Una nuova detective debutta in casa Sellerio: Mirna Pagani che, all’ombra di Venezia, è subito messa alla prova con un’indagine che sembra impossibile. La nuova investigatrice, nata dalla penna di Serena Cappellozza, vedrà intrecciarsi la sua piatta quotidianità alle indagini su una morte misteriosa… Su ilLibraio.it un estratto da “Il valore delle cose”

Quando si parla di Sellerio, si parla di una casa editrice specializzata in gialli e noir, che difficilmente sbaglia un colpo in questo ambito. Ecco spiegato l’interesse per il debutto di una nuova detective, Mirna Pagani, che lavora in Laguna, all’ombra di Venezia e, pur essendo alle prese con una vita familiare al collasso, è messa subito alla prova con un’indagine quasi impossibile.

In libreria da qualche giorno è arrivato Il valore delle cose di Serena Cappellozza, presentato come un giallo investigativo “puro, senza troppi effetti decorativi, senza innesti artificiosi”.

Anche Mirna è un personaggio “naturale”: madre separata, un figlio adolescente che le dà grattacapi, una vita privata che lei sente piatta; una quotidianità difficile come tante che ha un’unica eccentricità, la madre, soprannominata affettuosamente la Mantide perché i suoi molti uomini, tutti ricchissimi vedovi, “durano come i pesci rossi”.

La trama del romanzo porta in Laguna, dunque, in un canale. L’amo di un pescatore si impiglia in un tappeto e dentro, tenuto al fondo da un sacco di sabbia, c’è il cadavere di un robusto settantenne, con un vistoso foro alla tempia. L’ispettrice Mirna Pagani sa che “la laguna è il luogo ideale per uccidere. È vasta, piena di isole, isolette, barene, attracchi più o meno legali”.

A Mirna e all’agente Angeli non è difficile individuare il luogo del delitto, una casa di caccia adattata a bella residenza. E dal luogo, l’identità della vittima: è Leone Bartoni, il presidente della GoldSwim, azienda punta di diamante dell’economia del Nord-Est.

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Nella villa non vi sono molte tracce, anche perché la governante e il giardiniere hanno pulito tutto accuratamente dopo una festa di anniversario; tutto tranne qualcosa che stranamente non c’è, una cassaforte, insieme a una scatola di preziosi sigari Gurkha, che è sparita.

L’inchiesta è di quelle che si definiscono delicate, ma Mirna non ha la mano di velluto e presto individua i due fuochi dell’indagine: i vertici dell’azienda e la famiglia del Presidente. Il vice-presidente è il genero della vittima, sposato alla figliastra Lucrezia, ragazza volitiva e radical ultrachic; la moglie del Bartoni, una ex soubrette, conduce una claudicante attività sostenuta dai soldi intermittenti del “vecchio”; il capocontabile, collaboratore antico e fedele, è il custode di molti segreti…

Il valore delle cose di Serena Cappellozza giallo Sellerio

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

«Guardi che non sono mica una carogna! Si tratta piuttosto di una specie di mal comune mezzo gaudio. Mamma mia, quanto è bacchettone, ce l’avrà anche lei qualche sentimento poco nobile. Se lo trova, me lo comunichi che a volte mi pare di far coppia col Pontefice in persona».

Angeli scosse la testa con un sospiro rassegnato.

Procedemmo in silenzio, il sole di quell’ottobre di caldo anomalo picchiava e cominciai a sudare. Mi levai il giubbotto di jeans che avevo indossato la mattina e rimasi in t-shirt. Alla nostra destra, negli specchi d’acqua bordati di tamerici e di canne palustri, le sagome dei pesci si muovevano pigramente. Arrivammo a pochi metri dalla casa, uno di quei casermoni coloniali che punteggiano la pianura padana, dove un tempo vivevano in cinquanta persone. Era stata restaurata con cura.

La voce alterata dalla rabbia di una donna si alzava da dietro la siepe di pitosforo che delimitava il giardino.

«Ti ho detto che io quello schifo non lo pulisco! A me la casa, a te il giardino. A ognuno il suo compito, o pensi che dare l’acqua alle aiuole mentre ti riempi la pancia di birra sia lavorare?».

