“Siamo tutti ammollo nel liquido di Bauman. Paura, è questo. E se chiedi ‘di che?’, ti rispondono ‘di tutto’. Paura di tutto. La chiami ansia, ma è una cosa ancora più sottile. Quando hai quel senso d’anticipo, quelle antenne che ti dicono che qualcosa non funzionerà. Qualcosa che manca o qualcosa che non si sistema”. Ester Viola, avvocato, scrittrice e curatrice della rubrica di posta del cuore di “Vanity Fair”, parla con ilLibraio.it del suo nuovo romanzo, “Gli Spaiati”, in cui la protagonista è una donna affetta da ipocondria sentimentale, una sindrome che la porta sempre ad auto-sabotare le sue relazioni. Con uno stile conciso, derivato probabilmente dalle sue esperienze in tribunale (“Un avvocato deve avere ragione e fare in fretta ad avere ragione. Più il rigo è corto, più sarà efficace”), l’autrice racconta problemi e insicurezze di chi ama ai tempi della modernità – L’intervista

Di cosa parliamo quando parliamo d’amore? Potrebbe essere questa, citando Carver, la domanda che attraversa l’eclettica attività professionale di Ester Viola: come avvocato, come scrittrice e come curatrice della rubrica di posta del cuore di Vanity Fair.

I tribunali rappresentano per lei una preziosa fonte di ispirazione: non solo sulle dinamiche delle vite di coppia, ma anche per lo stile. La concisione è fondamentale: “Nelle stanze dei tribunali, il cartello invisibile dietro a ‘la legge è uguale per tutti’ è un avviso agli avvocati: ‘vedi di essere breve e convincente‘”. Da qui hanno origine quelle frasi che assomigliano a sentenze, ad aforismi scolpiti tra le pagine dei suoi romanzi e della sua rubrica. Senza lasciare scampo ai lettori. Nel bene e nel male. Perché quando si parla d’amore la verità può ferire, ma è l’unica soluzione. Anche se nella maggior parte dei casi non si traduce in azione. 

Ne sa qualcosa Olivia Marni che dopo L’amore è eterno finché non risponde (Einaudi, 2016), ritorna protagonista in Gli Spaiati (Einaudi). Olivia ama, ricambiata, Luca. E per lui accetta di trasferirsi da Napoli a Milano. Eppure ha paura. Stila persino un elenco delle dieci cose che non sopporta da quando è felice con un uomo. Non è facile innamorarsi se di mestiere fai l’avvocato divorzista. Ma forse è un alibi anche questo. Forse, semplicemente, certe persone sono inadatte alla vita di coppia, sono nate spaiate. Al primo segnale che qualcosa non funziona, gli spaiati tendono all’auto-sabotaggio. E la felicità? Sembra solo il preludio a un nuovo disastro. Perché chi soffre di ipocondria sentimentale è un cherofobico senza speranza. 

Siamo tutti ammollo nel liquido di Bauman” spiega Ester Viola a ilLibraio.it. E a volte non sappiamo nemmeno come chiamarla questa paura di tutto che ci contagia. Ci avvitiamo su noi stessi senza evolvere. E in questo consiste la nostra modernità. Spaiata pure lei.

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Nel suo nuovo romanzo Olivia Marni si è trasferita da Napoli a Milano, lavora in uno studio legale e convive con il suo capo, Luca Ardenghi. Eppure la sua “ipocondria sentimentale” non accenna a diminuire. Perché?
“È la filigrana di ogni capitolo. È un ramo dell’ansia, l’ipocondria sentimentale? È quel certo modo di prepararsi al peggio quando si è felici? Le risposte le dà la protagonista, le danno tutti i personaggi intorno, c’è una serie lunghissima di microstorie. Olivia è un’insicura cronica, a volte detestabile, ma quasi mai fino in fondo. Sei meno peggio di come sembravi, è il pensiero che voglio per lei quando si arriva all’ultima pagina”.

