“Nessun desiderio nasce in purezza: nell’istante in cui la scintilla si accende, il desiderio è già contaminato. Corrotto dalle aspettative degli altri, dagli sguardi dei nostri genitori, e del tempo o della storia, che si sono posati su di noi…”. Su ilLibraio.it la riflessione di Annalisa De Simone, che torna con un nuovo romanzo, “Ingrata”

Se penso ai desideri di ragazza, mi viene in mente lei. Emanuela.

Non eravamo amiche, all’epoca, non ancora. Ma quel giorno camminavamo insieme in un sodalizio fondato sul desiderio. Il volto delle montagne abruzzesi. La valle che si stendeva sotto gli sguardi. Manu aveva sedici anni, due più di me. Tanto bastava a renderla, ai miei occhi, inarrivabile. Era stata già a letto con un ragazzo, lei. Mentre io avrei atteso tanto prima di provare quanto aveva provato Manu e così, guardandola intanto che risalivamo il sentiero, mi sentivo al contempo una sorella e una bimba in soggezione.

Era bella con quel viso appuntito, gli occhi grigiazzurri, l’incarnato di una bambola, i polsi sottili e le labbra che si aprivano in brevi sorrisi che poi svanivano. Mentre ci inoltravamo su un viale disceso, cinto da un muro a secco, non mi sentivo bella quanto Manu, ma quanto lei ero decisa a vedere avverato il mio desiderio. Si trattava di un ragazzo, Francesco, a cui pensavo sempre, ma che era fidanzato con un’altra. Il desiderio su cui puntava Manu era più maturo: avere i soldi necessari per scappare da L’Aquila, una volta raggiunta la maggiore età. Giorni prima, nel cortile del liceo, avevamo deciso di avventurarci in quella ricerca. Noi due insieme. Avremmo raggiunto la Madonna che ride dentro un eremo introvabile. La Vergine, nascosta fra i boschi, che esaudisce i desideri di chi ha il cuore buono.

Mio padre disse che si trattava di una semplice leggenda, e che era pericoloso spingersi su quei declivi da sole. Decise che ci avrebbe accompagnato lui. Chiese pure quale fosse il mio desiderio, se poteva fare qualcosa per realizzarlo. Figuriamoci. Mio padre aveva ereditato dal suo uno sguardo arrendevole, anche quando era serio. Non fui spaventata dal divieto che mi aveva imposto. Gli mentii e raggiunsi Manu per farmi portare in motorino dove la piana si ricopre di rovi, e più in basso le pietre franano nel silenzio.

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Su quel viale, insieme a lei, trascorsi uno dei momenti più dolci della mia vita. Camminavamo zitte, col passo di chi crede e chi teme. Era passata da poco l’ora di pranzo, ma il cielo faceva pensare all’imbrunire. Vedevo il riflesso del sole filtrare fra gli alberi e cadere a terra. Una luce né infuocata né avvilente che aveva la qualità dell’attesa. Girammo non ricordo per quante ore, nell’orlo delle nostre speranze sul punto di essere esaudite, mano nella mano, avventurose e inquiete.

Poi, ecco, la magia.

L’edicola, scavata nella roccia, era più piccola di come l’avessi immaginata. Ma era quella. L’avevamo trovata. Sulle grate arrugginite, qualcuno aveva lasciato un nastro grigio. Conoscevo un posto non lontano da lì in cui crescevano ciuffi di ginestre in mezzo agli sterpi; la loro immagine deliziosa mi rimbalzò in testa e in quell’istante, prima di farmi strada di fianco alla mia nuova amica, sentii che gran parte dei miei desideri erano già esauditi.

Un respiro all’unisono, poi entrammo.

Il dipinto della Madonna mostrava un volto consumato dal tempo, ma c’erano ancora gli occhi. E gli occhi sorridevano.

Leggenda vuole che la Madonna affrescata dentro l’edicola, lungo un sentiero di transumanza, sorrida solo ai giusti. Solo se il desiderio di chi la osserva è puro, non contaminato dall’avidità o dalla vendetta.

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Manu era incantata, mentre mi disse che quello sguardo sbiadito sulla roccia era senza dubbio benevolo. Che gli occhi della Vergine ci avevano sorriso!

