Lo scrittore sudamericano Gabriel García Márquez, detto Gabo, ha scritto romanzi che sono entrati nella storia, come “Cent’anni di solitudine” e “L’amore ai tempi del colera”. Massimo esponente del realismo magico, i suoi libri gli sono valsi il Premio Nobel per la letteratura. A 10 anni dalla morte, arriva un’opera inedita, pubblicata in contemporanea mondiale: il romanzo breve “Ci vediamo in agosto” – La vita e le opere del grande autore
Gabriel García Márquez ha sempre saputo di essere uno scrittore. Sapeva di averne la capacità, e sapeva di avere la tenacia necessaria a sopportare fame e difficoltà pur di raccontare quel popolo tropicale che gli aveva dato i natali.
Se i grandi autori sudamericani scrivevano per essere tradotti, soprattutto in francese, Márquez voleva conquistare prima i lettori del suo Paese: l’unico modo, secondo lui, per garantire successo sincero alla letteratura latinoamericana. Il boom seguito alla pubblicazione nel 1967 del suo capolavoro, Cent’anni di solitudine, ha dimostrato che aveva ragione.
Nato in Colombia, ad Aracataca, il 6 marzo del 1927, Gabo cresce con i nonni materni che tanto avevano osteggiato il matrimonio dei suoi genitori (sua madre, figlia di un colonnello, aveva fatto la disgraziata scelta di innamorarsi di un telegrafista!) e i cui caratteri opposti sono fondamentali nello sviluppo dell’immaginario che è poi confluito nei suoi libri più celebri.
Il nonno, Nicolás Ricardo Márquez, uomo politico liberale, razionale fino al midollo, gli parlava del mondo come se davanti a lui non ci fosse un bambino ma un uomo fatto. Possiamo trovare echi del colonnello nelle militaresche figure che popolano romanzi come La mala ora, del 1966, L’autunno del patriarca, del 1975, o Nessuno scrive al colonnello, del 1958. La nonna di Gabo, Tranquilina Iguarán, era invece una sensitiva e viveva in un mondo immerso nella tradizione, fatto di spiriti, antiche leggende e accadimenti miracolosi accolti come normalità.
Da Prensa Latina al realismo magico
Il giovane Márquez si fa strada nel mondo come giornalista. Prima con El Universal e El Espectador, dunque con Prensa Latina, l’agenzia giornalistica di Fidel Castro. Ma, pur apertamente critico nei confronti delle dittature e delle violazioni dei diritti umani (dopo il colpo di stato di Pinochet in Cile si rifiuterà di scrivere narrativa per due anni e uno dei suoi testi più famosi, Notizia di un sequestro, del 1996, racconta la storia di dieci ostaggi rapiti dai narcotrafficanti di Pablo Escobar), Gabriel García Márquez non è un politico. Amico di Fidel, frequenta l’uomo non il guerrigliero, evitando di immischiarsi negli affari della rivoluzione cubana. Preferisce affrontare le miserie degli uomini, la guerra e i soprusi dalle pagine dei suoi racconti e romanzi, che realizza in uno stile profondamente legato alla natura sudamericana: il realismo magico. È Márquez stesso a dichiarare di non essersi mai inventato nulla, di essersi limitato, nei suoi romanzi, a raccontare cose già accadute. Un giornalista che non ha mai smesso di esserlo, neanche da scrittore. Ma l’influsso della sensitiva Tranquilina è sempre presente nell’animo e nella penna di Márquez, che trasfigura la quotidianità frammentandola in una serie di avvenimenti soprannaturali che si insinuano nelle pieghe del reale deformandolo e arricchendolo di significato.
Cent’anni di solitudine e L’amore ai tempi del colera: cronaca di una vita
Tra i fattori che hanno contribuito al successo di Cent’anni di solitudine, vi sono sicuramente i personaggi che popolano l’immaginaria cittadina di Macondo. Ispirati alle persone incontrate da Gabriel García Márquez durante l’infanzia, sono tipi umani universali, uguali in ogni luogo e in ogni tempo, in cui ciascuno può riconoscere i propri parenti. Ritroviamo così echi della giovinezza di Márquez, che è anche la giovinezza della Colombia, negli elementi realistici come in quelli onirici. Nel celebre incipit di Cent’anni di solitudine si nasconde il nonno di Gabo, che aveva accompagnato il nipote alla United Fruit (la compagnia bananiera del romanzo) a conoscere il ghiaccio. Ma anche una scena magica come quella dell’ascesa al cielo di Remedios la bella, che scompare alla vista della famiglia mentre sta piegando le lenzuola, è ispirata a qualcosa di effettivamente accaduto. L’aneddoto in questione riguarda un’amica della nonna di Márquez che, vergognandosi di ammettere che la figlia era scappata con un uomo, aveva giurato che fosse stata assunta in cielo davanti ai suoi occhi.
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Sempre i legami dei personaggi sono al centro di un altro dei capolavori di Márquez: L’amore ai tempi del colera, pubblicato nel 1985. E ancora una volta sono i ricordi famigliari ad avere la meglio. Non possiamo infatti non ritrovare echi della storia d’amore dei genitori di Gabo nei due protagonisti del romanzo, l’impiegato telegrafista Florentin Ariza e Fermina Daza, da lui amata appassionatamente e che il padre vorrebbe andasse in sposa a più ricco pretendente.
Gabriel García Márquez: uno scrittore davanti alla morte
Alla riflessione sulla vita si accompagna la riflessione sullo scorrere del tempo, che come ci ha insegnato Cent’anni di solitudine è un ciclico ritorno dell’uguale, e sulla morte, costante presenza nei testi dell’autore. Nonostante il carnevale dei suoi personaggi, questi sono fondamentalmente soli: davanti alla morte ma anche davanti a quella vita che sembra essere per Gabriel García Márquez un continuo riflesso della sua fine, con i suoi fantasmi, abbandonati anch’essi, che non vengono a tormentare i vivi, ma a parlarci per scacciare la solitudine come si fa con un vecchio amico. Non stupisce allora che in un’intervista del 1995 Márquez, che morirà molti anni dopo – il 17 aprile 2014 –, dica che gli piacerebbe osservare la vita oltre la morte, quel grande mistero che percorre tutta la sua opera.
Per Márquez la morte è un’ingiustizia, la più grande, forse per questo i fantasmi che dialogano con i suoi personaggi, dando consigli e facendo premonizioni, sono fantasmi tristi.
“Cosa possiamo fare per evitarla?” gli chiede la giornalista, riferendosi alla morte. “Scrivere molto” risponde Gabo, e sorride.
Ci vediamo in agosto: l’inedito a 10 anni dalla morte
A questo proposito, sorprende solo in parte l’uscita, in contemporenea mondiale, di un romanzo inedito breve di Gabriel García Márquez, in uscita (in Italia per Mondadori) a 10 anni dalla morte. Parliamo di Ci vediamo in agosto (traduzione di Bruno Arpaia), in uscita il 6 marzo 2024: ogni anno, il 16 agosto, una donna ritorna sull’isola dove è sepolta sua madre per portare un mazzo di gladioli sulla tomba. Un rituale che si ripete identico: lo stesso sole impietoso, il traghetto, l’hotel un po’ vecchiotto, la solita bancarella di fiori. Ma improvvisamente ad Ana Magdalena Bach —quarantasette anni di età e ventisette di solido matrimonio — l’attesa del traghetto del giorno dopo spalanca nuove prospettive. E così al rituale si aggiungerà la ricerca di un uomo per la notte e l’attesa spasmodica di questo annuale momento di libertà…