano, senza mai dirselo, forse senza neppure rendersene conto. La notte di Capodanno salgono sulla bilancia per la prima volta. Lui pesa settanta, lei cinquanta. Che sia l’inizio o la fine della storia, non importa a nessuno dei due…

 

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