Un thriller senza un attimo di sosta, due fratelli – Roy e Carl – che si contendono il trono di Os, un regno di miserabili: l’acclamato scrittore norvegese Jo Nesbø è tornato con “La famiglia”, il secondo capitolo della saga Opgard, travolgente come una valanga
“Sette omicidi.
Avevo sette omicidi sulla coscienza.
Avevo sperato che il conteggio si fermasse lì.”
Bentornati a Os, dove l’oscurità non cala dall’alto ma si alza dalla terra, dove sono seppelliti segreti e cadaveri, dove l’aria è densa del preludio di catastrofe. Jo Nesbø ci riporta a casa Opgard, all’interno dell’alleanza malsana dei fratelli Roy e Carl. Lì la famiglia è sempre stata la loro salvezza, è sempre stata la loro maledizione, il loro punto debole. Roy, il protettore, Carl il seduttore: insieme hanno condiviso silenzi pieni di paura, attimi carichi di adrenalina, qualche affare, e una mezza dozzina di morti.
Da tempo il cuore di Roy si è raffreddato, ha perso l’empatia che lo rendeva una persona benvoluta, nel ruolo di fratello timido e affidabile. Ci sono stati nel frattempo “gli incidenti” alla Curva delle Capre, c’è stata di mezzo una donna, troppo in mezzo, perché la moglie del fratello è una donna intoccabile, e la sua scomparsa ha lasciato in Roy dolore e desiderio di vendetta.
Poi ci sono sempre i soldi, le speculazioni sul territorio, per ampliare quell’albergo tanto voluto da Carl, e poi la stazione di servizio, il progetto di un parco divertimenti, un’idea così assurda e grossolana nel panorama freddo e lugubre di Os. Bastano un paio di ricatti, una relazione geologica manomessa, un prestito estorto con i segreti che fanno la ricchezza di chi è senza scrupolo e vuole arrivare sulla vetta, perché sia possibile dominare lo scenario delle sue proprietà: arrivare a essere il Re di Os, il più potente, all’interno di una comunità di anime miserabili aggrappate a una montagna.
Ma di Re può essercene solo uno.
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“Non si può scendere dalle montagne russe dopo che sono partite”
Seguito de Il fratello, La famiglia di Jo Nesbø (Einaudi, traduzione di Stefania Forlani) ha la progressione potente di una valanga, che quando inizia la sua discesa aumenta sempre di più la sua forza, finendo per travolgere tutto. Ma soprattutto conosce quel senso di minaccia continua che precede il distacco, ed è quella la sensazione opprimente e marcia che Nesbø sa creare sulle sue pagine.
La storia di Roy e Carl è una continua attesa di quel rimbombo, nelle oscurità fredde di un paese isolato che vive di maldicenze e intrighi.
Emarginato dal branco come un lupo affamato, Roy è il vero protagonista di questo secondo capitolo della saga Opgard: un Abele che si ribella, che raccoglie le forze, pianifica, alle spalle del fratello e di Dio, mentre i rottami delle macchine vengono riportati alla luce da un agente rurale desideroso di incastrarlo. In quei rottami sono sepolti tutti i suoi lontani crimini, tutte le sue colpe più vergognose. E per sopravvivere, Roy non può far altro che peggiorare la sua situazione, rotolare giù, aumentando la forza, e il numero dei suoi delitti, fino a travolgere ogni cosa, come una valanga.
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“Alla fine, non si riusciva più ad andare avanti. Ma cosa si poteva fare, oltre a giocare finché non usciva la scritta «game over», la musica si interrompeva e le luci si spegnevano?”
La famiglia è un thriller dalla suspense opprimente, che ruota attorno ai concetti di dignità e di sopravvivenza: perché è la storia di uno contro tutti, un disgraziato, un re della spazzatura, che deve eliminare tutto quello che si trova sulla sua strada, finché non c’è più nessuna umanità, perché ogni passo avanti sposta il confine della morale e delle sue regole.
Sono troppe le questioni irrisolte che giacciono sepolte tra quei rottami e farle riemergere rischia di trascinare con sé tutto, e tutti. Il talento di Roy è sempre stato quello di camuffare, far sparire l’evidenza, spingendo i problemi giù da una scarpata. Ma i legami col passato sono una questione complicata, che non si seppellisce e torna sempre alla luce, con il suo bagaglio di prove, ed è diventato tutto troppo grosso anche per uno abile come lui.
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Non si può mai sapere cosa succede quando si tira in mezzo la famiglia: è una disperazione intrisa di odio, che crea il vuoto attorno. Ecco cosa significa essere un maledetto Opgard: né Roy né Carl hanno scelto quel destino, e la loro infanzia li ha segnati, come sulle montagne russe, quando arriva il momento della prima caduta, ed è quella che resta impressa per sempre.
Sempre sull’orlo del baratro, in un’oscurità vera e insopportabile, Roy si spinge verso l’impossibile, per realizzare un progetto folle e visionario: è un’anima persa, che continua a dannarsi. Ma non è la sola: quella di Os è una comunità in crisi, una manciata di persone che vivono seppellendo le proprie mancanze, guardandosi le spalle, vivendo di pettegolezzi e di inganni. È un regno di miserabili, quello per cui i fratelli Opgard si contendono il trono.
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Jo Nesbø è nel suo habitat naturale, e si sente, a partire dalla colonna sonora rock che imprime il suo ritmo a una vicenda in crescendo continuo, senza un attimo di sosta. Ne La famiglia, Nesbø è perfettamente a suo agio a raccontare legami e passioni: tra delitti, tradimenti e incubi, porta avanti la storia con un livello fortissimo di tensione magistralmente tenuta fino alla fine, sempre sul filo, fino sull’orlo del precipizio. O sul punto più alto delle montagne russe, prima di iniziare a cadere. Prima del vuoto.
“Non è pazzesco? Preoccuparsi per la persona che odi di più al mondo?
– Sì, – dissi. – Ma non è proprio questa la definizione di famiglia?”
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Fotografia header: Jo Nesbø, autore di "La famiglia", nella foto di Jarli & Jordan