“Il suo ultimo desiderio” (pubblicato nel 1996 e ora tradotto da il Saggiatore) ci presenta la storia di una donna abile ad adattarsi a ogni situazione, che però si trova “incastrata” nel contrabbando di armi: Joan Didion continua a scrivere di un’America “da duri”, con le armi sempre in mano e dal grilletto facile. Non a caso Elena, la protagonista del romanzo, confinata in un’isola centroamericana, ha a che fare solo con uomini. Ed ecco anche spiegato – almeno in parte – perché Joan Didion è diventata un’icona: per la capacità di smascherare il suo paese e gettarne in piazza i panni sporchi

“Quando scrivo non credo di interpretare nessuno, perché il personaggio di uno scrittore è se stesso… Probabilmente la persona vera diventa essa stessa il ruolo che si è creata…”, raccontava Joan Didion intervistata da Sheila Heti per la rivista The Believer nel 2012 (l’intervista è disponibile, tradotta in italiano, sul sito dell’editore Black Coffee).

E infatti, nonostante Il suo ultimo desiderio (Il Saggiatore, traduzione di Matteo Orsini, pubblicato originariamente nel 1996), sia un romanzo, non è difficile trovarci dentro la Joan Didion giornalista che negli anni Ottanta indagava i rapporti degli Stati Uniti con i paesi vicini, un po’ come aveva fatto in Miami.

Protagonista del romanzo è una giornalista, Elena McMahon, che all’improvviso, mentre è impegnata a seguire la campagna presidenziale del 1984 – che ha visto il secondo mandato di Reagan – decide di lasciare l’impiego e tornare dal padre, ormai anziano, in Florida.

Alle sue spalle il fantasma dell’ex marito e della vita lussuosa condotta in California, tra partite di tennis e pranzi domenicali con influenti personaggi del jetset internazionale e della politica a stelle e strisce. A tenerla ancorata alla realtà, le telefonate della giovane figlia, con cui ha un rapporto difficile.

Il suo desiderio di restare in Florida, accanto al padre interessato ad affari poco chiari, viene avverato dal malore del genitore e finalmente Elena sembra avere uno scopo: portare a termine un lavoro per lui. Ma sarà proprio questa circostanza a metterla nei guai.

Su un volo fantasma atterra a Porto Rico con un carico pericoloso, ma nessuno la riporta a casa. Così Elena si inoltra in un mondo a lei finora sconosciuto, fatto di passaporti falsi, intrighi internazionali e personaggi scomodi che vengono eliminati sotto la luce del sole. Come accade a suo padre.

Elena però sembra trovare conforto in Treat Morrison, dipendente di Washington che “si prende cura di far accadere le cose” e le promette di sistemare la situazione. Ma al mondo esistono circostanze troppo grandi per un uomo solo.

A raccontarci la vicenda di Elena, c’è una seconda giornalista che sta ricostruendo la storia della sua scomparsa un passo alla volta, attraverso interviste a persone informate sui fatti, estenuanti ricerche d’archivio e perfino informazioni personali estrapolate all’ex marito e alla figlia di McMahon.

Grazie a questo espediente Joan Didion, abile a ricostruire in saggi e reportage il mondo in cui l’America ha vissuto la propria egemonia, ne Il suo ultimo desiderio ci presenta la storia di una donna abile ad adattarsi a ogni situazione, che però si trova “incastrata” nei meccanismi del contrabbando di armi favorito dalla sua patria ai Contras del Nicaragua, oppositori della “minaccia comunista” rappresentata dai sandinisti.

Joan Didion continua a scrivere di un’America “da duri”, con le armi sempre in mano e dal grilletto facile. Non a caso Elena, confinata nell’isola centroamericana, ha a che fare solo con uomini. Ed ecco anche spiegato – almeno in parte – perché l’autrice è diventata un’icona: la capacità di smascherare il suo paese e gettarne in piazza i panni sporchi. Lo stesso trattamento destinato alla sua vita privata, quando ha deciso di scrivere nero su bianco ne L’anno del pensiero magico il processo di accettazione del lutto dopo la perdita del marito.

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