“Quale scrittore, oggi, delle sue opere, direbbe che non ricorda come e perché le ha scritte, che i propri libri sono un mistero, poiché sfuggono alla sua comprensione e alla sua coscienza?”. La riflessione di Giuseppe Zucco, in libreria con la raccolta di racconti “I poteri forti”, parte dalle parole di Clarice Lispector, e cita, tra gli altri, autrici e autori come Marcel Proust, Virginia Woolf e Dylan Thomas

I libri dello stupore, nati dal mistero e dall’incoscienza

Legami familiari, di Clarice Lispector, è una raccolta di racconti senza pari. Come in tutti gli scrigni del tesoro, non finisci mai di trovarci dentro delle monetine d’oro. Così, qualche giorno fa, rileggendola, ho sgranato gli occhi davanti ad alcune frasi contenute nella postfazione.

Scrive Clarice Lispector, “non mi è facile ricordare come e perché ho scritto un racconto o un romanzo. Dopo che essi si separano da me, anch’io mi sottraggo a loro. Non si tratta di ‘trance’, sembra piuttosto che la concentrazione dello scrivere annulli la coscienza di tutto ciò che non sia lo scrivere propriamente detto”. E più avanti aggiunge, “Mistero a São Cristòvão è per me un mistero: scrivevo con la tranquillità di chi srotoli un gomitolo di filo”.

Sono dichiarazioni sorprendenti. Quale scrittore, oggi, delle sue opere, direbbe che non ricorda come e perché le ha scritte, che i propri libri sono un mistero, poiché sfuggono alla sua comprensione e alla sua coscienza?

In un’epoca come la nostra, dove le librerie sono affollate di libri che raccolgono memorie e storie realmente accadute, in cui gli scrittori sembrano conoscere sempre tutto di se stessi e del tempo in cui vivono, dichiarandosi coscienza del mondo, mettendo in fila i fatti e riuscendo a illuminarne le pieghe più oscure, Clarice Lispector ci ricorda che c’è anche un altro modo di fare letteratura, dove sia chi scrive sia chi legge può fare avventura del mondo in maniera perfino più complessa.

Nei libri fondati sulla coscienza, su un io che dice io, e quindi sulla riflessione, il mondo è dato, il tempo dei fatti narrati trascorso, la verità compiuta – allo scrittore, al soggetto che riduce il mondo a oggetto, non resta che scegliere i fatti, e poi sezionarli, polverizzarli, passarli a setaccio, riorganizzandoli in una fitta rete di senso, e cercando di ricondurre le più piccole particelle dei fatti accaduti a ragione. Ovviamente, ciò richiede un lavoro immane e necessario, e uscendo da questi libri non si finisce mai di ringraziare chi li ha scritti per aver rischiarato una zona d’ombra del mondo o di noi stessi, rendendoci consapevoli.

Eppure la ragione, l’intelligenza, la coscienza, sono coperte troppo corte per riuscire a coprire l’inesauribile dispiegarsi della realtà che accade. Non solo il mondo, nelle sue innumerevoli forme di vita e nelle infinite combinazioni della materia, sfugge alla nostra comprensione, ma perfino le nostre azioni non risultano mai completamente trasparenti a noi stessi. Anzi, capita sovente che la nostra ragione, così limitata, così approssimativa, ci renda ciechi rispetto a quanto avviene sotto i nostri occhi. Non è un caso se Marcel Proust, iniziando Contro Sainte-Beuve, formuli quel celebre attacco, “Ogni giorno attribuisco minor valore all’intelligenza“.

E allora, come dare conto dell’inarrestabile rigoglio del mondo fuori e dentro di noi? In campo letterario, una risposta c’è, e risiede nelle opere di una schiera di autrici che nella corsa a staffetta del tempo è come se si fossero passate il testimone. Saffo, le sorelle Brönte, Emily Dickinson, Virginia Woolf, Sylvia Plath, Clarice Lispector, Anna Maria Ortese, Elsa Morante, Amelia Rosselli, Toni Morrison, Louise Glück – ci vorrebbe un’enciclopedia per citarle tutte.

I loro libri non sono fondati sulla coscienza, ma sull’esperienza, che è sempre la premessa di qualsiasi forma di coscienza. Ciò significa che scrivere, qui, non ha nulla a che vedere con il rappresentare la realtà, ma col farla accadere.

Per intenderci, immaginate un bosco. Immaginate queste autrici avventurarsi dentro un bosco fitto e brulicante di una vita misteriosa. Immaginate il timore e il tremore con cui queste autrici allineano i piedini dentro l’ombra più cupa o nell’acuto splendore di una radura. E ora, immaginate che il bosco non preesista al passaggio delle autrici, immaginate che il bosco si formi intorno alle autrici mentre le autrici avanzano cercando qualcosa.

Sì, nei libri fondati sull’esperienza, è il movimento quasi incosciente di chi scrive a generare lo spazio e il tempo che attraversa. Così che non c’è più un io che dice io, ma un corpo, la carne viva di chi scrive, che vibra al vibrare del mondo che cresce e muta intorno.

Scrive Virginia Woolf in Gita al faro, “non era la conoscenza ma l’unione che desiderava, non iscrizioni su tavolette, nulla che potesse venir scritto in un linguaggio noto agli uomini, ma l’intimità, che è conoscenza”.

Ecco cosa desidera chi, scrivendo, calando le difese, si abbandona all’esperienza della realtà che accade. Non il dominio dei fatti, né il distacco della ragione. Ma il panico, lo stupore, l’intimità. Sentire di essere un filamento segreto del mondo, al punto che non c’è più differenza tra se stessi e un albero che mette le foglioline nuove o un pettirosso che buca e ricuce il cielo. Sentirsi scintilla di una forza che trabocca ovunque, “La forza che nella verde miccia spinge il fiore / Spinge i miei verdi anni”, direbbe Dylan Thomas.

Bibliografia

Legami familiari, di Clarice Lispector, traduzione di Adelina Adetti, Feltrinelli.
Contro Sainte-Beuve, di Marcel Proust, a cura di Pierre Clarac, Mimesis.
Gita al faro, di Virginia Woolf, traduzione di Anna Luisa Zazo, Mondadori.
Poesie, di Dylan Thomas, a cura di Renzo S. Crivelli, traduzione e note di Ariodante Marianni, Einaudi.

giovanni zucco i poteri forti

L’AUTORE – Giuseppe Zucco, classe 1981, lavora alla Rai. Ha esordito con un racconto nell’antologia L’età della febbre (minimum fax, 2015) e ha pubblicato una raccolta di racconti, Tutti bambini (Egg Edizioni, 2016), e un romanzo, Il cuore è un cane senza nome (minimum fax, 2017).

Ora torna in libreria per NN con la raccolta di racconti I poteri forti. Tutte le storie narrate nel libro parlano dei poteri dell’amore: una potenza tale da annullare i confini tra il dentro e il fuori di sé, tra la realtà e l’immaginazione, che parla spesso una lingua che gli stessi amanti non riescono a capire.

Fotografia header: Giuseppe Zucco, foto di Giliola Chiste

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