“Il signore delle acque” di Giuseppe Zucco è un romanzo distopico che, attraverso gli occhi di un bambino, esplora le ragioni profonde della vita e dello stare insieme, anche quando il mondo sembra ormai perduto. Su ilLibraio.it la riflessione dell’autore, che cita, tra gli altri, Charles Baudelaire, Roberto Calasso, Louise Gluck, Franz Kafka, Rilke, Simone Weil e Virginia Woolf: “L’infanzia coincide con una rivelazione. E rivelazione in greco si dice apocalisse… Ma nell’infanzia non c’è terrore che non sia accompagnato dalla gioia”

Sembrerà banale ricordarlo, ma noi veniamo al mondo in forma di bambini. L’infanzia è questa porticina d’oro che ci immette subito nei quartieri pericolosi della vita. La vita stessa, in principio, non è che infanzia.

Ed è così. Un bambino apre gli occhi per la prima volta, e il mondo ha la possibilità di fare alba, di ricominciare, di rinnovarsi. Un bambino batte le palpebre, e il mondo accade.

«Guardiamo il mondo una sola volta, nell’infanzia. / Il resto è ricordo», scrive Louise Glück.

L’infanzia, allora, coincide con una rivelazione. E rivelazione in greco si dice apocalisse. Forse anche per questo i bambini gridano con acutissima voce quando nascono. È come se presentissero nella loro carne arrossata il peso di una continua, quasi insostenibile, rivelazione. Il mondo che sotto lo stupore dei loro occhi piccini si dispiega in tutta la sua dolcissima e inarrestabile furia. «A quell’epoca era[no] vittima di rivelazioni», avrebbe detto Virginia Woolf.

Ciò sgombera il campo da molti equivoci. L’infanzia è luminosa, colma di baci, e le risate vi cadono dentro con il tintinnio di chiavi che aprono la serratura dei cuori più arrugginiti. Ma allo stesso modo è una scuola di tenebra, affollata di fantasmi, dove si apprende una strana regola. La realtà non è mai semplice, poiché si dà sempre per arcani, per misteri, per abissi.

Di tutto questo, ovviamente, c’è traccia nei libri. Scrive Simone Weil, «Pedagogia – Nelle scuole elementari si dovrebbe fornire ai bambini la lista delle cose sulle quali la scienza non è in grado di dare alcuna spiegazione». E scrive Roberto Calasso, «L’educazione ha questo di paradossale, che è fatta soprattutto di cose che non si possono imparare». E ancora meglio scrive Rilke, «Nella vita non c’è una classe per principianti, da noi si pretende sempre il più difficile».

Così, quando ho iniziato a scrivere Il signore delle acque, mi sono ritrovato tra le mani un bambino e un’apocalisse, e le due cose sono andate subito d’accordo, come se l’una esistesse in funzione dell’altra.

Immaginate. L’acqua non piove più, ma si ammassa lassù, nel cielo, come un immenso mare arricciato dalle onde. Cosa ne sarà del mondo sotto l’incombere di questa minaccia? Nessuno lo sa, ma tutto verrà raccontato dalla viva voce di un bambino che prima si barricherà in casa con la famiglia, e che poi fuggirà quando i suoi genitori verranno posseduti da una folle idea. Mettere al mondo un figlio nuovo, e proprio mentre il mondo sembra finire. Cosa che il bambino rifiuta, perché lui un fratellino non lo vuole.

Scrive Charles Baudelaire ne Il mio cuore messo a nudo, il titolo di una raccolta di aforismi che tanto sa di apocalisse e rivelazione, «Bambino ho sentito nel mio cuore due sentimenti contraddittori: l’orrore della vita e l’estasi della vita». E sarà così. Correndo lungo le strade di una città impazzita, con i negozi incendiati, che si avvita intorno al suo corpicino come i neri tentacoli di un’edera velenosa, questo bambino imparerà che altro non è la vita se non continua avventura, un’avventura da pirati, sempre a caccia di tesori, il tesoro nascosto dei sentimenti ingovernabili, l’odio, l’amore, la paura, la tenerezza, la ferocia, la solitudine, la voglia matta di scappare da casa e di ritornare.

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«Nessuna infanzia è priva di terrori», scrive Philip Roth, ed è vero. Ce lo ricordano certi romanzi che abbiamo letto da piccoli trattenendo il respiro, Pinocchio, I ragazzi della via Paal, Alice nel Paese delle Meraviglie. E ce lo ricordano le favole, poiché, come già sapeva Kafka, «Tutte le favole vengono dalla profondità del sangue e dell’angoscia, ed è con le favole che si attira l’attenzione degli uomini sulla verità».

Ma nell’infanzia non c’è terrore che non sia accompagnato dalla gioia, una gioia stordente, che neanche la più terribile minaccia può cancellare. La gioia di chi si scopre piccola parte viva di un mondo infinitamente più vivo, vasto e misterioso. La vita che trabocca da se stessa nelle grida selvagge di un bambino che fa esperienza di sé e del mondo. Un bambino come l’onda furente di un mare profondissimo e scatenato.

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Giuseppe Zucco Il signore delle acque

L’AUTORE – Giuseppe Zucco è nato a Locri nel 1981. Lavora in Rai, suoi racconti sono apparsi su Nuovi Argomenti, Nazione Indiana, minima & moralia, Colla e L’inquieto. Ha esordito con un racconto nell’antologia L’età della febbre (minimum fax, 2015). Ha pubblicato il romanzo Il cuore è un cane senza nome (minimum fax, 2017), e due raccolte di racconti, Tutti bambini (Egg, 2016) e I poteri forti (NNE, 2021) con cui ha vinto il Premio Ceppo Racconto.

Giuseppe Zucco nella foto di Giliola Chistè

Giuseppe Zucco nella foto di Giliola Chistè

E veniamo a Il signore delle acque (Nutrimenti), il suo nuovo libro: l’acqua non piove più, ma si concentra, in un ammasso sempre più pesante e grande, nel cielo. La vita sul pianeta Terra sta per finire, e il bambino protagonista deve farci i conti, così come deve affrontare le reazioni degli adulti che, di fronte alla minaccia, sembrano avere perso la ragione. Un romanzo distopico che, attraverso gli occhi di un bambino, esplora le ragioni profonde della vita e dello stare insieme, anche quando il mondo sembra ormai perduto…

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