Nicole Krauss torna in libreria dopo sette anni con “Selva Oscura”, in cui riflette sulle possibilità e il ruolo della letteratura e della scrittura nella creazione di altre realtà. Intervistata da ilLibraio.it, si racconta a tutto campo, partendo proprio dal ruolo dei romanzi: “Esprimere un significato nel modo più autentico e lasciare spazio al lettore, per permettergli di essere attivo, di creare legami tra i personaggi, le vicende e i luoghi. Così si crea un’esperienza più ricca sia per il lettore sia per l’autore. Perché questa scoperta interessa anche chi scrive: è affascinante elaborare scene senza davvero sapere dove porteranno”

Sette anni dopo La grande casa, Nicole Krauss torna in libreria con Selva Oscura (Guarda, traduzione di Federica Oddera), un romanzo che ruota attorno a un luogo, l’Hilton di Tel Aviv, e a due personaggi: Jules Epstein, un ricco avvocato di New York scomparso nel deserto israeliano e la sua concittadina Nicole, scrittrice trentanovenne che proprio nel deserto sembra ritrovare una parte di sé. A unirli, la religione ebraica e l’essere stati concepiti a Tel Aviv.

L’idea di Epstein, un uomo che scompare nel deserto all’inizio del libro, è arrivata mentre stavo lavorando ad altro. Ho immaginato un personaggio a cui non mancano mai le parole, che sa sempre cosa fare, ma che solo tardi nella vita inizia a nutrire dei dubbi e decide di avvicinarsi alla spiritualità”, racconta Nicole Krauss a ilLibraio.it.

Un personaggio a cui ben presto si sono aggiunte altre suggestioni: “L’ossessione per l’Hilton di Tel Aviv, un hotel dall’architettura così definita da sembrare una griglia, tanto da far pensare che possa indirizzare le vite di chi vi è ospite, che sia una sorta di portale su altri mondi” e dove l’autrice confessa di ricondurre “ricordi d’infanzia”, proprio come la protagonista femminile del romanzo, con cui condivide anche il nome, Nicole.

Ma Krauss ci tiene a sottolineare che Selva Oscura non è un romanzo autobiografico, o almeno non lo è più di quelli precedenti – “con i personaggi condivido sempre delle esperienze”, ha raccontato – perché non riesce a “concepire come l’autobiografismo possa suscitare interesse nel lettore”. Anzi, Nicole Krauss a questo proposito pone una domanda: “Quando leggiamo fiction non siamo limitati dalla realtà, quindi perché non sfruttare la flessibilità dell’immaginazione e creare un mondo parallelo?”. Un mondo di possibilità come quello che ha creato in Selva Oscura, dove Nicole ed Epstein hanno la possibilità di sperimentare un’altra esistenza, quella che si dispiega ai loro piedi in Israele.

“Personaggi e ambientazione si sono giustapposti: erano parte della stessa cosa ed erano ugualmente necessari alla storia” che compone Selva Oscura, un romanzo complesso, “come quelli che l’hanno preceduto”. Perché per l’autrice la forma ideale per “esprimere un significato nel modo più autentico è lasciare spazio al lettore e permettergli di essere attivo, di creare legami tra i personaggi, le vicende e i luoghi. Così si crea un’esperienza più ricca sia per il lettore sia per l’autore. Perché questa scoperta interessa anche chi scrive: è affascinante elaborare scene senza davvero sapere dove porteranno”.

Una figura, quella del lettore, che Nicole Krauss cita spesso durante il colloquio con ilLibraio.it. Forse proprio perché “quando si legge si diventa parte del libro e le storie che leggiamo sulla pagina diventano parte della nostra vita, rendendo l’esperienza una continua crescita”. Una crescita che, però, ci neghiamo nella vita reale, dove “definiamo noi stessi con un’idea dell’io così schematica da sembrare una prigione e che non ci permette di cambiare”.

Tuttavia la mente umana opera proprio per “ricostruzione: la memoria non ci permette di accedere a una verità storica, ma a verità narrative. Traduciamo i nostri ricordi per ricreare una storia coesa di quello che siamo perché il cervello umano ha bisogno di coerenza, molto più che di verità. Vista questa peculiarità della nostra mente, perché non possiamo dare più libertà alle narrazioni, partendo proprio dalla nostra esistenza?”.

