“Scrivere fanfiction mi ha permesso di sperimentare, di mettermi alla prova su strutture, stili e generi diversi”. Eleonora Caruso, il libreria con “Le ferite originali”, racconta a ilLibraio.it del suo rapporto con questa forma narrativa e della comunità che si crea tra gli autori che postano sulle varie piattaforme le loro storie: “È la declinazione scritta delle arti trasformative, la rielaborazione personale di soggetti pre-esistenti, reali o immaginari. Cinquanta sfumature di grigio è una fanfiction di Twilight come l’Eneide lo è dell’Iliade. Anzi, l’Eneide lo è in senso più stretto, perché si tratta tecnicamente di un sequel, che è la forma più classica…”. Quanto a Wattpad…

Qualche mese fa, quando incontrai la redattrice che avrebbe lavorato insieme a me al mio nuovo romanzo, lei mi chiese: “Ma come facevi a scrivere fanfiction nel 2001, se non esisteva Wattpad?”. A voler essere drammatica, direi che fu come sentire un paletto di ghiaccio trapassarmi il cuore. E siccome in effetti io sono drammatica, è stato davvero come se un paletto di ghiaccio mi trapassasse il cuore.

Wattpad non è che l’ultima delle decine di incarnazioni del mondo del microcosmo della fanfiction, ed è anche un’eccezione conclamata rispetto a tutte le altre. Tanto per cominciare, perché funziona come un social network. La visibilità delle varie storie è regolata da un algoritmo che si basa sulle interazioni, e pertanto far leggere la propria storia è in gran parte questione di rete sociale. Poi, perché è considerato ormai da chi lo usa come una possibile anticamera alla pubblicazione tradizionale, e questo influisce in parte sulla spontaneità dei contenuti. Non sto dicendo che sia negativo in toto, solo che è diverso dai siti dove normalmente si pubblicano fanfiction, in cui le storie vengono semplicemente visualizzate in ordine cronologico e il lettore può scegliere cosa lo ispira in base ai suoi gusti. Se pensate che si tratti di una differenza minima, provate a far entrare una vostra storia nel feed di Wattpad, poi ne riparliamo.

La fanfiction è la declinazione scritta delle arti trasformative, vale a dire la rielaborazione personale di soggetti pre-esistenti, reali o immaginari. A costo di sembrare dissacrante (non lo sono), Cinquanta sfumature di grigio è una fanfiction di Twilight come l’Eneide lo è dell’Iliade. Anzi, l’Eneide lo è in senso più stretto, perché si tratta tecnicamente di un sequel, che è la forma più classica della fanfiction. Anche i così detti retelling si basano sullo stesso principio della fanfiction, e stiamo parlando di un genere che comprende gran parte dell’opera di autori come Neil Gaiman. Quali che siano i risultati, insomma, la fanfiction è connaturata nella narrazione, ed è più normale e più antica di quanto si possa pensare.

Per comodità io dico sempre di aver cominciato a scrivere fanfiction nel 2001, perché è l’anno in cui ho assunto il nickname CaskaLangley sul sito Erika’s Fanfiction Page, oggi EFP. In realtà ho sempre fatto fanfiction, perché fin da piccola ho reimmaginato le vite dei personaggi che amavo e seguivo in tv, ma ho iniziato a scriverne attorno credo al 1998, cioè quando la mia ossessione per il videogioco Final Fantasy VII toccava il suo apice. In quegli anni capitai per puro caso sul sito che una ragazza aveva creato apposta per ospitare una sua lunga fanfiction sul capitolo successivo della saga, Final Fantasy VIII, in cui l’autrice reimmaginava la storia del gioco partendo dall’idea che l’eroina femminile fosse bulimica. Era una storia intensa, sofferta, scritta con attenzione e abilità, e mi fece pensare: quindi si può fare anche questo! Così, provai a farlo.

Nel 2001, dicevo, avevo 14 anni, e pubblicare una fanfiction su EFP – il principale archivio italiano, allora neonato – era un procedimento analogico tortuoso. Tu, autore (all’epoca c’erano molti più ragazzi), dovevi inviare via email il file della tua storia a Erika, la webmistress del sito, specificando i vari dati (titolo, genere, serie d’origine, personaggi, riassunto). Erika, appena poteva, copiava il file, lo incollava in un foglio html, aggiornava la pagina, e la storia finiva online. Se a qualcuno la storia piaceva, poteva scrivere a sua volta una email a Erika con un commento, e lei l’avrebbe caricato sul sito all’aggiornamento successivo. Il primo commento in assoluto che lessi a una mia storia era firmato “lisachan”. Anche lei scriveva e scrive ancora fanfiction, gestisce insieme ad altri amici una community di scrittura bellissima, Lande di Fandom (http://www.landedifandom.net). Diciassette anni dopo avermi lasciato quel commento, “lisachan” avrebbe letto anche Le ferite originali man mano che lo scrivevo, prima di chiunque altro. Certe abitudini sono dure a morire.

Avevo scritto le mie prime storie per caso. Sapere che qualcuno le aveva lette mi spinse a scriverne altre. Poi, siccome sempre più gente continuava a leggere, io ho continuato a scrivere.

