Perché James Morris – ufficiale dell’esercito durante la Seconda guerra mondiale, famoso giornalista e scrittore di viaggi – è diventato Jan? Perché fin dall’infanzia, si era sentito in un corpo “sbagliato”, non-femminile. “Enigma” di Jan Morris è un memoir da non perdere, il racconto di un percorso transgender compiuto all’inizio degli anni ’70…
“Il genere è una copia di cui non esiste l’originale”: Vittorio Lingiardi, psicanalista e scrittore, apre Enigma, il memoir di Jan Morris (1926-2020), che astoria edizioni ha ripubblicato (nella traduzione di Lucrezia Giorgi), con una citazione della filosofa americana Judith Butler.
Come distinguere il genere dal sesso e come definire cosa sia femminile e cosa maschile sono infatti le domande al centro della teoria di genere elaborata dalla pensatrice e a cui Lingiardi aggiunge: “L’idea di maschile e femminile cambia continuamente e ogni volta è il risultato, la copia, di una proiezione culturale”.
Enigma (Conundrum nell’originale inglese) fu dato alle stampe nel 1974, e portato in Italia qualche anno dopo da Mondadori, per testimoniare un’esperienza assolutamente inaudita, se non proprio tabù.
A parlare della transizione di genere, del “transessualismo” e dell’identità di genere non sono infatti sociologi o ricercatori del tema, ma proprio una persona transgender, una giornalista e scrittrice che si trova a gestire la difficile materia sulla proprio pelle: Enigma è infatti uno dei primissimi racconti in prima persona di una persona transgender ad affrontare apertamente la transizione e l’operazione chirurgica di riassegnazione di genere nell’Europa contemporanea. Il libro, dunque, rappresenta senz’altro un’importante testimonianza per riuscire a inquadrare storicamente l’esperienza transgender ma, soprattutto, un’opera artistica di grande livello.
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Jan Morris, nata nel 1926 in Galles, ha vissuto come James fino agli anni ‘70.
In quel lasso di tempo era riconosciuta e stimata come uno dei giornalisti più rilevanti del Regno Unito: ha documentato Hiroshima dopo la bomba atomica, la conquista della vetta dell’Everest e il processo ad Adolf Eichmann.
Nel 1949 sposò Elizabeth Tuckniss, con la quale ebbe cinque figli. Fu molto prolifica e scrisse circa 40 libri, di cui almeno due quelli oggi disponibili in italiano (Venezia e Per volontà del cielo, pubblicati da Il Saggiatore). Si occupò di viaggi e reportage, ma la sua attività di giornalista fu in parte interrotta a causa della decisione di intraprendere il percorso di transizione di genere. Nel libro, tutti gli aspetti più roboanti della sua vita lasciano il passo a una riflessione profonda sulla propria esperienza interiore.
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Morris raccontava di aver avuto consapevolezza del proprio genere già a 4 anni, un’illuminazione giunta mentre si trovava sotto il pianoforte della madre: “La mia convinzione di una sessualità inesatta assumeva ancora i caratteri di una sfumatura vaga, relegata nelle retrovie del mio cervello e, se non ero infelice, comunque mi trovavo di continuo di fronte a un enigma”, scrive l’autrice agli esordi del testo.
L’enigma a cui fa riferimento riguarda non solo il suo caso particolare con il genere, ma si estende a un dilemma con l’identità che investe ogni singolo essere umano, indistintamente. Per usare le sue parole: “A ogni modo io stessa vedo il mio enigma da un’altra prospettiva, attribuendogli un’origine o un significato più elevati. Lo identifico con l’idea che ho dell’anima o del sé, quindi non solo circoscritto all’ambito sessuale, ma come una ricerca di unità”.
L’alto obiettivo di Morris, pienamente raggiunto, è quello di ascrivere l’esperienza transgender all’interno delle comuni esperienze umane di ricerca e affermazione sociale, e, in definitiva, di identità. Identità che è oggi un concetto attualissimo, attorno al quale si generano movimenti collettivi e, spesso, ideologie politiche. Il discorso di Morris, però, ritorna sempre, costantemente, all’interiorità: “Molte persone, quando racconto loro che sto scrivendo questo libro, esprimono la speranza che io faccia luce sul ‘mistero dell’identità’ o sulla ‘ricerca dell’identità’, concependo la condizione umana come un microcosmo di verità universali. Ma io non penso in termini cosmici. […] ora comprendo che alla base della mia inquietudine c’era proprio il fatto di non averne una. Non ero per gli altri ciò che ero per me. Non mi conformavo alla definizione del dizionario ‘sé stessa e non qualcos’altro’…”.
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Solo dopo aver affrontato l’intervento chirurgico a Casablanca, e dopo anni di lenta transizione con le terapie ormonali, alla scrittrice viene legalmente concessa la possibilità di cambiare la propria identità anche davanti alla legge: la stessa autrice definisce tutto questo processo, in un modo che oggi ci fa storcere il naso, “cambio di sesso”.
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Solo da quel momento, come lei stessa afferma, può iniziare a vivere la propria vita. I precedenti dettagli permettono di rileggere il racconto che scrive Morris sotto una lente contemporanea, evidenziando alcune incongruenze con l’evoluzione del pensiero queer. Si tratta di definizioni decisamente in contrasto, ad esempio, con il tipo di racconto fatto da Paul B. Preciado in Orlando, la mia biografia politica (2024), il film-documentario che raccoglie le storie di tante persone trans a comporre un’unica narrazione a più voci. Il chiaro intento (politico e polemico) del film è proprio quello di evitare le narrazioni singole delle vite “eccelse”, a cui viene spontaneamente dato spazio quando si parla di comunità transgender. L’abitudine, infatti, finora è stata quella di passare il microfono alle poche persone trans visibili (o meglio, illuminate dai riflettori pubblici) e dargli spazio per raccontare la loro biografia: si pensi a Pageboy dell’attore Elliot Page o alla trilogia di Fumettibrutti in Italia. Si tratta di opere importantissime, spesso anche educative per un pubblico che non ha mai potuto entrare in contatto con simili esperienze, ma che rimangono delle voci solitarie nel mezzo di un deserto, che raccontano un vissuto unico e particolare.
Morris ha avuto un grande merito e ha senz’altro aperto una via: non soltanto per le autobiografie delle persone transgender e non conformi rispetto al genere, ma anche una speranza per chi questa esperienza, spesso fatta di negazione, sofferenza e solitudine, la vive in prima persona. Per questo ancora oggi è importante avere questo testo a disposizione di tutte e tutti.
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