Trentacinquesimo romanzo di Michael Connelly e sesto con protagonista l’avvocato Michael Haller, “La legge dell’innocenza” è un legal thriller che conferma il talento dell’autore americano. L’impressione è di assistere a un film. Un film di carta, si dice in casi simili, ed è un complimento…

“Il mondo sembrava sull’orlo del caos. Si erano registrati più di mille decessi in Cina a causa di un virus misterioso. Quasi un miliardo di persone erano in lockdown. Secondo il presidente la crisi sarebbe passata presto, e allo stesso tempo il suo esperto in virologia diceva che bisognava prepararsi per una pandemia. A Los Angeles eravamo al secondo giorno di selezione dei giurati per il processo più importante della mia vita”.

California, fine 2019. Mickey Haller, fratellastro del famoso detective Harry Bosch, è un affermato avvocato di difesa, pronto a sobbarcarsi anche i casi disperati purché gli portino soldi e riflettori. Abituato ad attraversare Los Angeles senza sosta sul sedile posteriore di una Lincoln che ha eletto a ufficio mobile, preferisce difendere i colpevoli – nessun rimorso in caso di sconfitta – e vive secondo il motto appreso dal suo maestro Legal Siegel: “Se hai l’aspetto di un vincitore, sarai un vincitore“.

Questa volta, però, tutti gli schemi sono saltati e non c’è motto che tenga, perché il caso è più che disperato, e riguarda lui stesso: qualcuno gli ha infilato un cadavere nel bagagliaio della Lincoln, e tutti gli indizi puntano sulla sua colpevolezza. Riuscirà il celebre avvocato a imbastire un caso vincente dalla cella di isolamento in cui è confinato?

Trentacinquesimo romanzo di Michael Connelly e sesto con protagonista l’avvocato Michael Haller, La legge dell’innocenza (Piemme) è un legal thriller narrato in prima persona che inizia con un prologo a effetto (“Un caso di omicidio è come un albero. […] Il mio lavoro è abbattere l’albero e bruciarlo, riducendolo in cenere”) e procede a ritmo battente attraverso l’intricato sistema legale americano, tra svolte inaspettate e colpi bassi di ogni genere, soprattutto nelle scene dal carcere in cui Haller è rinchiuso con lo statuto speciale di sospettato e difensore.

La mano di Connelly, sempre più sicura, sempre più autorevole, si avverte nella scioltezza con cui è raccontata la procedura, che sia giudiziaria, poliziesca (con un cameo incisivo di Bosch) o giornalistica: lo spessore della ricerca affrontata si avverte in ogni momento ma non pesa mai né sul ritmo né sullo stile, che rimane leggero e scorrevole capitolo dopo capitolo. Si ha l’impressione, per usare una metafora, di trovarsi seduti su una poltrona dal design perfetto: solida e comoda al punto da dimenticarsi della sua esistenza.

Non è facile, scrivere un libro del genere. Non è facile descrivere un sistema complesso (e per noi alieno) come quello statunitense, né immaginare e poi raccontare una vicenda così singolare senza mai appoggiarsi sul lettore, sulle sue competenze, sulla sua pazienza. La legge dell’innocenza scorre via talmente liscio da annullare la famosa distinzione tra cinema e letteratura, dove si è soliti dire che il primo è un’esperienza passiva, non impegnativa, mentre la seconda un’impresa attiva, quindi più faticosa. Con Connelly (in generale, non solo in questo thriller riuscitissimo) l’impressione è di assistere a un film – compagno perfetto anche nelle tarde serate, le pagine che si voltano da sole davanti agli occhi appesantiti –, ma senza rinunciare alla complessità di un buon romanzo, capace di andare oltre la superficie illuminando psicologie esotiche come quella di un cinico difensore californiano. Un film di carta, si dice in casi simili, ed è un complimento.

Poi è impagabile leggere se stessi e questi tempi folli tra le righe di un bel thriller. Senza anticipare niente e nessuno (giacché viviamo nell’Era dello Spoiler, con buona pace di Terenzio), c’è un momento al supermercato che sfonda in modo sublime la quarta parete tra il mondo di Haller e quello in cui viviamo noi lettori. E lo so che arriveranno mille libri sul Covid, lo so che stanno già arrivando, ma nessuno, ne sono certo, supererà La legge dell’innocenza quanto a delicatezza e ironia, perché ci vuole un narratore di cose come Michael Connelly – un narratore onesto ed elegante – per maneggiare bene certi temi. Massimo dei voti, e come sempre aspettiamo il prossimo.

La legge dell'innocenza di Michael Connelly

L’AUTORE – Fabiano Massimi è nato a Modena nel 1977. Laureato in Filosofia tra Bologna e Manchester, bibliotecario alla Biblioteca Delfini di Modena, da anni lavora come consulente per alcune tra le maggiori case editrici italiane.

L’angelo di Monaco, è stato l’esordio italiano più venduto alla Fiera di Londra 2019: un thriller in equilibrio tra realtà storica e avvincente finzione, un viaggio all’inseguimento di uno scampolo di verità in grado, forse, di restituire dignità alla prima, vera vittima della propaganda nazista: la giovane e innocente Geli Raubal.

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Il suo ultimo libro è Il Club Montecristo (Mondadori. 2021), giallo umoristico su carcere e relazioni.

Qui i suoi articoli scritti per ilLibraio.it.

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