Lidia Ravera torna in libreria con “Il terzo tempo”, un romanzo sulla vecchiaia e sul rivoluzionare la propria vita perché, come spiega a ilLibraio.it, oggi “a 65 anni se ne hanno altri 25 davanti”. L’autrice parla anche del suo impegno in veste di Assessore alla Cultura e alle Politiche Giovanili della regione Lazio (in particolare in riferimento alla promozione alla lettura) e si scaglia contro i pregiudizi che definiscono la vecchiaia (“le donne sono spesso definite con aggettivi più adatti agli ortaggi…”). Dice la sua anche sul femminismo di oggi: “Vorrei che le ragazze fossero ancora più incazzate e radicali”

Lidia Ravera, autrice, giornalista e sceneggiatrice, dal marzo 2013 Assessore alla Cultura e allo Sport nella Regione Lazio, torna in libreria con Il terzo tempo (Bompiani), opera dedicata all’invecchiare, al trascorrere del tempo, ma anche al rinnovarsi, temi che la scrittrice affronta anche sul suo blog, che porta lo stesso nome del romanzo.
Lidia Ravera

Dopo Piangi pure e Gli scaduti, l’autrice ritorna a descrivere un periodo della vita che fa paura, quello della vecchiaia, attraverso gli occhi di Costanza che “non è vecchia, ma presto lo sarà” e che decide, proprio spinta dal tempo che passa, di rivoluzionare la propria vita.

Lidia Ravera

foto Anna Nadalig

Lidia Ravera ha raccontato a ilLibraio.it il suo rapporto con il tempo che passa e l’invecchiare, ma anche l’impegno come Assessore e la sua posizione riguardo al femminismo.

Cosa significa invecchiare oggi e che cosa è cambiato anche solo rispetto alla generazione precedente?
“Oggi, rispetto alle generazioni precedenti, abbiamo davanti più tempo da vivere: a 65 anni se ne hanno altri 25. La nostra aspettativa di vita è aumentata grazie alla scienza, all’attenzione per il fitness e l’alimentazione, in più la mia generazione è la prima a non aver provato sulla propria pelle nessuna guerra. Siamo cresciuti negli anni del benessere, del boom economico. I decenni che abbiamo davanti sono un’intera vita in cui è possibile ridisegnare tutto”.

Sul suo blog scrive che vuole “sparare a zero sugli stereotipi”. Quali sono i pregiudizi che ancora esistono sulla vecchiaia?
“Gli stereotipi sono il motivo per cui invecchiare fa paura. Ad esempio la presunta morte del potere seduttivo, inteso anche come capacità di creare relazioni, fare conoscenze. Sembra che i vecchi siano destinati a essere soli, depressi, tirchi, malati, vigliacchi… Invece è una stagione della vita che più o meno tutti si trovano ad affrontare: non vedo perché si debba vivere la vecchiaia diversamente da ogni altro periodo dell’esistenza. Io stessa vivo come trent’anni fa: esco alla sera, vado a correre alla mattina tanto quanto facevo allora. Bisogna cambiare gli aggettivi che accompagnano la parola vecchio”.

Parlando di donne, invece, secondo lei quali sono i passi avanti che bisogna ancora fare in Italia per raggiungere la parità?
“La parità sarà raggiunta quando anche noi donne potremo invecchiare serenamente come gli uomini. Gli aggettivi usati per descrivere le donne, spesso, ricordano quelli riferiti agli ortaggi: si è ‘fresca’, ‘appassita’, ‘fertile’, ‘sterile’… Le persone invecchiando e acquisendo esperienza diventano più utili anche nella relazione, ma questo sembra valere solo per gli uomini, il cui fascino aumenta con l’età”.

Per le donne, invece…
“Gli uomini anziani possono scegliere la compagna tra tre generazioni, per le donne invece è impensabile. Uno dei pochi tabù rimasti nella nostra società è quello di una donna che ha una relazione con un ragazzo che potrebbe essere suo figlio. E poi la donna invecchia con dolore anche per via della perdita della fertilità: sembra che la figura femminile non possa mai maturare. Invece per me la menopausa è stata una benedizione. Da giovane non avrei mai pensato di essere così forte, ho avuto per anni il terrore di invecchiare, ma ora sono felice. Ho vissuto tutte le fragilità del mio sesso, dal rapporto con il corpo fino a quello con gli altri, l’invidia delle altre donne, la competizione con gli uomini. Da vecchi invece si ha la possibilità di essere davvero se stessi”.

Cosa pensa invece del femminismo delle ragazze di oggi, in cui il web e i social giocano un ruolo decisivo?
“I nuovi mezzi sono importanti, ma le vorrei più incazzate e radicali. Sul web esiste l’anonimato, invece è importante l’assunzione di responsabilità. Ancora non riusciamo a imporre un modello che si sostituisca a quello maschile che è in tracollo. Bisognerebbe che diventasse più politico, i corpi in piazza unificano”.

Il suo interesse per i giovani si riflette anche nel suo impegno pubblico. Cosa l’ha spinta a dedicarsi alla politica?
“Ho ricevuto la proposta da Nicola Zingaretti, Presidente della regione Lazio, e mi sembrava incoerente rifiutare, visto che ho sempre detto che bisogna contribuire alla politica invece che sputarci sopra”.

Quali sono le prossime iniziative legate alla promozione della lettura a cui sta lavorando?
“Spero riusciremo a promuovere un altro bando di Io leggo per il 2018, anche se il mio mandato finirà proprio l’anno prossimo, a marzo. All’edizione appena conclusa hanno partecipato 480 associazioni con idee per promuovere la lettura, ma purtroppo ne abbiamo premiate solo 30 coi 600.000 euro disponibili. Spero che l’anno prossimo potremo premiare anche i progetti meritevoli che quest’anno sono stati esclusi. Coi bandi creatività, invece, abbiamo stanziato 1 milione di euro per promuovere piccole e medie imprese di under 35. Inoltre, finanziamo i Fab Lab e le Officine Culturali, luoghi in cui si ha la possibilità di usare strumenti come le stampanti 3D e chiedere il supporto di artigiani esperti. Sono veri e propri luoghi di lavoro. Finora abbiamo aperto 6 Fab Lab e speriamo di riuscire a crearne altri 2. Stiamo anche riaprendo alcuni teatri chiusi in Lazio. Realizzare cose è faticoso, ma non mi interessa dedicarmi alla politica, a cui sono insofferente. Non ho un’appartenenza e nemmeno mi è stata chiesta: Zingaretti voleva una persona che arrivasse dal mondo della cultura, non un politico, per questo ruolo”.

Ritornando all’invecchiare, secondo lei, quali sono i libri interessanti su questo tema?
“L’insuperato ma deprimente La terza età di Simone de Beauvoir che racconta cosa significava invecchiare nella società di quarant’anni fa. La curiosità non invecchia di Massimo Ammaniti, una raccolta di interviste a novantenni lucidi tra cui Camilleri. Un’opera consolante e interessante sulla quarta età, direi. E poi mi viene in mente Le nostre anime nella notte di Kent Haruf, essenziale e un po’triste”.

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