Su ilLibraio.it lo scrittore Carlo D’Amicis, si sofferma su “Il gioco”, il suo nuovo romanzo, tra i 12 semifinalisti al premio Strega: “Il tentativo di sottrarre il sesso all’animalità e all’affettività, rendendolo invece come un’esperienza complessa, tipicamente umana, è forse l’elemento davvero provocatorio del romanzo, quello che più aggredisce il lettore abituato ad associare al sesso le solite etichette, e in questo modo a neutralizzarlo…”

In una delle pagine inziali del Gioco, lo scrittore che intervista il primo dei suoi tre personaggi riflette sulla possibilità di aver sbagliato libro, tema, e forse anche mestiere. A spingerlo verso questo dubbio è la provocazione di Leonardo – bull, maschio alfa, collezionista di donne altrui (ma alla maniera di Casanova, e non del Don Giovanni) – che gli ricorda l’inafferrabilità dell’universo che si accinge ad esplorare. “Forse”, dice Leonardo, “nel decidere di scrivere questo libro lei è stato fuorviato dall’apparente organizzazione del nostro gioco. Ha fiutato i ruoli, le regole, le strategie, e pensa di potersela cavare con un manuale illustrativo. Ma ogni ordine è creato per arginare (più spesso per nascondere) un caos”.

Per provare a rispondere alla domanda de ilLibraio.it, che mi chiede da dove nasce questo mio ultimo romanzo, forse devo partire proprio da qui: dal fascino esercitato dal disordine. Tanto più se, a sconvolgere la nostra quiete interiore, è il passaggio di quell’animale imbizzarrito che chiamiamo desiderio. E’ infatti il desiderio, e non il sesso (inteso come atto sessuale), al centro della storia: quanto il sesso è meccanico e ripetitivo, infatti, tanto il desiderio si espande in un territorio fantastico, vastissimo, spesso inesplorato anche da noi stessi. Una forma di (sana) prudenza ci spinge a non desiderare più di quello che possiamo permetterci, a deviare dai nostri impulsi prima che diventino ossessioni. Ma non sempre la rimozione è la via più efficace, i desideri spesso ritornano e ci costringono a continui compromessi, a sistemazioni più o meno precarie che rischiano spesso di crollarci addosso. L’equilibrio (la pace?) dei nostri sensi è una meta che solo la senilità forse (forse) può sanare: e non lo dice certo questo libro, ma l’enorme consumo di pornografia su internet e la miriade di tradimenti che si consumano all’interno della coppia. Salti mortali – più o meno squallidi, più o meno emozionanti – per non dover ammettere che, là dentro, qualcosa brucia.

I protagonista del Gioco questo incendio lo hanno invece ammesso da tempo e, anziché spegnerlo, hanno scelto di camminare nelle fiamme, di mettersi in gioco. Solo per il loro coraggio (o per la loro incoscienza, o per la loro amoralità, secondo i punti di vista) meriterebbero, penso, la nostra simpatia. Ma se Il gioco fosse un libro che si limita a raccontare il caos generato dalla pulsione erotica forse assomiglierebbe molto di più a uno di quei morbosi melodrammi che ogni tanto ci ricordano, con un sottotesto più o meno moraleggiante, come sia pericoloso perdersi nel gorgo della passione. In realtà, attraverso il sesso, i protagonisti di questo romanzo non si perdono, bensì si trovano (o almeno cercano se stessi). La loro vivace vita erotica non rappresenta un’evasione, una fuga dalla realtà, ma uno strumento investigativo per conoscere meglio la loro vera natura, per farne, in qualche modo, un’esperienza umana.

E proprio il tentativo di sottrarre il sesso all’animalità e all’affettività (le uniche due modalità che comunemente si associano ad esso), rendendolo invece come un’esperienza complessa, tipicamente umana, è forse l’elemento davvero provocatorio del romanzo, quello che più aggredisce il lettore abituato ad associare al sesso le solite etichette, e in questo modo a neutralizzarlo: il sesso come pornografia, il sesso come manifestazione d’amore, il sesso come peccato, e poco altro ancora. Forse nessun’altra sfera della natura umana è stata depauperizzata, svilita, dagli stereotipi quanto la sessualità. La mia idea era di restituirle le infinite sfumature che, nella difficoltà di trovare al desiderio una forma, una plausibilità, una legittimazione, lo rendono di volta in volta tenero, comico, malinconico, poetico. Un universo di visioni, dove i corpi degli altri (da possedere, da immaginare, da sacralizzare e profanare) sono spesso ombre, proiezioni di noi, delle nostre paure, del nostro bisogno di ribellarci alle leggi dell’ordine e della morale e nello stesso tempo di costruirne di nuove, proprio come dei bambini che a un certo punto dicono facciamo un gioco, mettendo in moto così quel andirivieni tra libertà e contenimento, tra potenza e controllo che regola tutti i nostri rapporti, a cominciare dal più importante: quello con noi stessi.

il gioco d'amicis

L’AUTORE E IL SUO NUOVO ROMANZO – Carlo D’Amicis, tarantino di nascita e romano d’adozione, è tornato in libreria con Il gioco (Mondadori). Il libro è tra i 12 semifinalisti del premio Strega 2018.

D’Amicis ha pubblicato i romanzi Piccolo Venerdì (Transeuropa), Il ferroviere e il golden gol (Transeuropa), Ho visto un re (Limina), Amor Tavor (Pequod). Per minimum fax ha pubblicato  Escluso il caneLa guerra dei cafoni (da cui è stato tratto l’omonimo film) e La battuta perfetta.

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