«Vorrà dire che dopo ci butto un po’ di acqua, quante storie! Che poi io non vedo un bel niente», rispose un uomo.

«Mi hai presa per scema? Guarda bene sotto i fiori, a te questo cosa sembra?».

Ci inoltrammo nel vialetto di ghiaia che attraversava il giardino curatissimo, un prato inglese adornato da aiuole rettangolari, disposte simmetricamente rispetto al viale. I colori accesi dei fiori contrastavano con le mattonelle di pietra bianca che le delimitavano.

Mi chinai a studiare la ghiaia, i segni di trascinamento erano spariti. Alzai gli occhi e vidi un uomo con un cappello di paglia e con un rastrello in mano, piegato su un’aiuola di dalie arancioni, mentre una donna tarchiata lo osservava a braccia conserte.

«Allora?», incalzò lei.

«E vabbè, forse è vomito».

«E te lo devo dire io che c’è del vomito in giardino, visto che in teoria ci hai passato tutta la mattina? Uno ti deve dire come pulirti il culo, altrimenti non lo fai?».

«Che ti credi che prendo ordini da te? Non sei la padrona, sei la donna delle pulizie. Pulisco, ma quando decido io», rispose lui, piccato.

«Come no… aspettiamo la prossima pioggia. Io dico che sabato ti sei preso una sbronza e che è finita in questa aiuola».

«Porco cane, donna, per chi mi hai preso? Sabato c’era la cena dei capocci. Uno di loro avrà esagerato».

«Non dire cazzate. Quelli sono dei signori».

«E certo, i signori mica vomitano champagne, giusto?».

«Io non so come tu faccia ad avere ancora un lavoro.

Ah già, sì che lo so, sei entrato in valle grazie a tuo cugino».

«E tu invece?».

Ai piedi della donna c’era un secchio con un mocio.

Lei afferrò il manico, brandendolo come fosse un’arma.

La sensazione era che volesse romperlo in testa all’uomo di fronte a lei. Entrammo nel loro campo visivo giusto in tempo.

«Buongiorno, squadra mobile di Venezia».

Le mie parole ghiacciarono gli animi all’istante.

«Sono l’ispettrice Pagani», dissi esibendo il tesserino. «Lui è l’agente Angeli. Scusate l’intromissione.

Stamattina c’è stato un fatto grave nelle vicinanze, abbiamo notato che il cancello che dà sulla laguna è stato manomesso. Vorremmo sapere se avete notato qualcosa di strano», aggiunsi.

Per qualche secondo i due ci fissarono impalati, poi la donna riattaccò, rivolta al giardiniere: «Te l’avevo detto che il cancello era aperto! Hai avvertito il capovalle?».

«È impegnato con quelli della cooperativa. Gliel’avrei detto dopo», rispose lui.

«Il proprietario della villa è in casa?».

Ci furono un paio di sguardi tra i due.

«Di solito il lunedì è in ditta. Ma la macchina è lì», disse la donna indicando una Ferrari posteggiata sul viale d’accesso. «La porta della sua camera è chiusa, non mi sono azzardata a entrare. Forse sta ancora dormendo.

È venuto uno della security a cercarlo un’ora fa, ispettore».

«Ispettrice, signora, sono un ispettore femmina», dissi sbrigativamente. «E?».

«E niente, signora ispettore femmina, gli ho detto che il Presidente era in camera, lui è salito di sopra e poi è ridisceso con la faccia scura. Io stavo pulendo il salotto. L’ho visto fare una telefonata e ripartire di corsa».

«Non vi ha detto nulla?».

«Quelli della security con noi non ci parlano», disse piccata, «si credono chissacchì perché sono grossi,
hanno una pistola e parlano col coso infilato nelle orecchie. Noi poveri cristi siamo trasparenti».

Angeli nel frattempo stava consultando il telefono.

«Il proprietario è il signor Leone Bartoni?», chiese Angeli.

(continua in libreria…)

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Fotografia header: Serena Capellozza nella foto di Simone Gabatel

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