Torna su ilLibraio.it la rubrica #LettureIndimenticabili: Matteo Righetto, in libreria con “Dove porta la neve”, racconta come leggere da ragazzino “Le avventure di Huckleberry Finn” di Mark Twain abbia dato una svolta al suo percorso di lettore: “Leggendo quel libro, riga dopo riga, pagina dopo pagina, scoprii per la prima volta che esisteva una letteratura altra, un modo altro di raccontare storie, di scrivere romanzi, di vedere e far vedere il mondo”

Avevo dodici anni quando mi imbattei nel libro che mi cambiò la vita. Era l’estate di passaggio tra le scuole medie e il liceo, più precisamente i giorni immediatamente successivi a Live Aid, il mega concerto di beneficenza organizzato da Bob Geldof.

Leggere mi era sempre piaciuto molto, fin da bambino, quando nei primi anni delle elementari avevo imparato a scoprire la magia della narrativa grazie alle fiabe di Tolstoj. Fino agli undici anni andò tutto bene, ma all’inizio della seconda media mi capitò di avere una nuova supplente di lettere che mi portò fino all’esame di terza obbligandomi a leggere cose che proprio non mi piacevano e delle quali non capivo assolutamente nulla (tra queste il romanzo 1934 di Moravia, che avrei dovuto leggere proprio durante quelle vacanze estive). Così a causa dei consigli sbagliati da parte un’insegnante improbabile, smisi di appassionarmi ai libri per un po’. Eppure sentivo che essi mi mancavano, sentivo di averne bisogno.


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Ricordo il pomeriggio di quel 1985 in cui, estenuato, mi decisi a mollare per sempre 1934 di Moravia e andai in bicicletta fino alla biblioteca del mio paese di provincia, per cercare dell’altro. La bibliotecaria, una signorina molto carina e piena di premure, mi chiese che romanzi avessi letto negli ultimi tempi e poi mi fece qualche domanda sui miei gusti personali. Poi si diresse verso lo scaffale dedicato alla letteratura americana e tornò da me tutta sorridente porgendomi un libro: Le avventure di Huckleberry Finn. Presi il romanzo, rimontai in sella alla mia bici e tornai a casa curioso di leggerne l’incipit prima di aiutare mio padre a sfalciare il prato. Beh, andò a finire che quel pomeriggio non sfalciai nemmeno un filo d’erba. Quella sera non cenai e quella notte non chiusi occhio, poiché l’unica cosa che feci fu leggere Mark Twain! Fui letteralmente rapito dalla sua scrittura e dalla sua straordinaria capacità di catturare la mia attenzione e le mie emozioni, ipnotizzandomi e catapultandomi dall’altra parte del mondo, sopra una zattera in fuga lungo il Mississippi insieme a Hucke Jim.

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Leggendo quel libro, riga dopo riga, pagina dopo pagina, scoprii per la prima volta che esisteva una letteratura altra, un modo altro di raccontare storie, di scrivere romanzi, di vedere e far vedere il mondo. Ne rimasi letteralmente folgorato e dopo la lettura di quel romanzo, io non fui più la stessa persona.  Le avventure di Huck, infatti, narrato con quella lingua fresca, dinamica e vitalissima, mi emozionò a tal punto che mi identificai con il protagonista e la sua adolescenza ribelle e refrattaria a ogni forma di autorità e imposizione. E poi quel fiume! Quel grande, meraviglioso Mississippi che è uno dei protagonisti principali del libro (e una metafora) e che percepivo moltissimo essendo io nato e cresciuto a poche decine di metri dal corso di un grande fiume veneto , il Brenta , sulle cui rive boscose da ragazzino andavo ad avventurarmi o a nascondermi dopo aver combinato qualche marachella con gli amici (una volta riuscimmo perfino a costruire un rudimentale capanno di legno su una grande robinia, facendolo diventare il quartier generale delle nostre scorribande).

Dopo la lettura di quel romanzo ricominciai a leggere come un matto, scoprendo che dall’altra parte dell’oceano e del mondo vi erano scrittori straordinari e un sacco di romanzi pazzeschi. Narratori puri e libri incantevoli, capaci di farmi sognare e contemporaneamente farmi sentire più vivo che mai. Ma tutto cominciò e ricominciò quell’estate, quel giorno, ed esattamente con quel libro strepitoso. Le avventure di Huckleberry Finn.

LA RUBRICA – Letture impossibili da dimenticare, rivelatrici, appassionanti.Libri che giocano un ruolo importante nelle nostre vite, letti durante l’adolescenza, o da adulti. Romanzi, saggi, raccolte di poesie, classici, anche testi poco conosciuti, in cui ci si è imbattuti a un certo punto dell’esistenza, magari per caso. Letture che, perché no, ci hanno fatto scoprire un’autrice o un autore, di ieri o di oggi.
Ispirandoci a una rubrica estiva del Guardian, A book that changed me, rifacendosi anche al volume curato da Romano Montroni per Longanesi, I libri ti cambiano la vita. Cento scrittori raccontano cento capolavori, abbiamo pensato di proporre a scrittori, saggisti, editori, editor, traduttori, librai, bibliotecari, critici letterari, ma anche a personaggi della cultura, della scienza, dello spettacolo, dell’arte, dell’economia, della scuola, di raccontare un libro a cui sono particolarmente legati. Un’occasione per condividere con altri lettori un momento speciale.

L’AUTORE – Matteo Righetto, classe 1972, è un docente di lettere e scrittore padovano. Oltre a La pelle dell’orso, dal quale è stato tratto del 2016 l’omonimo film con Marco Paolini, Righetto ha pubblicato Savana Padana (Tea, 2012) e Apri gli occhi (Tea, 2016), romanzo che nel medesimo anno ha vinto il Premio della Montagna Cortina d’Ampezzo e ha ricevuto una menzione speciale al Premio Mario Rigoni Stern. I suoi libri sono tradotti in inglese e francese. Oggi Righetto è in libreria con Dove porta la neve (Tea).

Dove porta la neve è la storia tenera e drammatica di Carlo e Nicola, due “invisibili” con alle spalle storie tanto diverse quanto difficili, che durante la notte di Natale, a Padova, si ritrovano ad affrontare una bufera per poter realizzare il loro sogno. Carlo è un 48 enne down pieno di energia, che ama gli abbracci e vive solo, riuscendo a ritagliarsi una propria autonomia fatta di giornate tutte uguali, scandite da ritmi ripetitivi e rassicuranti; Nicola invece è un anziano afflitto dalla propria solitudine. Due esistenze ai margini, quelle dei protagonisti, che però incontrandosi daranno una svolta alla propria vita e vivranno un’avventura tanto sconclusionata quando dotata, grazie a loro, di una grande profondità umana.

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