E così, da questa riflessione, Krauss ha iniziato a elaborare il romanzo come un esperimento in cui testare i limiti della possibilità e di cui ha reso se stessa “cavia”: con un personaggio che porta il suo stesso nome ha deciso di mettersi “in gioco” e rendere la protagonista del romanzo quanto mai “reale”, sia “per il lettore” che per se stessa, seppur affidandole una vicenda del tutto immaginaria. Lo scopo dell’esperimento? “Valutare la crescita di Nicole in relazione alla sua assoluta libertà”.

La riflessione sulla libertà e le possibilità non si esaurisce nel romanzo, ma apre molteplici spunti di discussione, a partire proprio dalla ridefinizione della nostra condizione umana: “Molti sono in disaccordo con le regole che definiscono la nostra esistenza, ma sentono di non avere scelta e accettano di vivere in una condizione di disagio”. Non a caso la letteratura si fa portatrice di queste tematiche: essa infatti “è la forma d’arte che ci permette di vivere la vita di altri da dentro e sentire quello che provano“.

Secondo Nicole Krauss, quindi, non manca la “curiosità di scoprire come trasformare la realtà”, né tra i lettori né tra gli scrittori. Una condizione che non va confusa con “l’utopia” e la sua controparte, “la distopia”, che sta raccogliendo molto successo in questi anni anche in libreria, raccontando storie di “fuga ed evasione”. “Selva Oscura, infatti, è un libro pieno di amore perché la letteratura è un modo di capire a fondo il mondo in cui viviamo e di sperimentarlo in un modo più intenso, con lo scopo di trovare vie per vivere meglio e più a nostro agio”, afferma la scrittrice che si definisce “ottimista”, almeno per quel che riguarda la scrittura.

Teorizzare sulla letteratura e il suo impatto sulla vita non spaventa l’autrice che, a differenza della sua controparte romanzesca, assillata dai lettori che la vedono come la portavoce della letteratura ebraica, ammette di non “percepire pressioni di alcun tipo”. Anzi, racconta di “non sentire come una propria responsabilità il modo in cui viene contestualizzato” il suo lavoro. L’unico compito della scrittrice, infatti, è “esprimere qualcosa che non sia ancora stato raccontato, un’esperienza intima in cui altri si possano riconoscere“. 

Oltre che una scrittrice che dedica moltissima attenzione alla creazione dei suoi romanzi, sia dal punto di vista della struttura sia della costruzione dei personaggi, Krauss è anche una grande lettrice “di classici come pure di autori contemporanei”. E a questo proposito si dice “profondamente influenzata dalla letteratura, perfino nello scrivere e nel relazionarsi con gli altri”. E racconta di sorprendersi sempre dell’impatto che i libri hanno sulla nostra mente: “All’improvviso riaffiorano memorie di letture fatte anni prima”. La letteratura “è così cruciale da essere anche il luogo in cui è avvenuta la trasformazione e la presa di coscienza” alla base della riflessione da cui nasce il romanzo.

Un autore che Nicole Krauss apprezza? Una risposta difficile, perché di molti ama solo “uno o due lavori”, ma alla fine cita “la scrittrice tedesca Jenny Erpenbeck e i suoi romanzi, soprattutto l’ultimo, Go, went, gone, sulla crisi dei migranti in Europa”.

Nonostante Nicole Krauss abbia impiegato sette anni a tornare in libreria, perché “tra un romanzo e l’altro bisogna vivere, avere preoccupazioni, fare esperienze che confluiscano nella scrittura“, questa volta sta già lavorando a un nuovo progetto: “Una raccolta di racconti che nasce da storie sviluppate proprio lavorando a Selva Oscura“. Un’esperienza che la scrittrice, che si definisce “una romanziera nell’anima“, si dice “curiosa di sviluppare perché, nonostante nel racconto si possa lavorare sulla struttura come in un romanzo, bisogna però saper riconoscere il momento di cambiamento che merita di essere rappresentato”.

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