“La strada di fango giallo” di Can Xue – che torna a meno di un anno dall’uscita di “Dialoghi in cielo” – è una fiaba orrorifica, dove sogni malati si impadroniscono di una società alienata. Con l’avvento dell’anti-messia Wang Ziguang, gli incubi iniziano a serpeggiare sotto forma di conversazioni cacofoniche e acide visioni collettive. Il mondo creato da Can Xue è dominato dall’inaffidabilità della scienza e dall’ineluttabilità delle leggende: la società è persa e priva di speranze…

“Lasciate ogni speranza o voi che percorrete la strada di fango gialla”.

Una giocosa (semi)citazione dantesca che si può applicare – con alcuni punti di contatto – anche a La strada di fango giallo (Utopia, traduzione di Maria Rita Masci) di Can Xue, romanzo che trascina in un mondo surreale e inquietante, dove la realtà si mescola con sogni, incubi e folklore.

In questo libro la scrittrice cinese – nata a Changsha nel 1953, tra le voci più acclamate della letteratura cinese contemporanea (tanto da essere spesso protagonista delle indiscrezioni legate ai favoriti per il Premio Nobel per la Letteratura) – ritrae proprio una strada di fango giallo, una via ammantata di mistero che sembra esistere solo nella memoria confusa dei suoi improbabili e disparati abitanti.

La fabbrica di macchinari S è l’unica “figlia” di questa strada dove, con l’arrivo del misterioso Wang Ziguang, tutto inizia a cambiare…

La strada di fango giallo di Can Xue, libri da leggere estate 2024

La narrazione architettata da Xue – surreale e d’avanguardia, con un particolare richiamo alle opere di Dante, Kafka e Borges – presenta in effetti un luogo/non-luogo in cui, con il fatidico avvento dell’anti-messia Ziguang, incubi e marcescenza iniziano a serpeggiare. I piccoli, abbaglianti fiori azzurri di veronica, che un tempo crescevano ai margini della strada, ora sono sommersi da polvere ed escrementi. Il clima si fa presto asfissiante, pruriginoso, escoriante e una fitta pioggia nera-inchiostro inizia a inondare il villaggio.

“Al tempo non avevamo dubbi, ma adesso non siamo neppure certi che fosse una persona reale” si ripetono ossessivamente gli abitanti, ricostruendo brandelli di conversazioni sconnesse e allucinate, incapaci di rintracciare l’inizio di quell’incubo ad occhi aperti. Inutile – e quantomeno utopico – ricercarne una fine. I sogni finiscono per impadronirsi di una società alienata, indistinguibile dal caos mediatico e informativo che frequentemente abita gli odierni scambi online.

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Il mondo creato da Can Xue è infatti dominato, nella più post-veritiera delle accezioni, dall’inaffidabilità della scienza e dall’ineluttabilità delle leggende: la società è persa e priva di speranze. Una metamorfosi di kafkiana memoria, in cui l’autrice accentua il senso di assurdità e disperazione con un atto creativo slegato dal contesto di appartenenza: “Le mie opere non sono come quelle occidentali o cinesi, ma piuttosto una mia creazione” racconta infatti al China Internet Information Centre, in un articolo ripreso dalla BBC.

“La strada di fango giallo non riusciva a liberarsi dai sogni. Sognavano ragni, mosche, erba sui muri, coleotteri dalle lunghe corna e i dorsi a pois, piccoli fiori viola, tutto quello che c’era d’estate. Pipistrelli e vespe gli volavano sulle teste. Il loro russare risuonava nelle piccole case scuotendo lo sporco accumulato sulle finestre e facendole cigolare”. L’alienazione più totale regna sovrana e indisturbata, la disarmonia pervade conversazioni cacofoniche e acide visioni collettive.

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Un contesto sognante in cui le istituzioni, inefficaci e talvolta ridicole, circumnavigano problemi che furono, sono e rimarranno irrisolti. Un’indagine si estende su quasi tutti gli abitanti della strada, che a un certo punto della narrazione si fanno tutti “Wang Sima“, elementi estranei e corrosivi.

Tutti mefitici, sozzi, indecenti, ripugnanti e indelebilmente macchiati. A riprova che, nonostante messia improvvisati e fabbriche fatiscenti (o, forse, proprio a causa di quest’ultimi), un concetto rimane fermo nella mente e negli occhi degli abitanti impauriti: “la strada non ha speranza“.

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