Sono tutti arrabbiati, e sono tutti invidiosi. Se c’è tutta questa paranoia sociale, quest’invidia rancorosa che avvelena il dibattito, è perché nessuno si fida più di nessuno e tutti si dicono esperti di tutto… In vista del Natale, un’ironica lettera a rivolta a Gesù bambino, con un appello finale: “Salvaci dalla post-verità, tu che sei la verità”

Caro Gesù Bambino,

torno a importunarti anche quest’anno perché qui si sta allegramente naufragando. Niente di drammatico, per carità.

Flaiano direbbe che la situazione è grave ma non seria. No, Trump non c’entra nulla. E neppure il referendum. Si sa come vanno queste cose, in Italia poi: sembra che cambi tutto e poi alla fine non cambia nulla. Anche se allo Cnel, in effetti, qualcosina è cambiato: sono passati dagli scatoloni allo champagne nel giro di una settimana. E pure al Senato si respira un’aria frizzantina, da resuscitati. C’è che qui, ormai, abbiamo tutti i crampi complottisti e su Facebook (ah, Facebook) è tutto un fiorire di sputasentenze che pensano di saperla molto lunga. Più lunga anche di un premio Nobel o di un Accademico dei Lincei.

Non voglio tediarti, giuro, tra poco arriva il panettone, ci mettiamo tutti a tavola e poi a cantare Tu scendi dalle stelle che avrà pure i suoi anni ma è un canto che a me commuove sempre, specie davanti al Presepe.

E pazienza se anche quest’anno dobbiamo sorbirci tutti quelli che si selfano col berretto rosso e poi intasano le bacheche di Facebook (ah, Facebook) affondando così in un mare di ridicolo questa grande solennità. Meglio loro degli sputasentenze complottardi, mi verrebbe da dire. Il problema – temo – è che sono gli stessi. Blaterano indifferentemente di scie chimiche, geopolitica planetaria, Bilderberg, Vaticano, olio di palma, effetti collaterali dei vaccini, terrorismo, Darwin e un secondo dopo eccoli, nel bagno di casa, a farsi un selfie da esibire all’umanità neanche fosse la Cleopatra morente del Guercino.

Ah, i vecchi cari salotti di un tempo. Che nostalgia! Si dibatteva dell’ermeneutica di Platone in Gadamer, dell’ultimo manuale di bon ton di Lina Sotis o delle conquiste di Gigi Rizzi a St. Tropez ma sempre con un minimo di cognizione di causa. E, soprattutto, c’era il sacro terrore di non incappare in imbarazzanti strafalcioni (che in società, come nella vita, non fa mai chic) seguendo la regola aurea già mirabilmente tratteggiata da Wittgenstein: “Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere”.

Ma li vedi adesso i “neo salotti” di Facebook e Twitter? E i siti dei giornali, che tutti assaltano per postare commenti? A leggerli il bar sport, al confronto, sembra la Sorbona.

Io, per fortuna, di salotto frequento solo quello della mia amica Camilla, coltissima e bellissima e che, guarda caso, non è né su Facebook né su Twitter. Dice che si occupa di cultura perché la natura l’atterrisce. Deve essere per questo che si tiene debitamente alla larga dai social.

E poi nel salotto di Camilla giochiamo a Trivial letterario, si discute delle pièces di Pinter, e complottisti e livorosi, quando capitano, li affoghiamo, al massimo, nel vino.

Nel salotto globale creato dal signor Zuckerberg, invece, non vale la regola di Wittgenstein e neppure, temo, quella dell’abate Dinouart: “Il primo grado della saggezza è sapere tacere; il secondo è saper parlare poco e moderarsi nel discorso”. No, qui è un profluvio agghiacciante di opinioni su tutto lo scibile dell’orbe terracqueo con puntatine pure sulla Luna. L’Isis? “Una creazione dei potentati economici per tenere alta la tensione in Medio Oriente”. Il mondo va a rotoli? “È tutta colpa del Bilderberg”. Seguono varianti assortite: la Trilaterale, il Meccanismo Europeo di Stabilità, il Nuovo Ordine Mondiale, i Poteri Forti. Se non s’infilano tutte nello stesso post fa più chic. I vaccini? “Lo sanno tutti che dai vaccini, prodotti cinicamente dalle multinazionali farmaceutiche che vogliono guadagnare di più, derivano patologie ancora peggiori di quelle che dovrebbero evitare”. E Paul Mc Cartney? “Lo sanno tutti che è morto nel 1966 mentre Elvis è ancora vivo”.

Quando proprio si è alle strette e si vuole sostenere una teoria un po’ azzardata non esitare a sfoderare i Protocolli dei Savi di Sion. Sperando, va da sé, che qualcuno in un altro post chieda cosa siano per esibire un vasto background culturale e raccogliere più like del solito. Très chic.

E per finire, la frase passepartout che sta bene con tutto, un po’ come il nero: “Tanto, ci fanno sapere solo quello che vogliono loro”. Senza mai specificare, diamine, chi siano questi famigerati loro.


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A fine ottobre, mentre la splendida Basilica di San Benedetto a Norcia crollava inesorabilmente, una grillina che siede al Senato diceva che il Tg1 aveva volontariamente, diabolicamente ridotto l’intensità del terremoto per far sì che il governo pagasse meno rimborsi ai terremotati.