Nel libro ci sono diverse definizioni degli Spaiati. Qual è per lei la caratteristica che maggiormente li identifica? Auto-sabotatori?
“Non classificabili. Ecco la caratteristica. Non c’è motivo all’essere Spaiati. Così come non è questione di esserselo meritato, innamorarsi. Tutto è grandemente a caso perché quello dei sentimenti è uno spazio senza meriti. Non ho fatto niente per averlo, e niente posso fare adesso per tenermelo. L’amore è insensibile alla buona condotta. ‘Non controllerai niente’ è la definizione di vita, il primo comandamento. La differenza è che i felici non ci pensano, i normali se ne fanno una ragione, gli Spaiati non se lo levano dalla testa”.

Hanno accostato il suo romanzo a Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes: lei chi porterebbe, nella storia della letteratura, come esempio per antonomasia di “spaiati”?
“Il primo è Rob Fleming, il protagonista di Alta Fedeltà di Nick Hornby. Pensi a come descrive la fine di un amore, quello con Laura: ‘Se potessi indurla ad ammettere che c’è la possibilità di rimetterci insieme, le cose mi sarebbero più facili: se posso andare in giro senza sentirmi ferito, e impotente, e infelice, riesco a tirare avanti anche senza di lei. In altre parole, soffro perché lei non mi vuole; ma se arrivo a convincermi che un po’ mi vuole ancora, allora starò di nuovo bene, perché a quel punto sarò io che non la vorrò più, e potrò cercarmi un’altra’. È questo il mondo degli Spaiati. Vorrebbero le sicurezze vendute al bar, nella vetrina delle caramelle”.

E hanno grossi problemi con la felicità. Olivia la considera a orologeria e preludio di qualche catastrofe incombente. Montale ammoniva nella sua Felicità raggiunta: “dunque non ti tocchi chi più t’ama”. Oggi assistiamo al fenomeno pop di “cherofobia”. Sembra che la paura di essere felici sia una costante, ma forse oggi ancora di più.
Vai veloce. Questo ti dice il mondo. Tutto sparisce domani, su Instagram e altrove. Almeno due cose di quelle che hai intorno adesso tra sei mesi avranno un modello che funziona meglio. Perfino l’antiquariato è passato di moda e le sedie Queen Anne non le vuole più nessuno. L’amore è essere disposti a pensare che ‘non sostituibile con un altro modello, magari migliore’ sia un pregio. Non è un bel periodo, per i sentimenti, diciamo”.

“Tutto quello che so sull’amore l’ho imparato in tribunale”. Tanti sono i parallelismi tra mondo legale e sentimentale. Quanto ci può insegnare sulle dinamiche affettive?
“Prendi una storia d’amore, fai un riassunto poco sentimentale e mettilo davanti a un estraneo per spiegargli cos’è successo. Un giudice. Ecco una causa di separazione. L’amore muore su un foglio, e quel foglio lo scrivo io. Ogni tanto ci penso: la fine degli amori è un assegno. La cosa che per niente ubbidiva alla matematica, l’amore dell’inizio, finisce così. Con un calcolo. Numeri. Potrebbe essere la metafora di qualcosa, ma non mi piacciono le metafore”.

La sentenza della Cassazione relativa al mantenimento rappresenta una svolta culturale. Che impatto sta avendo?
“Nessun impatto fortissimo, in realtà. Era da anni che i magistrati avevano cominciato a bilanciare le cifre dei divorzi alle circostanze”.

A propositivo di sentenze, il libro è ricco di aforismi di grande efficacia. Twitter ha influito sul suo stile?
“È stato il mestiere, in realtà. Un avvocato è uno con un grande problema, anzi due. Avere ragione e fare in fretta ad avere ragione. Tradotto: nelle stanze dei tribunali, il cartello invisibile dietro a ‘la legge è uguale per tutti’ è un avviso agli avvocati: ‘vedi di essere breve e convincente’. ‘Il giudice non legge, il giudice si annoia’. Ecco cosa si sente dire un praticante per anni. ‘Troppo lungo’. E quindi tagliare, sistemare. Più il rigo è corto, più sarà efficace. Forse da lì viene un’intolleranza alle frasi forti, più pensate, quelle che ti risucchiano tutta l’attenzione. O forse proprio non sono capace, non lo so”.

Quanto l’amore ai tempi dei social e delle notifiche sta lasciando cadaveri dietro di sé?
“Vuole farmi dire che siamo rovinati, in questa generazione più che mai? Ma l’ha detto di sé ogni generazione. Non lo sappiamo ancora, se abbiamo ragione a disperarci. Certo ci sta capitando di tutto: frenesia tecnologica, frana di certezze, mercato del lavoro incomprensibile. Generazione cavia. E forse la cavia non è certo la più adatta a dare giudizi sull’esperimento”.

