“I gialli continuano ad appassionare lettrici e lettori perché sono camaleontici, nel bene e nel male, e si adattano alla contemporaneità, evidenziano vizi e virtù del presente…”. Da Scerbanenco a Fruttero e Lucentini, passando per Colaprico e altri autori noir di ieri e di oggi, Patrizia Violi, al debutto da giallista con “Il carico da undici”, su ilLibraio.it consiglia una serie di libri di genere capaci di raccontare le contraddizioni (e le inquietudini) dell’Italia e degli italiani…
Giorgio Scerbanenco (Kiev, 1911 – Milano, 1969), è forse il più celebre giallista italiano, ma cominciò a pubblicare come autore di romanzi rosa, il primo, Luna Messicana, uscì per Rizzoli nel 1949. Poi iniziò la carriera giornalistica, parte della sua gavetta passò dalla posta del cuore che curava per le riviste femminili di allora (Grazia, Bella, Novella), e proprio leggendo quello che confessavano i lettori e le lettrici, Scerbanenco decise di diventare giallista. Così racconta nella nota biografica Io, Vladimir Scerbanenko, pubblicata in appendice a Venere Privata (Garzanti -1966). Pensò di scrivere thriller per scandagliare liberamente i sentimenti più reconditi e meno nobili dell’animo umano. Poter denunciare quanto questi comportamenti siano prodotti dai mutamenti sociali vissuti dai protagonisti delle storie raccontate.
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Da allora, le dissertazioni di costume sono diventate quasi una costante nelle trame dei giallisti. Un esempio eclatante e raffinato si trova ne La donna della domenica, di Carlo Fruttero e Franco Lucentini (prima edizione Mondadori, 1972) dove la suspense del romanzo e le indagini sull’omicidio dell’ambiguo architetto Garrone, sono arricchite dalle approfondite e ciniche descrizioni dell’ipocrisia bon ton della borghesia torinese nella disperata ricerca di un equilibrio tra voglia di trasgressione e perbenismo di facciata. La città sabauda, nostalgica della gloria risorgimentale, viveva la trasformazione socio-industriale in bilico tra polveroso snobismo e malcelata curiosità verso i nuovi codici di comportamento.
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Nei grandi centri, che diventano fucina dei cambiamenti sociali, la realtà scorre sempre accelerata, mai monotona ma anche densa di rischi e pericoli. Da una prospettiva cinica, è il paradiso per i giallisti. Per questo Milano è da sempre scenario prediletto per raccontare misfatti e delitti.
L’autore che ha sviscerato e approfondito, forse per primo, genesi e ragioni del malaffare milanese è Piero Colaprico. Giornalista a cui si deve il geniale copyright del termine “tangentopoli”, scrittore e abilissimo indagatore dei crimini metropolitani. In particolare, con Le indagini del maresciallo Binda, che raccoglie tre brevi romanzi Quattro gocce di acqua piovana, La nevicata del’85 e La primavera dei maimorti, scritto a quattro mani con Pietro Valpreda (uscito per la prima volta nel 2001 con Tropea e poi successivamente ripubblicato con Rizzoli e Feltrinelli), offre una visione dell’evoluzione del nostro Paese, visto dall’osservatorio complicato della realtà milanese, dalla fine del fascismo fino agli anni’80. Molto più di un giallo, diventa quasi una narrazione storica che parte da un’inchiesta di omicidio per diventare cronaca del nostro recente passato.
Una Milano più moderna, globalizzata e multietnica nel disagio delle periferie, sempre più complesse e violente, è invece quella fotografata da Daniele Bresciani in Anime trasparenti (Garzanti, 2020) dove fa la sua prima apparizione l’ispettore Dario Miranda, che deve indagare sullo strano incidente capitato a una donna ecuadoregna che gestisce un asilo per bambini stranieri. Uno spazio dedicato ai figli di immigrati senza permesso di soggiorno, piccoli che per lo Stato sono fantasmi e non possono aver nessun aiuto dalla società e dalle istituzioni. La trama ricca di tensione diventa così un escamotage per mettere in primo piano problematiche e discriminazioni del nostro presente.
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I gialli continuano ad appassionare lettrici e lettori perché sono camaleontici, nel bene e nel male, si adattano alla contemporaneità, evidenziano vizi e virtù del presente. Quindi non poteva mancare in libreria una storia criminale che mettesse in gioco la fama dei content creator. Si è divertito a raccontarla Nicola Lecca nel suo libro più recente Scrittori al veleno (Mondadori, 2024). È ambientato nella pittoresca cornice della Cinque Terre dove, in un rifugio per artisti, sono riuniti alcuni autori. Anzi, solo una degli inviati è una vera scrittrice, gli altri sono in realtà seguitissimi influencer. È un ambiente un po’ claustrofobico, nello stile di Agatha Christie, e inevitabilmente ci scappa il morto.
L’AUTRICE E IL LIBRO – Patrizia Violi, laureata in giurisprudenza, è giornalista culturale e collabora con la Lettura e altre testate del Corriere della Sera, occupandosi di libri, attualità e costume.
Il carico da undici (Salani) è il suo primo libro noir. La trama porta a Imola, nel 1979: nel giro di pochi giorni, Lenin Aldrovandi, aspirante uomo di spettacolo, scompare e una giovane ragazza viene trovata morta nei pressi di una cava di gesso. Le due indagini sono legate, e toccherà al maresciallo Ponti scoprire la verità.
Tra teorie fantasiose e maldicenze, tra misteri e sogni infranti, nel romanzo Patrizia Violi mette in scena le inquietudini di un’Italia che – oggi come allora – per tenere il passo della modernità ricorre alla propria innata, pirotecnica passione per le scorciatoie. Un noir di provincia, nel quale il maresciallo Ponti dovrà scavare tra i segreti della sua comunità.
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