E Piero Pelù? Il suo post su Facebook sulle presunte matite cancellabili del referendum ha avuto oltre 62 mila like, 10 mila commenti, più di 100 mila condivisioni, con drappelli di infuriati arrivati ai seggi armati di gomma e foglietto bianco per verificare che anche il loro voto non fosse falsificabile dalla planetaria associazione a delinquere che trama nell’ombra per cancellare la volontà dei popoli sovrani.

Non so più a chi rivolgermi, Gesù Bambino. Umberto Eco è morto e non è elegante scrivere a un defunto perché non può fare nulla anche se ha pronunciato verità solennemente inconfutabili tipo questa: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel”. E anche questa: “La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”. Potrei provare a scrivere a Enrico Mentana che, da buon giornalista, ha sfornato una sintesi sfolgorante: “webeti” Ma è sempre impegnato con le maratone televisive, mi sa.

Dici di provare direttamente con il signor Zuckerberg? Adesso, per correre ai ripari, si è inventato il pulsante anti bufale per segnalare le notizia-fuffa che i “webeti” potranno continuare tranquillamente a condividere. Temo non basti, sai. Come può un pulsante arginare quella che Carlo Maria Cipolla ha mirabilmente definito “una delle più potenti e oscure forze che impediscono la crescita del benessere e della felicità umana”, ossia la stupidità?

Solo tu puoi fare qualcosa. Tu che una volta dicesti “Se avrete fede pari a un granellino di senapa, potreste dire a questo monte: “spostati da qui a là”, ed esso vi obbedirebbe, e niente vi sarà impossibile” (Matteo 17,20). E poi tu hai un’arma invincibile: lo Spirito. Puoi farlo volteggiare sopra le amabili testoline di complottisti, arrabbiati e livorosi instillandone qualche goccia di sapienza. O di intelletto, o di scienza, o di pietà, o di fortezza. Insomma, ci siamo capiti. Non hai che l’imbarazzo della scelta.

Che c’entra la fede? Non voglio farla lunga, lo so che adesso siamo tutti indaffarati con il cenone e la tombola. Però se c’è tutta questa paranoia sociale, quest’invidia rancorosa che avvelena il dibattito e fa regredire la convivenza civile alla giungla, è perché nessuno si fida più di nessuno e tutti sono esperti di tutto.

La fiducia è la sola cura che io conosca per combattere la paura ed evitare di finire a brandelli. Ogni giorno per andare al lavoro, per mangiare, per muoverci, per vivere, compiamo una serie infinita di atti di fiducia. Ci affidiamo agli altri, al medico che ci cura, al muratore che ha costruito la nostra casa, al cuoco che ci fa mangiare, al pilota che ci deve portare lontano. D’accordo, forse diamo fiducia non perché lo vogliamo, perché davvero ci fidiamo, ma perché non possiamo farne a meno. Ma se non facessimo così che cosa accadrebbe?

E non è vero, come dicono i soloni di Facebook, che la fiducia si dà solo alle cose serie, la fiducia si dà a molti, se non a tutti, per obbligo anche, perché la fiducia ci fa vivere. E morire, talvolta.

Nessuno salirebbe sull’autobus temendo che l’autista sia ubriaco, nessuno andrebbe a cena se pensassimo che il pizzaiolo volesse avvelenarci. Vivremmo paralizzati, non ci alzeremmo dal letto.

“La fine del mondo è quando si cessa di aver fiducia”, non so chi l’ha detto, credo una scrittrice canadese, ma non avrebbe potuto dirlo meglio. E poi non fidarsi di nessuno è altrettanto stupido che fidarsi di tutti.

Ci sono regioni costrette a vietare per legge l’accesso al nido ai bambini che non hanno fatto tutte le vaccinazioni obbligatorie. Ci sono bimbi finiti in ospedale a causa delle fisse vegane dei genitori e giudici costretti a togliere la patria potestà ai suddetti genitori. Ogni giorno c’è un complotto da cui difendersi, un potentato oscuro che non ce la racconta giusta, un fronte di liberazione a cui aderire, dalle mamme unite contro i pidocchi ai fruttariani coalizzati contro gli Ogm. Ogni giorno sbuca un sedicente esperto che schiantandosi sul congiuntivo scrive in stampatello maiuscolo: “SVEGLIAAAAAA!!!!!! NESSUNO TE LO DICE!!! PRESTO PRIMA CHE CENSURANO IL VIDEO”. E se gli fai notare che bisogna scrivere “censurino” e non “censurano” squittisce indignato: “Zitto tu, servo dei poteri forti e della Cia”.

Non se ne può più delle scorribande di questa gente che intima “Tu questo me lo devi dimostrare” anche se questo è il tuo mestiere, quello che hai studiato per una vita intera e magari hai vinto pure il Nobel.

Sono tutti arrabbiati, tutti invidiosi del maglione di Agnese Renzi perché costa troppo, dell’eredità lasciata da Caprotti alla segretaria e persino del buon Gianni Morandi che va a fare la spesa la domenica.

Ti prego, Gesù Bambino, salvaci dall’Italia dei livori, dagli avvelenatori seriali di pozzi, dalle legioni di diffidenti rancorosi, dagli invidiosi. Aiutaci ad essere almeno un po’ come Peter Pan: “Tutto il mondo è fatto di fede e di fiducia, e polvere fatata”.

E, soprattutto, salvaci dalla post-verità, tu che sei la verità.

Buon Natale!

Antonio


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