Autore di “Bestiario”, “Il giro del giorno in ottanta mondi”, “Gli Autonauti della Cosmostrada”, “Ultimo Round” e “Il gioco del mondo (Rayuela)”, Julio Cortázar (1914-1984), maestro del racconto, amante del jazz, è uno degli scrittori più significativi del Novecento: le sue opere sfidano instancabilmente le barriere di genere, sovvertono i rapporti impliciti che si instaurano tra un testo e il suo lettore, fanno degli elementi fantastici un pane quotidiano, manipolano la lingua come se fosse materia plastica, trasformano il punto di vista in una forma d’arte – Su ilLibraio.it un approfondimento dedicato ai suoi libri

Dovendo tratteggiare un ritratto dello scrittore argentino Julio Cortázar sembra inevitabile aprire le danze con una manciata di ingredienti fondamentali per comprendere la sua opera, mastodontica per l’importanza che ricopre nel panorama della letteratura sudamericana e mondiale. Bisognerebbe quindi menzionare fin d’ora che Cortázar rifiutava categoricamente l’idea che la lettura fosse un atto passivo, e concepì il suo capolavoro, Rayuela (1963), affinché potesse sovvertire quest’idea: tradotto in Italia da Flaviarosa Nicoletti Rossini come Rayuela. Il gioco del mondo (1969, Einaudi), il romanzo è costruito perché i suoi capitoli possano essere affrontati dal lettore in ordine progressivo, sparso, o senza ordine alcuno.

Non solo, Cortázar considerava il dizionario come una sorta di cimitero, aveva una propensione straordinaria per il racconto, suo genere d’eccellenza, e amava la musica jazz, tanto da lasciarne traccia nella sua scrittura. Credeva inoltre che il fantastico fosse un elemento della realtà: “La mia concezione del fantastico non è poi così differente da quella del reale, perché nella mia realtà il fantastico e il reale si confondono quotidianamente”, si legge in JulioCortázar. L’altro lato delle cose. Intervista (Mimesis, a cura di Tommaso Menegazzi).

Julio Cortázar libri

Nato a Bruxelles nel 1914 e morto a Parigi nel 1984, dopo avervi vissuto per molti anni, tanto da essere naturalizzato francese, Julio Florencio Cortázar Descotte era argentino, dalla punta dei piedi alla punta dei capelli: tra i due estremi dei suoi settant’anni di vita, “in mezzo c’è tutto il Sud America, il Centro America, la letteratura di un continente cambiata per sempre […], ci sono le rivoluzioni socialiste, i doveri del letterato di fronte alle rivoluzioni, gli errori del letterato di fronte alle rivoluzioni, c’è il gioco, il confine tra reale e irreale, c’è l’Europa di nuovo”, scrive Davide Coppo su Rivista Studio. Che sia nato e morto in Europa sembra quasi un accidente, eppure suo padre era un diplomatico argentino e, in modo o nell’altro, Julio Cortázar arrivò per la prima volta in Argentina nel 1919, quando la famiglia si trasferì a Banfield, un quartiere nel sud di Buenos Aires, poco prima che il padre uscisse a comprare le proverbiali sigarette.

“Banfield, un labirintico e sordido suburbio della Gran Buenos Aires. – così Fabio Rodríguez Amaya, riassume per Doppiozero la gioventù dello scrittore – Nel mezzo del caos di un giardino idilliaco così nobile si formò, schivo, scontroso, e solitario. E, per la fortuna di molti, in quella confusione si deformò anche, mentre imparava l’inglese e il sanscrito, tra i compiti di scuola, le prime seghe, i presunti amori dei vent’anni fatti di sesso scadente e atroci dolori hessiani, sommati alle centinaia di letture infinite”. Infinite letture facilitate anche dalla salute cagionevole del piccolo Julio, spesso costretto a letto, che sviluppò così l’amore per i libri, con una predilezione per le opere di Jules Verne, un autore che rimase tra i suoi preferiti anche nel corso della vita adulta.