Le due città del romanzo, Napoli e Milano con le rispettive peculiarità fanno da contrappunto a pensieri ed emozioni di Olivia. Quanto i luoghi in cui viviamo ci definiscono?
“I luoghi salvano o distruggono. Animum debes mutari non caelum. Devi cambiare l’animo, non il cielo. Ecco, se potessi portare a processo una frase della letteratura, vorrei farlo con questa. Prendiamo la montagna, dove sono cresciuta. Quella per me è una pace mortale: il verde, il silenzio, le grandezze. Esiste una calma che toglie le forze. Credo sia comune a tutti quelli che sono cresciuti in piccoli paesi. Da me i ciclamini spuntavano il 16 agosto, come un’anteprima dell’inverno e di tutta la tristezza che sarebbe venuta. Quando sono andata a studiare a Napoli mi piacevano perfino le ambulanze alle cinque di mattina, quando mi svegliavo presto per ripetere l’esame. Voleva dire che là fuori c’era qualcuno già in piedi, era tutto vivo. Avevo la città compagna di viaggio”.

La protagonista ha una passione per gli elenchi. Ne troviamo uno all’inizio del libro con le 10 cose che non sopporta da quando è felice insieme a un uomo. La predilezione per le liste è stato oggetto anche di un recente approfondimento su Robinson di Repubblica e veniva citato anche Fleming/Hornby. Secondo Massimo Recalcati gli elenchi sono un modo per curare l’ansia di sentirci effimeri. Lei cosa ne pensa?
“Per me la ragione è più semplice: mi divertono. Vorrei dirle che ogni scelta stilistica è dettata da una riflessione più profonda, che viene dopo una ricerca. I miei motivi sono superficiali. Vediamo se riesco a trovare dieci motivi per cui odio stare in coppia, quello mi sono detta a pagina due. Gli elenchi non sono altro che la mia giornata buona, la mia pagina che ride”.

Parlando del suo ultimo romanzo Da soli, Cristina Comencini, proprio in un’intervista con ilLibraio.it si chiedeva: “Quanto siamo pronti a sacrificare della nostra libertà per il piacere di stare con un altro, per la costruzione di qualcosa che duri?”. Eppure la libertà per la sua protagonista non sembra il primo valore. Cosa c’è in gioco?
“C’è sempre in gioco la libertà, ma di un altro tipo. Olivia ragiona per micro-sentenze apparentemente razionali. La libertà è quella di tirarsi fuori dal piccolo tribunale che ha nella testa”.

Dopo il successo de Gli sdraiati di Michele Serra, divenuta espressione comune per descrivere una fetta di adolescenti, pensa che Gli spaiati diventerà il nuovo modo per identificare i “single 4.0”?
“Spaiati non è esattamente una conta e nemmeno un tentativo di divisione tra chi sta solo e chi no. Anche se comincia da quello. L’ho chiamato Gli spaiati perché ‘Cosa ci sta succedendo?’ non era un buon titolo. Siamo tutti ammollo nel liquido di Bauman. Paura, è questo. E se chiedi ‘di che?’ – perché la paura ha bisogno di questa domanda, devi specificare l’oggetto, o non esiste – ti rispondono ‘di tutto’. Paura di tutto. La chiami ansia, ma è una cosa ancora più sottile. Quando hai quel senso d’anticipo, quelle antenne che ti dicono che qualcosa non funzionerà. Qualcosa che manca o qualcosa che non si sistema”.

Difficile da definire…
“Sì, a volte è l’ovosodo di Virzì, altre è quella pena di cui parla Céline: ‘È come una donna mostruosa, la pena. E tu te la sei sposata. E allora forse è meglio finire per amarla un po’ invece di dannarsi a picchiarla tutta la vita, perché è chiaro che non la puoi accoppare’. Sono tutti personaggi che per la paura, l’orgoglio e i rancori arretrati hanno trovato una soluzione tanto folle quanto precisa: ce li hanno e se li tengono. Non evolvono, s’avvitano. Molto più moderni, no?”.

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