“Dimmi che non può finire”, nuovo romanzo di Simona Sparaco, racconta una storia di vite quotidiane che può delinearsi in ogni tempo, ma che in questo difficile contesto storico fa emergere le paure che abbiamo per noi stessi, per i nostri cari e per quello che sarà – L’approfondimento

Simona Sparaco, autrice e sceneggiatrice, finalista al Premio Strega e vincitrice – tra gli altri – del Premio selezione Bancarella e della prima edizione del premio DeA Planeta, sa raccontare bene sono le “umane vicende”. Perché è in qualche modo semplice disegnare i contorni di personaggi sopra le righe, esporre avvenimenti eclatanti, ma non lo è altrettanto narrare le vite più sfumate di chi incrociamo ogni giorno – su un autobus, al lavoro e, oggi più che mai, dietro a uno schermo nell’intimità e nel silenzio di casa.

simona sparaco

Con il nuovo romanzo Dimmi che non può finire (Einaudi), l’autrice racconta la storia di Amanda Giudice, una donna che per tutta la sua vita ha creduto di avere un potere speciale: quello di sapere in anticipo la data di scadenza di ogni suo avvenimento felice. Numeri e date si materializzano lungo il suo cammino e le parlano, sanno mettere la parola fine a tutto, dagli affetti al lavoro, ecco perché a un certo punto della sua vita il timore di fallire si trasforma in rinuncia assoluta alla felicità.

– Hai fatto lo stesso. Te ne sei andata. Non riesci a interrompere il meccanismo. Funziona così, sai? La vita ti ripropone sempre, in un modo diverso, quello che non hai risolto, e la mente non fa che opporre resistenza.

Per questo motivo Amanda accetta un lavoro lontano dalle sue inclinazioni: pur non amando i bambini, si propone come baby sitter di Samuele, taciturno e “invisibile”, orfano di madre e alla costante ricerca di un vero rapporto con il padre Davide. Amanda preferisce galleggiare nell’apatia pur di non crearsi aspettative e incappare in possibili delusioni.

Almeno una volta nella vita tutti abbiamo desiderato sbirciare nel nostro futuro e ci siamo chiesti “Se solo potessi sapere come andrà…” per poter capire quale strada percorrere, ma forse il nostro grande privilegio è proprio quello di non essere costretti a sapere. Amanda, coltivando la convinzione di prevedere la fine di ogni piccola e grande gioia, si lascia sopraffare dalla paura. Ogni relazione, rapporto e incontro, ogni tassello della vita porta con sé inevitabilmente una dose di dolore, di delusione, di frustrazione.

Ma quale spreco sarebbe se decidessimo a priori di rinunciare a tutto, se non ci concedessimo il lusso tutto umano di dimostrare a noi stessi che sì, possiamo fallire, ma con già la voglia di ricominciare?

– E quindi tu non vuoi essere felice perché poi finisce? E ti sembra una cosa buona? – domandò.

Fui spiazzata da come era arrivato dritto al punto. – Se tengo a qualcosa, so quando finirà e anche che questo mi farà soffrire. Allora lui, con gli occhi che parevano quasi più grandi, mi disse una frase che non avrei mai dimenticato: – Sì, ma tanto poi ricomincia.

Amanda ha perso fiducia nel futuro, Davide vive in una comfort zone alienante fatta di routine e di incomunicabilità, il piccolo Samuele segue le orme del padre pensando che nell’invisibilità non possa esistere dolore.

È una storia di vite quotidiane che può delinearsi in ogni tempo, ma che in questo preciso contesto storico fa emergere le paure che abbiamo per noi stessi, per i nostri cari e per quello che sarà.

Eppure, attraverso la loro storia, Sparaco ci ricorda che le sbavature e le crepe sono il segno tangibile che siamo vivi, e che se c’è una fine possiamo sperare sempre in un nuovo inizio.

 

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