In Argentina Julio Cortázar studia, diventa insegnante, si iscrive all’Università di Buenos Aires ma non porta a termine gli studi per motivi economici. Per un periodo insegna letteratura francese all’Università di Cuyo, ma si ritrova costretto ad abbandonare la cattedra per le pressioni dei peronisti, trova un lavoro come traduttore. Infine, nel 1951, emigra a Parigi, dove vedranno la luce le sue opere fondamentali: le raccolte di racconti, come il celebre Bestiario (Einaudi, traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini e Vittoria Martinetto), testi come Ultimo Round (Sur, traduzione di Eleonora Mogavero), Gli autonauti della cosmostrada ovvero un viaggio atemporale Parigi-Marsiglia, scritto a quattro mani con la moglie Carol Dunlop (Einaudi, traduzione di Paola Tomasinelli) e Il giro del giorno in ottanta mondi (Sur, traduzione di Eleonora Mogavero); romanzi, come il già citato Rayuela. Il gioco del mondo (Einaudi, traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini).

Bestiario Julio Cortázar libri

Tra le opere più conosciute dello scrittore, Bestiario è l’esempio perfetto della maestria di Cortázar nell’arte del racconto. La raccolta, di otto testi, elegge a suo palcoscenico la quotidianità cittadina della vivace capitale argentina, ed è proprio nei suoi insospettabili quartieri borghesi che il Bestiario di Cortázar ritocca il realismo con il fantastico: il lutto si fa metafisico nella comparsa di un fantasma al ritmo del tango, improbabili coniglietti innescano una curiosa corrispondenza mentre un ponte di Praga assiste a uno scambio di anime; nel caleidoscopio dei racconti il fantastico, l’irrazionale, non sembrano fuori posto nella vita di ogni giorno. Sembra piuttosto che lo scrittore sveli di Buenos Aires per quella che è, dischiudendone al lettore i misteri.

Il giro del giorno in ottanta mondi Julio Cortázar libri

Altrettanto significativo nella produzione dello scrittore, Il giro del giorno in ottanta mondi viene spesso introdotto con le parole che l’autore stesso usa per descrivere l’opera: “Un viaggio intorno al mondo, come quello di Phileas Fogg, ma senza muovermi dalla mia scrivania. Un libro pazzo, da fuori di testa, fatto di ritagli e avanzi, come un grande collage”. Ed è così: tra poesie, racconti, articoli, fotografie e illustrazioni il libro esplora alcune delle più grandi passioni del suo autore, dalla musica jazz alla boxe, passando per la letteratura, sfidando qualsiasi confine di genere e andando a costituirsi quasi come un almanacco, che richiama nel titolo una delle opere preferite del giovane Julio Cortázar, Il giro del mondo in ottanta giorni di Jules Verne.

Ultimo round Julio Cortázar libri

Sulla scia de Il giro del giorno in ottanta mondi si inserisce Ultimo Round, altrettanto vario e miscellaneo nella natura dei suoi contenuti, al punto che sarebbe riduttivo, oltreché un vero peccato, incasellarlo all’interno di un’etichetta di genere; potrebbe essere considerato una raccolta, ma sarebbe comunque arduo definire cosa raccoglie. Si tratta, piuttosto, di un libro-almanacco, al cui interno i racconti fantastici si amalgamano alla materia d’attualità, notizie delle contestazioni studentesche, della rivoluzione cubana, della guerra del Vietnam, il tutto condito da jazz e letteratura. Su Cultweek, Giuseppe Carrara spiega che “l’apparente gratuità delle associazioni e della sovrapposizione dei piani, la caoticità e la frammentarietà del discorso, in realtà, manifestano una paradossale unità di fondo, in cui tutto è connesso (non a caso Cortázar avverte che ‘niente è più rigoroso di un gioco’), secondo un principio jazzistico da jam session”. Ed è proprio per questo che Ultimo Round, nella sua varietà di forme temi e contenuti, offre uno spezzone straordinario della personalità dell’autore.

