I fumetti disneyani fanno parte del nostro divertimento intelligente, da piccoli e da grandi. Siamo abituati a sorridere e a farci appagare dall’arguzia delle storie. Ma quali caratteristiche ha la lingua dei fumetti Disney, e come si è evoluta nel tempo? ilLibraio.it ne ha parlato con Daniela Pietrini

I fumetti disneyani fanno parte del nostro divertimento intelligente, da piccoli e da grandi. Siamo abituati a sorridere e a farci appagare dall’arguzia di certe storie, ma non pensiamo a chi si occupa di fumetto per lavoro: quanta la fatica? Quante le soddisfazioni? Per indagare questo mondo, entriamo nello studio di Daniela Pietrini, attualmente professore associato di linguistica italiana e francese all’Università di Halle (Saale) e autrice di Parola di papero. Storia e tecniche della lingua dei fumetti Disney (Franco Cesati Editore, 2008).

UNA LINGUA CHE NON SI ACCONTENTA DELLA REALTÀ

“Quello del fumetto Disney non è mai un linguaggio banalmente quotidiano, appiattito sulla realtà, ma un linguaggio che mescola gli elementi del parlato spontaneo con tratti provenienti dalle fonti più svariate, dai linguaggi settoriali ai gerghi e all’italiano letterario, cui si aggiungono tanti neologismi e termini inventati. È proprio la mescolanza per certi versi inedita e comunque sempre innovativa di elementi così diversi a fare a mio avviso l’originalità del linguaggio dei fumetti Disney, che può mettere insieme una parola del lessico comune come “gioia” con termini aulici e arcaici come “gaudio” o addirittura “tripudio”, o anche creare parole “topesche” e “paperesche” per ogni ritrovato della scienza, della tecnica e della cultura, come la Picopedia, una Wikipedia dei paperi, e squitter, il Twitterdi Topolinia. In questo senso l’ispirazione è sempre la realtà con le sue novità, i suoi protagonisti, persino i suoi problemi, ma la chiave di lettura non è il realismo, quanto piuttosto la deformazione espressiva e giocosa”.

topolino

I FUMETTI DISNEY E LE ALTRE LINGUE:

“Bisogna distinguere tra l’inserimento di semplici prestiti e la vera e propria imitazione di una lingua straniera, alla quale il fumetto umoristico (non soltanto quello disneyano) ricorre volentieri con effetti stranianti e comici spesso esilaranti. Quanto ai prestiti, nel tempo sono cambiate le lingue dalle quali il fumetto “importa” nuovi termini. Prima erano frequenti gli ispanismi, per quanto spesso deformati o maccheronici (un esempio: “losindianos…scappamos!” da Paperino e gli scaltri bandidos, 1979), oggi si tratta piuttosto di anglo-americanismi, anche in parallelo alla diffusione di una reale conoscenza dell’inglese almeno scolastico. Anche se l’influenza dell’inglese sulla lingua del fumetto disneyano mi sembra non solo innegabile, ma anche inevitabile, resta valido quello che dicevo prima, cioè che non si tratta nemmeno in questo caso di una riproduzione passiva di stimoli esterni, ma di una deformazione giocosa. Gli anglicismi che negli ultimi venti anni abbondano nei fumetti disneyani servono spesso da spunto per giochi di parole (ricordo una storia della fine degli anni Novanta in cui si ammiccava al lettore con diversi soprannomi pseudoinglesi di Ciccio supereroe come Superfat e Superlard) o anche da base per derivati ibridi per metà inglesi e per metà italiani, come i vari verbi creati sulla base degli ideofoni di origine inglese (come sgrunteggiare o gulpeggiare)”.

PAROLE E TEMI CHE FAREBBERO SCATTARE LA SIRENA DEL COMMISSARIO BASETTONI

“Il fumetto disneyano si rivolge almeno in prima istanza a un pubblico di bambini e lascia quindi fuori tematiche considerate poco adatte a questo tipo di pubblico (quella erotico-sessuale ad esempio è assente). Dal punto di vista linguistico, uno dei punti di forza del linguaggio disneyano è la capacità di rifuggire da ogni tipo di volgarità senza però appiattirsi su un linguaggio banalmente edulcorato. I diverbi tra i personaggi sono molto accesi e gli scatti d’ira sono all’ordine del giorno, ma invece di riprodurre il turpiloquio quotidiano la fantasia creatrice degli autori inventa ingiurie spassosissime spesso legate al contesto della singola storia o rifunzionalizza invettive di sapore letterario come gaglioffo o ribaldo.Il turpiloquio di marca disneyana risulta così non soltanto adatto anche al pubblico più giovane, ma soprattutto molto più gustoso perché aggiunge all’improperio tradizionale una connotazione comica ed espressiva”.