Passato un mese, Francesco ed io ci abbandonammo al nostro primo bacio. Manu, invece, avrebbe dovuto aspettare anni per capire se il suo desiderio si sarebbe avverato. Si avverò. Così come, in quel pomeriggio freddoloso, venne a sancirsi un desiderio che non sapevo di avere in corpo, ma che era il più prezioso di tutti, il desiderio di un’amicizia attenta, fedele, per sempre tenera e sicura.

Solo con gli anni avrei imparato che i desideri, a differenza di quanto dice la leggenda, non sono puri. Nessun desiderio nasce in purezza: nell’istante in cui la scintilla si accende, il desiderio è già contaminato. Corrotto dalle aspettative degli altri, dagli sguardi dei nostri genitori, e del tempo o della storia, che si sono posati su di noi.

Letizia, la protagonista di Ingrata, nasce in un paesino attorniato dalla schiera delle montagne. Fin da piccola, desidera la ribalta. Vuole arrivare al centro del mondo, dal margine da cui è partita. Letizia riuscirà a vedere le sue preghiere esaudite, anche se il suo cuore è contaminato dall’avidità, a volte, e a volte dalla vendetta. Se Letizia si fosse inoltrata nei boschi da ragazza, come Manu e come me, in cerca della Madonna che ride, avrebbe letto sulla Vergine uno sguardo benevolo? Non posso saperlo, non ho voluto cederle questo ricordo che scalda. Pur se, scrivendo di lei, ne ho accolto le fragilità provando a indagarle senza giudizio.

Letizia ha un padre biologico e uno putativo, Tonino Giuliante, ex sindacalista, politico, Governatore dell’Abruzzo. Entrambi la amano. Entrambi la istradano verso un desiderio di riuscita. Guardano al successo, entrambi, come a una forma di autodifesa, dagli imprevisti della vita, dalla solitudine o dalla mancanza d’amore. Nessuno dei due immagina quanto agisca su di lei la recita di questa ambizione. Ma, pur sapendolo, nessuno dei due potrebbe dimenticarsi della fatica di chi non ha niente, di chi è in lotta contro tutto. Letizia eredita i sogni di rivalsa dei padri e, in fondo, dei suoi antenati. La brama di rivincita di quei “cafoni” analfabeti e rudi che Ignazio Silone ha saputo narrare più degli altri. Secoli di sopraffazione sulla pelle dei contadini oppressi dai possidenti d’Abruzzo si trasformano, per Letizia, nella predestinazione della ribalta.

Poi cosa?

Uno strappo.

E forse, ma solo da grande, questo. La consapevolezza di quanto nella vita si seguono sempre i desideri di qualcun altro, sempre si rincorrono le impronte di qualcun altro ma poi sempre, a queste tracce, se ne preferiscono delle nuove. È il momento in cui iniziamo a solcare il terreno con i nostri passi, pur continuando a far risuonare da lontano quei desideri, e pur cominciando a rischiare, nella vita, con i nostri.

Copertina di Ingrata di Annalisa De Simone libri ultime uscite ottobre 2025

L’AUTRICE – Annalisa De Simone è nata a L’Aquila nel 1983, e oggi vive a Roma. È stata presidente del teatro Stabile d’Abruzzo e nel consiglio d’amministrazione di Cinecittà, e collabora con la Rai. Ha esordito alla narrativa con Solo andata, Baldini&Castoldi, e con Marsilio ha poi pubblicato Non adesso, per favore, nel 2016, Le mie ragioni te le ho dette, 2017, e Sempre soli con qualcuno, 2021.

In libreria arriva per Nutrimenti (nella collana Greenwich Extra) il suo nuovo romanzo, Ingrata. Al centro del libro c’è una giovane donna, una protagonista densa di contraddizioni, mai pacificata. Letizia Mastracci “non è un’eroina né una vittima, ma un corpo attraversato dal tempo, dagli affetti del passato e dalle ambizioni che la divoreranno nel suo futuro di adulta”. La vicenda di Letizia, che dall’Abruzzo arriva a Roma per diventare avvocata e si trova invischiata in un rapporto ambiguo con un uomo influente, più anziano di lei, “restituisce il ritratto di una donna che cerca, sbaglia, si pente, prova a resistere. Una donna che, come spesso accade, deve imparare a diventare sé stessa liberandosi dagli sguardi maschili che si sono posati su di lei, a volte come una carezza, a volte invece come un macigno”. Dal 1992 a oggi, la protagonista narra quasi trent’anni della propria vita, nel cuore di una nazione che vacilla sotto il peso di Tangentopoli.

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