Antonella Lattanzi racconta a ilLibraio.it la genesi del suo nuovo romanzo “Una storia nera”, per cui ha “studiato tantissimi casi di violenza domestica per arrivare alla una storia che, in potenza, le contenesse tutte”. Parla anche del suo interesse per la cronaca, del bisogno di vivere in città e delle sue passioni letterarie. L’autrice si esprime anche sul tema del maschilismo, nella vita quotidiana come nel mondo letterario, dove spesso le opere di donne sono bollate come “letteratura femminile”…
Antonella Lattanzi torna in libreria con Una storia nera (Mondadori), un romanzo che ruota attorno al tema della violenza domestica, del dolore e del disagio di chi vive una “relazione tossica” e si rivolge anche a chi nasce da quell’amore malato. Carla, nemmeno quarantenne, si è sposata da ragazzina con un uomo poco più grande di lei; ora si sono separati perché il loro amore era totalizzante, ma anche pericoloso. Lui, Vito, non sembra accettare. Di mezzo, poi, ci sono tre figli, due appena maggiorenni e una bambina ancora piccola.
Una storia che sembra uscita dalle pagine di cronaca, soprattutto quando inizia a scorrere il sangue. Per parlare del romanzo, ma soprattutto della sua genesi, ilLibraio.it ha intervistato Lattanzi, autrice e sceneggiatrice barese che si era già fatta notare con Devozione e Prima che tu mi tradisca (entrambi pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Come è nata l’idea di scrivere un libro su un tema scottante e attuale come la violenza domestica?
“Nei miei libri scrivo sempre di storie che hanno a che fare con la realtà. Mi interessa moltissimo la realtà. Mi piace molto il processo di studio, di immersione nel reale che prelude alla scrittura, sono convinta che arricchisca, illumini zone che prima erano in ombra, e aiuti a penetrare mondi sconosciuti”.
In questo caso si tratta di un tema che, sfortunatamente, appare spesso sulle pagine dei giornali.
“Sono un’appassionata di cronaca in tutti i suoi volti, non per la pruderie della notizia macabra, violenta, strana, non per sapere ‘il fatto’ e i mille particolari raccapriccianti o alla mercé del gossip che lo attorniano, ma perché studiando la cronaca si viene a conoscenza, in contatto, con persone e dinamiche umane che altrimenti non si vedrebbero mai, non si conoscerebbero mai”.
C’è mai dell’autobiografia in quello che scrive?
“Il racconto dell’autobiografico, di ciò che accaduto a me o nel mio mondo non mi interessa. Mi interessa scoprire, indagare, vedere. Poi però mi piace, mi interessa inventare storie. Raccontare la realtà così come è accaduta mi sembra riduttivo; il romanzo, l’invenzione, contengono molto più della realtà. Per questo romanzo ho studiato tantissimi casi di violenza domestica per arrivare alla mia storia, una storia che, in potenza, le contenesse tutte”.
Nonostante le recenti manifestazioni contro la violenza sulle donne e a favore della parità di diritti, il maschilismo resta una realtà innegabile.
“Resta innegabile la differenza tra i ruoli, la differenza di educazione, la differenza di considerazione al lavoro, nei ruoli dirigenziali, la differenza di compenso tra un uomo e una donna. Resta innegabile che ciò che ci si aspetta da una donna è diverso da ciò che ci si aspetta da un uomo. I figli e il lavoro sono ancora due temi difficilissimi, quando è il momento giusto per avere un figlio, se una donna tiene tantissimo al suo lavoro? Come non venire allontanate, o escluse, perché si aspetta un figlio, perché si ha un figlio? Io credo però che non si possa parlare per generalizzazioni, che esistano casi di violenza maschile come di grande comprensione, casi di maschilismo e casi in cui di maschilismo non c’è traccia. Credo fortemente nel potere dei libri, della conoscenza, della condivisione, perché una strada è stata aperta e anche se c’è ancora tanto da percorrere, la strada c’è”.
Secondo lei, quali sono i passi che la nostra società deve ancora compiere?
“Conoscere. Studiare. Leggere. Uscire dai nostri schemi, provare a pensare in modo diverso, da un’altra angolatura”.
Per quanto riguarda la letteratura, nella sua esperienza le è mai capitato di subire trattamenti diversi rispetto a colleghi uomini?
“Uno dei problemi in ambito letterario dell’essere donna riguarda la possibilità di essere rinchiusa in un recinto: la letteratura femminile. Uomini che dicono che di donne non leggono niente, o che come un complimento ti dicono: scrivi come un uomo. Il romanzo scritto da una donna spesso non è considerato come un romanzo, ma come un romanzo femminile, e nonostante tutti i passi avanti anche da questo punto di vista tale rimane, troppo spesso: il libro, il romanzo di una donna. Non un romanzo”.
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Cambiando discorso, la Roma del suo romanzo è un luogo torrido e inospitale, assediato dai turisti e in cui i personaggi non hanno nessuno al di fuori della cerchia famigliare. Crede che oggi le città, anche a causa della crisi economica, siano luoghi alienanti?
“Io adoro le città. Amo il mare, ma credo che non potrei vivere in un altro posto che non sia una città. Le città sono difficili, complicate, Roma per esempio è meravigliosa ma anche ostile, infinita ma anche claustrofobica, e sa essere alienante. Credo ancora che nelle città si possa vivere al meglio, ma è scontato dire che ci vogliono i mezzi, le condizioni, che ci vuole un aiuto al cittadino per viverci meglio e non sentirsi abbandonato a se stesso. Solo”.
Come lettrice, quali sono le opere e gli autori e le autrici che apprezza particolarmente?
“Ho appena finito di rileggere Giro di vite di Henry James, che avevo letto tanto tempo fa e che mi ha colpito nuovamente per la tensione, il ritmo narrativo, i non detti. Nella letteratura, adoro i non detti. Adoro ciò che è solo evocato, che deve essere riempito, interpretato dal lettore. Tra i miei libri preferiti ci sono Sotto il vulcano di Malcom Lowry, un capolavoro come pochi, un viaggio dentro i demoni più profondi di tutti noi, Pastorale americana di Philip Roth e It di Stephen King che secondo me sono i grandi romanzi americani”.
E cosa ha letto per prepararsi alla stesura del suo romanzo?
“Tra i libri che ho riletto per la scrittura di questo romanzo ci sono il magnifico La camera azzurra di George Simenon, letto e riletto da quando l’ho conosciuto per la prima volta, ma anche Venere privata di Scerbanenco e uno dei capolavori di Leonardo Sciascia, il racconto L’antimonio”.
Ora, invece, cosa c’è sul suo comodino?
“Mi appresto a leggere Una vita come tante di Hanya Yanagihara, di cui ho sentito parlare benissimo e che non vedo l’ora di leggere”.