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ANCHE LE IMPRECAZIONI E GLI INSULTI CAMBIANO: DA “SOMARACCIO” E “MONELLACCIO” A…

“Negli anni Cinquanta gli sceneggiatori non avevano un modello di italiano informale per la conversazione quotidiana cui attingere, anzi in un certo senso si trattava proprio di inventare una nuova norma per la comunicazione spontanea espressiva. Questo spiegherebbe perché, accanto a insulti ormai datati come somaraccioo monellaccio, si trovino nelle storie dell’epoca anche alcune imprecazioni dell’italiano di registro basso o popolare (come diavolo!,dannato, va’ all’inferno), che poi spariscono nelle storie successive. Parallelamente all’italiano contemporaneo, anche la lingua del fumetto si evolve verso una nuova norma dell’informalità espressiva, per cui agli improperi tradizionali di origine popolare si sostituiscono gradualmente forme nuove, imprecazioni iperboliche potenziate in senso ludico, improperi di origine aulica o dal tono solenne rovesciati in senso comico-oltraggioso”.

RICERCATORI A CACCIA DI PEPITE D’ORO, OVVERO DELLE VECCHIE STORIE DISNEY

“Purtroppo un archivio non esiste, o comunque non è a disposizione dei ricercatori, un archivio di tutte le storie Disney con le vignette corrispondenti, né di tipo cartaceo né digitalizzato. Esistono invece tanti amanti del fumetto Disney che raccolgono i materiali, archiviano i dati delle singole storie, si scambiano informazioni sugli autori, discutono nei forum ecc. Online si può consultare gratuitamente un catalogo di respiro mondiale organizzato da appassionati, però il sito archivia la “carta d’identità” delle singole storie (anno, autori, albo ecc.), ma non le singole vignette, per cui non è funzionale a uno studio puntuale del fumetto Disney dal punto di vista linguistico”.

ATTENZIONE! CONTAGIO LINGUISTICO IN CORSO

“Anche se non in maniera esplicita, credo che alcune modalità del linguaggio del fumetto in generale e di quello disneyano in particolare abbiano permeato in parte il modo di parlare non soltanto di chi, come me, studia il fumetto, ma di tutti noi. Mi riferisco al mescolamento di registri in senso espressivo, alla rifunzionalizzazione in senso ludico di termini della tradizione letteraria quasi arcaici (come tapino, tanto per fare un esempio), agli ideofoni profusi nella conversazione e oggi nella scrittura elettronica, alla punteggiatura espressiva e un po’ anarchica che giustappone e mescola segni interpuntivi diversi (?!, !!! ecc.), alla tendenza all’iperbole, oltre che a qualche singola espressione come fantastiliardo o fulmini e saette”.

CARE MAMME E PAPÀ, LEGGENDO I FUMETTI DISNEY I VOSTRI BAMBINI IMPARERANNO A SCRIVERE…

“Non so se impareranno a scrivere, sicuramente impareranno a giocare con la lingua, ad apprezzarne gli accostamenti e il potenziale creativo. E forse impareranno anche un paio di parole del nostro patrimonio letterario che, non facendo parte dell’italiano comune, a loro sembreranno se non nuove, certamente inusuali”.

AD ALTA VOCE, CON GENITORI E AMICI, O DA SOLI E NELLA MENTE?

“Quando ero piccola e non sapevo ancora leggere, mia madre in vacanza mi leggeva il Topolino sotto l’ombrellone e cambiava anche voce quando entrava in scena Paperino, il mio personaggio preferito. Ricordo che dopo un po’ intorno a noi si creava un capannello di bambini venuti ad ascoltare. Ma, a parte questa parentesi autobiografica, per me il fumetto va letto in silenzio e da soli, la lettura ad alta voce rischia di far perdere tutto ciò che in un fumetto c’è di materialmente scritto, disegnato, tipograficamente enfatizzato, e che contribuisce al suo significato insieme all’elemento verbale vero e proprio”.

FUMETTI E PROGETTI…

“Il fumetto, in particolare quello disneyano, è una sorta di filo rosso nella mia vita, i personaggi di Paperino e Topolino sono stati addirittura l’argomento della traccia del mio tema di italiano per l’esame di licenza media! Insomma, non credo che smetterò mai di occuparmi di fumetti Disney, anche perché ho il grande privilegio di poter coniugare così studio e passione. Ho appena finito un lavoro sul dialetto “mascherato” nei fumetti (non solo in quelli disneyani) e sto lavorando a un’analisi linguistica delle parodie disneyane della Divina Commedia. Uscendo invece dall’ambito del fumetto seriale per affacciarsi nel mondo delle graphicnovel, sto preparando uno studio sul dialetto nei fumetti per un convegno internazionale sul fumetto che si terrà in primavera a Aix-en-Provence”.

GULP, SIAMO ARRIVATI ALLA FINE DI QUESTO FANTASMAGORICO INCONTRO. PROVIAMO A SALUTARCI IN MODO DISNEYANO?

“Citando una storia del 1996 (“Paperino maestro di sonno”)… superciao a tutti!”

 

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