Se dovessi rispondere alla domanda “perché scrivere fanfiction?” risponderei banalmente: “per passione”. Ti affezioni a una storia e non vuoi lasciarla, vuoi farla tua. Non sono cresciuta in una famiglia di lettori, i libri erano una faccenda solitaria e il fatto che mi divertissi a scrivere lo era ancora di più. Senza il senso di condivisione che ho imparato scrivendo fanfiction, non so se avrei mai scritto un romanzo, sono troppo insicura, svaluto troppo facilmente ciò che faccio. Forse sarebbe esagerato dire che i miei lettori mi hanno salvato la vita, ma mettiamola così: hanno salvato la mia vita di scrittrice.

Scrivere fanfiction mi ha permesso anche di sperimentare, di mettermi alla prova su strutture, stili e generi diversi. Tra i 16 e i 18 anni ho pubblicato una lunghissima storia drammatica (ottantotto capitoli che sono usciti man mano, a cadenza totalmente irregolare), parlava di come una coppia sposata si lasciasse distruggere da antichi rancori mai affrontati a seguito del rapimento di un figlio. Nello stesso periodo, ho scritto e pubblicato anche, sempre a capitoli, una commedia scolastica di genere erotico-romantico. Se mi chiedeste come le due cose potessero convivere, non lo so. Ma è il genere di cosa assurda che faccio ancora adesso.

La cosa che mi divertiva – e che mi diverte ancora – di scrivere fanfiction è la possibilità di soffermarmi sui dettagli delle storie che amo. Zoommo su un personaggio, un rapporto, un retroscena, e lo amplifico. Una frase detta da qualcuno in un episodio della serie, o in una pagina del manga, può diventare una storia di quindici pagine, se riesco a guardare abbastanza attentamente da trovare lo spiraglio in cui infilarmi, quello che mi farà dire qualcosa di non scontato, che getterà una luce diversa sul personaggio, forse sull’intera serie, anche se solo per dieci minuti. Ci riuscirò o rinuncerò? È una sfida che si ripropone ogni volta, e che ancora mi appassiona.

Un’altra cosa che amo, delle fanfiction, è la dimensione ludica in cui s’inseriscono. Intendiamoci, si può scrivere fanfiction molto seriamente e con un grande sforzo, non è raro che succeda. A me è successo per quindici anni. Ma resta aperta, di lato, una dimensione “di gioco” che vive del puro piacere – del divertimento – di scrivere. Si scrive tanto, e si scrive spesso. Io credo di aver scritto almeno un centinaio di storie, alcune brevissime, altre lunghissime, tutte con impegno, ma in gradi diversi. Non posso contarle perché non le ho conservate tutte, alcune si sono perse chissà dove. Un’altra cosa che ho imparato scrivendo fanfiction è che il feticismo di ciò che si è scritto è inutile. Mi aiuta ancora oggi, quando semplicemente cancello senza pensarci due, tre, dieci, trenta pagine di un romanzo, perché non andavano bene. So che per alcuni scrittori è una tragedia, ma per me no. Certo mi secca, ma sono solo parole. Ne ho altre, da dove ho preso quelle.

Ora che è uscito il mio nuovo romanzo, qualcuno mi ha chiesto se tornerò mai a scrivere fanfiction. Ma il fatto è che non ho mai smesso di scrivere fanfiction. A volte scrivere è qualcosa di così penoso, così difficile, così frustrante, che le fanfiction sono il mio modo per ricordarmi una cosa, cioè che scrivere mi piace. Nei giorni migliori addirittura mi diverte. È qualcosa che gli scrittori hanno bisogno di ricordarsi, ogni tanto. Forse dovrebbero provare tutti, almeno una volta, a scrivere una fanfiction.

L’AUTRICE E IL LIBRO –  Eleonora C. Caruso, classe ’86, ha cominciato a scrivere fanfiction nel 2001, usando il nickname di CaskaLangley. Collezionista di manga, ha esordito nel 2012 con il romanzo Comunque vada non importa (Indiana Editore), e torna in libreria con Le ferite originali (Mondadori).

 Le ferite originali

Milano, negli anni di Expo: Dafne ha venticinque anni, studia Medicina, è benestante, graziosa e giudiziosa, e ha un tale bisogno di essere amata da non voler capire che la sua relazione sta andando a pezzi. Davide è uno studente di Ingegneria fisica al Politecnico, vive in periferia, ha la bellezza inconsapevole di chi da bambino è stato grasso. Dante ha quarant’anni, è un affascinante uomo d’affari, in apparenza senza scrupoli, capace di tenerezza soltanto con la figlia Diletta. Dafne, Davide e Dante non lo sanno, ma tutti e tre hanno in comune una cosa: stanno con lo stesso ragazzo. Christian catalizza e amplifica come un prisma i desideri di Dafne, Davide e Dante, e le loro vite finiscono per intessersi così fittamente che nemmeno al momento della verità – e alla caduta che ne consegue – riusciranno a slegarsi…

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