Rayuela Il gioco del mondo Julio Cortázar libri

Cappella Sistina di Julio Cortázar, Rayuela. Il gioco del mondo è un’opera mondo, l’equivalente moderno di un poema epico, un capolavoro di ingegneria letteraria. Il titolo è tratto dal quel gioco, noto in Italia come il Gioco del mondo o Campana, in cui vengono disegnate delle caselle sul pavimento e ci si muove saltando da una all’altra, talvolta su un piede solo e talvolta posando i due piedi in caselle diverse. La struttura del gioco si riproduce nella struttura dell’opera, pensata perché i suoi capitoli possano essere letti in diversi modi: in ordine progressivo, tradizionalmente, a partire dal primo, oppure seguendo la tavola d’orientamento fornita dall’autore, che riordina diversamente i capitoli, oppure ancora, un suggerimento che rimane implicito, in qualsiasi ordine si voglia leggerli. “Non è un caso – sottolinea Santiago Greco su Il Tascabile – che Julio Cortázar abbia scelto il nome di un gioco infantile per l’opera che in breve tempo la critica avrebbe definito un anti-romanzo, e che lui preferiva definire un ‘contro-romanzo’, perché sovverte il rapporto tra lo scrittore e il lettore”, facendo della lettura stessa un gioco, in cui il lettore non può limitarsi, passivamente, a fruire del testo, ma deve attivamente scegliere come farlo.

Per la sua stessa struttura, per la vastità di temi affrontati, per la complessità della trama, Rayuela è impossibile da riassumere: Parigi, Buenos Aires, un gruppo di artisti, filosofi e intellettuali noti come Serpent Club, un circo e un manicomio; schiere di personaggi straordinari, surreali e realistici al tempo stesso, amore, follia, allucinazioni, elementi fantastici; flussi di coscienza, programmatico sconvolgimento di qualsiasi consequenzialità del racconto, della scrittura e della lettura, del concetto di tempo e di spazio; sono solo alcuni ingredienti, neanche lontanamente tutti, di un libro che, alla sua pubblicazione è stato definito, tra le altre cose, “un appello al disordine necessario”.

Ma, come fa notare sempre Santiago Greco, per quanto sia straordinaria un’opera come Rayuela, “il premio nobel Vargas Llosa disse che per Cortázar scrivere era giocare, divertirsi, organizzare la vita con l’arbitrarietà, la fantasia e l’irresponsabilità con cui lo fanno i ragazzi o i pazzi”: un rapporto con la scrittura libero da qualsiasi regola, motivo per cui “Cortázar – per sua stessa ammissione – si è sempre trovato più a suo agio nell’ambito del racconto che in quello del romanzo: per quanto suoni paradossale, la brevità di un racconto gli permetteva giocare al meglio e di cambiare stile di volta in volta a seconda di ciò che voleva raccontare e comunicare”.

Autonauti della cosmostrada Julio Cortázar libri

Ed è proprio questo rapporto ludico, e perfino complice, con l’atto della scrittura che si volge in atto in Gli autonauti della cosmostrada ovvero un viaggio atemporale Parigi-Marsiglia, un libro che è anche un gioco, a metà strada tra il diario di viaggio e il diario di bordo. Il volume, scritto a quattro mani con la moglie Carol Dunlop, racconta i trentatré giorni di viaggio intrapresi dai due coniugi per recarsi da Parigi a Marsiglia, a bordo di un furgoncino rosso della Volkswagen, di quelli che oggigiorno sembrano aver assunto un fascino mitologico per essere stati simboli di una generazione, e dei suoi sogni. Il viaggio, cominciato il 23 maggio 1982, viene affrontato come un gioco con delle regole precise: i circa ottocento chilometri di distanza vanno percorsi rigorosamente in autostrada, senza mai uscirne, fermandosi per una sosta a ogni stazione di servizio, per un massimo di due soste al giorno, assicurandosi quindi di rendere la traversata più lunga possibile, in contrapposizione con la natura stessa dell’autostrada. Nessuno dei due, in fondo, ha fretta di arrivare a destinazione, o nessun altro tipo di fretta, essendo entrambi malati gravemente, tanto che la Dunlop morirà in quello stesso 1982, e Cortázar due anni dopo.

Molti altri libri dello scrittore meriterebbero spazio: La fine del gioco,Tutti i fuochi il fuoco (Einaudi, traduzione di Ernesto Franco e Flaviarosa Nicoletti Rossini), Ottaedro e Storie di cronopios e di famas (Einaudi, traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini); ogni singolo racconto dovrebbe trovare un suo spazio. Tuttavia, da qualche parte bisogna pur concludere, e la tentazione di citare Pablo Neruda è irresistibile: “Leggi Cortázar e saprai da cosa ti sei salvato, ignoralo e sarai condannato”.

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